mercoledì 19 ottobre 2011

PEDRETTI E’ DI MONTEVARCHI

mercoledì 19 ottobre 2011 2

Sono le 20,40. Ho appena parcheggiato la macchina vicino al circolo, e mentre chiudo la portiera mi dico “massì, prendiamolo anche stasera”. Riapro e prendo il taccuino degli appunti. Probabilmente sarà inutile come le altre volte, ma, ehi, a girl can dream.

Vabbè.

Dicevo. Il taccuino me lo porto dietro da un mesetto perché il circolo dove vado a vedere le partite dell’Inter è affollato da eminenti pensatori, delle quali elucubrazioni credo sia opportuno informare il mondo. Il suddetto taccuino, però, alle 20,40 di ieri sera era ancora vuoto, in quanto, durante queste prime infauste partite della stagione, il circolo ha dovuto registrare una pesantissima assenza. Si tratta dell’elemento simbolo: una figura imprescindibile, come lo sono quei giocatori che, per il solo fatto di scendere in campo, infondono alla squadra fiducia e consapevolezza dei propri mezzi. Un po’ quello che rappresenta Totti per la Roma, o Giggs per il Manchester United, o Alvarez per le squadre avversarie.

Ecco, in questo mese e mezzo è mancato Briatore.

Briatore è di gran lunga il personaggio principe dell’intero circolo. I suoi modi garbati, la sua camminata elegante, quella vocina delicata (un misto fra un tabagista terminale, Sandro Ciotti e Pingu) mi hanno conquistato sin dal primo momento in cui l’ho visto, ormai quasi sette anni fa. Pochi mesi or sono, dopo intere stagioni passate ad ammirare le sue mirabili gesta, sono finalmente venuto a conoscenza della sua storia: rampollo di nobile famiglia, in giovane età - essendo l’unico erede - ha potuto mettere le mani su un enorme patrimonio. Successivamente, in circa venti anni ha dilapidato ogni singolo centesimo vivendo una vita da George Best del Chianti. Si narra che partisse per Montecarlo per poi fare ritorno solo dopo alcuni mesi, e che conoscesse l’intero giro di puttane di Montecatini. Tutte le - pur sporadiche - attività imprenditoriali che ha intrapreso sono, stranamente, fallite in modo roboante.
Ora gira per le vie del centro, vestito di completi che 50 anni fa dovevano essere eleganti, a bordo di una bicicletta tenuta insieme da svariati chili di scotch sulla quale è caricata una cassa di frutta. Pare che dorma alla Misericordia. Tra i vecchi della città è una celebrità (è stato il nonno di un mio amico a cantare ed a rivelarci i trascorsi di Briatore).
Per attribuire ulteriore fascino al figuro, da segnalare anche una notevole somiglianza con Bukowski: capelli bianchi tirati all’indietro, faccia ruvida e gonfia, occhi piccoli ed infossati, labbra enormi e lo sguardo di chi ha visto qualsiasi cosa.

Ok, terminata l’introduzione, torniamo a ieri sera. Scendo le scale, entro nell’amena e buia stanza dove vengono proiettate le partite, mi siedo e..
e c’è qualcosa di strano nell’aria. I vecchi sono ringarzulliti. Qualcuno già insulta la squadra. Bestemmie e scatarramenti come se piovesse. Addirittura Lehalo abbandona le ultime file e si siede tra noi.
Mi guardo in giro, più che speranzoso, certo di quel che vedrò. So già che troverò la sua faccia. So già che questa atmosfera può significare una cosa sola.

E’ tornato Briatore. E’ lì, seduto accanto ad un compare imprecisato. Io e gli altri rari individui ancora muniti di prostata ci freghiamo le mani. Lo show può cominciare.

Dopo un minuto e venti secondi, Briatore sfoggia subito la sua classe urlando “Andate incontro, pezzi di merda” ai nostri centrocampisti.
E’ subito bagarre. Gli altri arcieri del circolo si galvanizzano: stasera, fuochi d’artificio.

Poco dopo, Maicon tenta un difficile cross dalla trequarti, che finisce tra le mani del portiere. Ecco allora che Maiho (soprannome dovuto al modo in cui quest’uomo pronuncia il nome del nostro terzino) irrompe nella serata, sbraitando “Maiho accidenta a te e a tutt’iBBrasile”.
Anche per questo personaggio è necessaria un’introduzione. Maiho, un tizio sulla sessantina con le vaghe sembianze di un avvoltoio, è un frequentatore abituale del circolo. Il suo tratto distintivo è uno solo: uno sconfinato, immotivato ed inconcepibile odio verso Maicon, che lui definisce “il giocatore più ciuho della serie A”.
Il peggiore della serie A.
Maicon.
L’odio si protrae fin dalla prima stagione del brasiliano nell’Inter, ed è sopravvissuto a quintali di sgroppate e di assist, ai gol alla Juventus ed al Barça ed ai titoli unanimemente riconosciuti di miglior terzino del mondo e di leggenda del ruolo e dell’Inter.
Mentre Maiho ci intrattiene col suo delirio, Briatore aggiunge delicatezza al momento dicendo “Gnamo Bongo!” (trad.: “Andiamo, Bongo!”), rivolgendosi al portiere del Lille che si attardava a rilanciare.

