E’ tardi, Repice alla radio annuncia che Guarin farà parte dei tre d’attacco e so che devo muovermi, che manca pochissimo all’inizio. Parcheggio lontano dal circolo per non rischiare di vagare alla ricerca di un posto e comincio a correre. L’aria è piacevole, profumata, e intorno a me un placido silenzio irrora la notte. I miei passi rimbombano nella via, il loro rintocco regolare è l’unica colonna sonora che mi accompagna verso la meta.
Poi svolto l’angolo, e con l’apparire del circolo il sottofondo musicale della notte cambia. Una spessa coltre di chiacchiericcio, un coro di voci concitate udibile a distanza di decine di metri ricopre l’intero edificio, che ribolle come nelle grandi occasioni, come non accadeva da tempo. Il circolo rompe il silenzio della notte e parla. Dice la sua, e lo fa a gran voce.
Mi fiondo dentro, i posti sono più o meno tutti già occupati. Non c’è il tutto esaurito ma quasi, come sugli spalti di San Siro. Mi siedo in terza fila e, ancor prima di iniziare a seguire la partita, mi guardo intorno. Come tutto lasciava presagire, i big sono presenti, al completo, e a pochi metri da me posso già scorgere in tutta la sua grazia un Briatore tirato a lucido. E’ isolato dal resto degli spettatori: ricopre una posizione anarchica, largo a sinistra alla Ronaldinho, libero di inventare senza vincoli tattici. Intorno a sé ha quattro sedie vuote, tutte a suo uso e consumo: una per un gomito, una per una gamba, un’altra per il giubbotto ed un’ultima da usare come jolly.
Il tizio più vicino a lui è un intrigante soggetto di cui non ho mai parlato e che merita un’introduzione. Si tratta di un vecchio dal baffo bianco che solleva più di un interrogativo. Come prima cosa, non tifa per l’Inter, ma bensì per la Fiorentina; tuttavia, non si perde una nostra partita, probabilmente affascinato dalla fauna del circolo. Che il suo interesse sia dirottato più verso i commenti degli avventori che sulle partite si evince anche dal fatto che il Baffo si siede sempre all’estrema sinistra della sala e pressoché a ridosso del maxischermo. In pratica, non vede un cazzo di quel che succede nell’80% dell’inquadratura. Inoltre, è solito calzare dei conturbanti collant, come testimonia questo importante
contributo grafico.
Rizzoli fischia l’inizio della gara, e gli uomini più attesi, sia in campo che al circolo, si dimostrano subito in partita. Pochi secondi dopo, infatti, Pereira tenta una discesa sulla sinistra e Maiho, rimasto orfano del suo faro, irrompe nel match coniando un leggendario soprannome per l’esterno uruguaiano:
“Vai,
CERNIA!”
L’associazione Pereira-Cernia scatena l’entusiasmo generale. Privato del suo passatempo preferito, dopo aver cercato invano di trovare un erede del suo eletto (nelle prime partite era tentato da “Guarinne”, ma era il classico chiodo schiaccia-chiodo, e non poteva durare: dopo un paio di settimane già lo insultava con meno intensità. Uno come Maicon non lo ritroverà più), il nostro Maiho dimostra con questa trovata di aver voltato pagina.
La Cernia, infatti, è un successo. Lehalo è entusiasta ed inizia a ripetere “Cernia, cernia”, sorridendo giocondo. Nel giro di pochi minuti, il nuovo soprannome è già sulla bocca di tutti.
All’ottavo minuto, Guarin sblocca la partita con un bel gol su schema da angolo, ma ad accendere davvero l’atmosfera è un presunto rigore per fallo di Britos su Cassano (che poi cozzerà contro Cannavaro rimanendo a terra). L’intero circolo, anche dopo diversi replay chiarificatori, sembra insorgere richiedendo a gran voce la massima punizione, nonostante l’intervento di Britos sia pulitissimo.
L’intero circolo..anzi, no. A ben guardare, in pochi si stanno lamentando.
Anzi, c’è solo uno che urla, anche se fa casino pure per gli altri settanta.