Ormai l’intero pubblico è entrato in partita. Dopo uno stop sbagliato, l’Imbecille (famoso per aver ripetutamente asserito, durante i primi 78 minuti di Chelsea-Inter, che “no, basta, Eto’o non è da Inter, c’è poco da fare ragazzi”) dichiara “Pazzini non è più quello di due anni fa”. Briatore cerca, senza successo, di sistemarsi un ciuffo in evidente fuorigioco, poi prende una sedia che userà esclusivamente per appoggiarci un gomito.
Intanto l’Inter, seppur orfana dei due più luminosi gioielli della campagna acquisti – l’incontenibile Ricky “Mailapilla” Alvarez ed il guizzante Jonathan Piedi di Forbice - sembra aver iniziato la partita con una certa sicurezza. Pensando a questa squadra con un Poli in più, si fatica a trattenere l’entusiasmo.

Briatore è scatenato. Dopo aver dato manforte a Maiho affermando che “Maicon c’ha i piedi a papero” ed aver ripetuto diverse volte “Bada Bongo” a causa della massiccia presenza di africani in campo, si lancia in un incomprensibile “O chi gl’è, Eschibarria?”, rivolto probabilmente a Joe Cole.
In tutto questo, sono passati solo quindici minuti.

E’ proprio quando scocca il quindicesimo che arriva uno dei momenti clou della serata. Tra il pubblico inizia a palesarsi una certa insofferenza verso Zarate. Dopo un certo numero di proteste, si capisce che è finalmente giunto il momento di Lehalo. Pochi secondi dopo, infatti, un urlo squarcia la notte:

“Lehaloooooooooooooooo!!”

Lehalo è un misterioso soggetto, di solito sempre seduto nelle retrovie, che ha il compito di raccogliere i malumori del pubblico e di convogliarli nel suo urlo caratteristico, idealmente rivolto all’allenatore dell’Inter, al quale viene richiesto di sostituire il giocatore nel mirino della critica. Il primo Lehalo suona come una sentenza, ed è un momento chiave della gara: spesso, infatti, il bersaglio delle lamentele si rivelerà poi l’uomo partita.
Come effetto immediato dell’urlo, Zarate inizia a macinare calcio, mettendo in apprensione la difesa del Lille.

Al 20’, un episodio sconvolge i presenti: una porta si apre e, nello sconcerto generale, entrano nella stanza due donne (la zona-sky del circolo è comunicante con una pista da ballo dove si tengono corsi). Il pubblico è in subbuglio: si solleva un curioso brusio, si scambiano sguardi maliziosi. “Delle donne!” “ Questa poi! Allora esistono davvero!”, sembrano pensare gli obsoleti avventori.
In quest’atmosfera di fervore ormonale, arriva il gol dell’Inter. Lehalo urla “rientra Nagatomooooo!!”, anche se Nagatomo è perfettamente piazzato ed infatti intercetta il lancio di un avversario. Il pallone arriva a Sneijder che inventa un corridoio per Zarate che, ormai scatenato, mette in mezzo. Pazzini al volo spara un siluro e ci porta in vantaggio mostrando la V, mentre il circolo urla di gioia. Briatore non esulta e rimane immobile, alla Zeman, salvo poi dare di gomito al suo compare sussurrandogli un ironico “Hai visto Bongo?”, a mò di scherno per il portiere avversario che non è riuscito a parare il tiro di Pazzini.

I minuti successivi scivolano via veloci, col Lille che tenta di reagire e Briatore che ripete continuamente “sotto a Bongo!” (trad.: “dagli addosso a Bongo!”), chiunque sia ad avere il pallone. Il pubblico pare apprezzare la prestazione dell’Inter, e si levano addirittura i primi applausi per Zarate, pronto per essere eletto a idolo. Ogni tanto si sente un “teshtone! caprone!” o uno “stronzo!”, quando Maicon tocca palla.

Il resto del primo tempo scivola via senza che nessuno sciorini particolari perle, tranne il solito incontenibile Briatore: i telecronisti elogiano la buona prova di Chedjou, lui in tutta risposta biascica “Ghignu?” infilandosi un dito nel naso ed uno in bocca.

Nell’intervallo mi riposo un attimo: la scrittura è stata incessante. Io e gli altri ci mettiamo a leggere gli appunti e capisco che ne verrà fuori un post infinito, ma anche che ne varrà la pena. Un rapido sguardo ai risultati, il tempo per rammaricarsi del fatto che Mazzarri non stia perdendo, e già si spengono le luci: sta per iniziare il secondo tempo.

Un tizio si avvicina a Briatore, gli mette una mano sulla spalla e gli dice, in tono scherzoso, “se un si vince…” (come a dire, se la prima volta che vieni perdiamo..). Briatore si infervora e lo spintona via con violenza, gli punta il dito contro e gli dice “Te non mi devi venire a stuzzicare”, poi si ricompone e cerca per l’ennesima volta di sistemarsi il ciuffo.

Inizia il secondo tempo. Il Lille si riversa fin da subito in attacco, noi difendiamo gagliardi con Lucio e Chivu che non concedono spazi e Nagatomo che salta come un leprotto, mentre il pubblico segue gli eventi senza commentare. Un personaggio imprecisato rompe il silenzio informandoci che Pedretti è di Montevarchi.
Per rinvigorire i soggettoni, però, questo non basta: serve di più, serve una sgroppata di Maicon.
Sgroppata che si fa attendere qualche minuto, ma che poi arriva: mentre Briatore urla “Vai cotenna!!”, Maiho afferma ironicamente “ecco i’ meglio dìmmondo!”. A fine azione, Lehalo torna a berciare “rientra Nagatomooo”, quando il giapponese è fuori dallo schermo: nell’inquadratura successiva, si scopre che Nagatomo era il nostro ultimo uomo in difesa.
Qualche minuto dopo, un incauto avventore tenta di accomodarsi sulla sedia occupata dal gomito di Briatore, provocando il risentimento del nostro eroe che abbaia “con tutti i posti che c’è, proprio qui devi venire?”. L’usurpatore prova timidamente a rispondere “perché devo sedermi dove vuoi te?”, ma un angolo calciato male da Maicon interrompe la diatriba.

“Se morisse secco! Se morisse a gamball’aria!”,
afferma Maiho, raccogliendo consensi.

Ranieri corre ai ripari e toglie Sneijder e Zarate schierando un ambizioso 9-1 e rinunciando completamente a ripartire. La sofferenza, anche se il Lille non si rende mai realmente pericoloso, aumenta di minuto in minuto, e quando Nagatomo prova a rompere l’assedio scattando in contropiede Briatore lo accompagna con un incoraggiante “Vaii! Corri demente!!!, per poi prendersi un paio di minuti per cercare pronunciare il nome dell’avversario che lo ha fermato (Mavuba).
Si soffre quasi più per paura che tutto debba andare storto che per meriti dell’avversario, si teme che la catastrofe sia dietro l’angolo. Garcia le prova tutte e manda dentro Payet, trequartista glitterato, e Obreniak, che chiaramente mostrano numeri da campioni, numeri alla Almiron. Julio Cesar però tiene la saracinesca abbassata, ed i minuti continuano a passare. Il circolo è in apnea: solo Lehalo, dopo un duello in velocità perso da Zanetti contro Hazard, riesce a dire “Ha quarant’anni, ma un la tromba la moglie?”.

All’ultimo secondo, il terzino francese mette la palla nel mezzo, ma fortunatamente in rete, invece che il pallone, finisce Beria: tutti tirano un sospiro di sollievo, tranne Briatore che ci pensa su una trentina di secondi e poi chiede al suo compare “unn’hanno miha marcato, eh?” (trad.:non hanno mica segnato, eh?).

Su queste parole si conclude la partita. L’Inter vince, Ranieri porta a casa la terza trasferta su quattro confermandosi mago degli allenatori, Briatore vince all’esordio confermandosi mago degli uomini. Mazzarri non perde, ma non si può avere tutto.
Lasciamo i nostri posti, già con un po’ di nostalgia, e ci mischiamo alla folla che risale le scale, stanchi ma felici. Giunti fuori, sfodero il taccuino ed enuncio le perle della serata, rivangando anche qualche indimenticabile scena passata. Mentre ridiamo sguiatamente per Maicon a gamball’aria, ecco che Briatore esce dal circolo, ci passa accanto guardandoci e si avvia lentamente verso la bicicletta. Dopo un momento di riflessione, sale in sella ed inizia a pedalare, ignaro del fatto che l’eco della sua leggenda stia per spargersi in tutto il mondo.

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