Briatore, animato da qualche misteriosa forza, si alza in piedi, si sbraccia, punta il dito verso Rizzoli, impreca. Invoca il rigore a squarciagola, lo pretende, lo esige. Un tifoso del Napoli alle mie spalle gli urla che Britos ha preso la palla, lui si gira e con grande severità lo ammonisce:
“Hanno fatto l’entrata a SANDWICH!”,
dimostrandosi molto orgoglioso del modo in cui ha definito l’intervento dei due difensori napoletani. Il malumore, però, monta: Cassano (il suo pupillo) è a terra dolorante, e lui continua a ripetere che quei due sono entrati a sandwich, e che quando si entra a sandwich bisogna fischiare il rigore. Questa storia del sandwich sembra essere molto importante, e chi lo contraria viene zittito a gran voce. Da fondo sala qualcuno, con aria saccente, esclama
“lo sai icchell’è i sandwich?…”
quasi ammiccando, e lasciando la frase in sospeso come se stesse per completarla con qualche affermazione importante e maliziosa. Nient’altro, però, viene aggiunto, e Briatore può così replicare
“chetati te, ti garba il pulendone, tu sei rimasto alla polenda”
zittendo il suo interlocutore, che accusa il colpo.
Nel frattempo, le discussioni sul rigore proseguono, con ognuno che dice la propria. Briatore, dal canto suo, è di secondo in secondo sempre più indignato. Il vecchio col baffo bianco e le calze gli intima di smettere di urlare, lui gli dice “IO VOCIO QUANTO MI PARE!”, e si toglie la giacca.
Ormai è scatenato, niente può fermarlo. Ne ha per tutti, è incontrollabile, ingestibile. Il rumore delle sue urla copre nettamente l’audio di Sky, e dal fondo uno spettatore, indispettito per tutto quel frastuono, si lamenta gridando
“SILENZIO, UN CI SI VEDE!!”,
che in effetti non fa una grinza.
Le proteste continuano, finché, a un certo punto, Pereira prende palla sulla sinistra e parte in progressione.
“ECCO LA CERNIA!”, urla Maiho. Pereira salta Maggio, punta Gamberini e supera anche lui sullo slancio. In sala è il tripudio. “Brava Cernia!!!”, “è partita la Cernia!”. Parte il cross, Zuniga respinge, Guarin mette giù splendidamente mandando a vuoto Behrami e verticalizza per Milito, che controlla e mette dentro.
La gioia è incontrollabile. Briatore fa saltare il tappo ed esplode, completamente impazzito. Si alza, agita i pugni, urla “AHHHHHHHHHHHHHH”, sembra Cecchi Gori sulla balaustra. Poi si gira verso il tifoso napoletano che prima aveva osato confutare la sua teoria del sandwich e gli si rivolge gridando
“TTTTIE’!! TTTTIE’! [gesto dell’ombrello reiterato] TTTTIE’!”
e poi, perdendo definitivamente la brocca
“METTITI A PECORA TE LO BUTTO IN CULO!!! METTITI A PECORA!!!!”
il tifoso napoletano rimane sbigottito, noi cadiamo dalle sedie in estasi per un Briatore a livelli mai visti. Nel mentre, Lehalo e Maiho elogiano la percussione della Cernia, nuovo idolo di casa.
Gli animi rimangono incendiati. Il Napoli prova a reagire e si rende subito pericoloso con Insigne che pennella di poco a lato. Dopo i propositi di sodomia, Briatore ha il cuore in gola e continua ad agitarsi. Si gira verso di me e dice “qui gl’è roba da pazzi”, sbuffa, si volta all’indietro cercando chissà cosa.
Il Napoli costruisce, Insigne e Cavani sono minacciosi, ma Briatore ha ancora un chiodo fisso che lo tormenta. Mi guarda e, con aria delusa, mi fa“vengono a vedere le partite e non sanno nemmeno i’ regolamento, lo sanno anche i bambini che giocano all’oratorio che quando c’è la chiusura a sandwich…”,
lasciando la frase in sospeso per dare drammaticità al tutto. Quel sandwich non riesce proprio a levarselo dalla testa.
Intanto, la telecamera indugia su Cavani, ed un altro abituale avventore che non ho mai introdotto (e che necessiterebbe di un intero post a lui dedicato), con il suo caratteristico accento napoletano, gli urla
“mi fai shhchif, sembri un indiano! Questo fa il travestito a Napoli!”,
e, orgoglioso della sua brillante battuta, si guarda intorno con un sorrisetto sprezzante. Quando Cassano prende palla, poi, si auto-insulta esclamando “facciamogli il culo a questi marocchini dimmerda, a questi napoletani”, e in sala tutti si pongono diverse domande.
In tutto questo, Briatore non riesce ancora a darsi pace. Ripete più volte “che tensione che c’ho, che tensione”, e poi, in uno scatto bauscia, si alza in piedi e afferma
“meno male son dell’Inter”
[trad.“meno male tifo per l’Inter”]
e per questo tutti lo ringraziamo molto. Fortunatamente, pochi secondi dopo Rizzoli fischia la fine del primo tempo, concedendo al Mattatore della serata una meritata pausa. Il nostro eroe lascia la sua postazione dicendo “gl’ha ragione i’Berti (Berti=Maiho), gl’ha ragione i’Berti”, anche se “i’Berti” non aveva detto assolutamente niente.
Termina così un primo tempo storico, di un’intensità inaudita, mai vista. Io e gli altri abitué siamo con le lacrime agli occhi da 45 minuti. La partita, pur bella, è passata completamente in secondo piano, e davanti a noi abbiamo ancora quella faccia indemoniata che urla “TE LO BUTTO IN CULO!”, e la Cernia che scatta sulla fascia.
Saliamo a prendere un po’ d’aria, ma nemmeno durante l’intervallo c’è un po’ di tregua. Ci giungono racconti di uno scambio di battute tra i big: Briatore sarebbe andato da Maiho con fare baldanzoso, dicendogli “Hai visto come gliel’ho detto, a quel pulendone?”. Di seguito il resto del dialogo:
M: “Stai attento, quello gl’è cattivo”
B: “M’importa una sega a me!”
M: “Gl’è anche venuto un infarto, pochi mesi fa”
B: “Allora gl’è più di qua che di là, m’importa una sega a me” [seguono “EH, EH” compiaciuti]
Quando rientriamo in sala sono già tutti in postazione. Briatore sembra molto colpito dalla pubblicità del sito “segugio.it”, tanto da ripetere più volte “segugio, segugio”; poi, all’ennesima stucchevole replica dello spot con Marcorè nei panni di Dante si gira verso di me e dice (indicando Virgilio) “Bada com’è gl’è brutto quello!”, accompagnando l’esclamazione con la sua personale imitazione di Virgilio: espressione trasognata, occhi chiusi, sguardo al cielo e sorriso beato, con una mano che passa tra i capelli. Noi scoppiamo a ridere istericamente, lui si imbarazza un attimo e, per la novecentesima volta in otto anni circa, mi chiede “ma te sei per l’Inter?”. Riprende posto anche Maiho, che si siede esclamando “ovvia giù, ora si vede icchè fa la Cernia”.
Inizia il secondo tempo. Il canovaccio è sempre lo stesso: il Napoli preme, noi ci difendiamo con ordine e proviamo a ripartire. Sugli sviluppi di una ripartenza orchestrata dalla Cernia, Cassano colpisce il palo e Briatore, ad un passo dall’estasi, si mette le mani nei capelli, poi torna ad agitarsi e ripete per la seconda volta “Meno male son dell’Inter”. In seguito, rivolto ancora al baffo bianco che si stava lamentando, ribadisce il suo “IO VOCIO QUANTO MI PARE!”, con la tensione tra i due che sale visibilmente.
Il gol di Cavani, che arriva poco dopo, accende ulteriormente la partita e gli animi in sala. Ora il Napoli preme forte, ma i nostri non sbandano anche se rinunciano quasi completamente ad attaccare.
Alla relativa tranquillità dei nostri difensori fa da contraltare l’inquietudine del pubblico. I nervi sono a fior di pelle, basta un nonnulla per scatenare il putiferio.
La scintilla la fa scattare una (pur corretta) segnalazione del guardalinee, che giudica fuori un passaggio di Nagatomo a Milito sulla fascia destra. Briatore insorge ed urla “ERA DENTRO! ERA DENTRO!”, con il cuore colmo di rabbia per l’ingiustizia subita. Baffo Bianco pensa male di contraddirlo, affermando che la palla, al contrario, era uscita; Briatore, a questo punto, non ci vede più. Si alza lanciando via la sedia dove teneva il suo gomito, va muso a muso con Baffo e gli vomita addosso tutta la sua rabbia.
“ERA DENTRO! ERA DENTRO! MA CHE GUARDI! ERA DENTRO”, urla in faccia al suo avversario, scaldandosi di più ad ogni parola. Il Baffo contrattacca, Briatore è fuori dalla grazia di Dio. Volano parole grosse. Indignato, il Mattatore continua ad urlare, poi si allontana, raccoglie il giubbotto, dà un calcio alla sedia jolly facendola cadere fragorosamente e se ne va con passi decisi. Tutti seguiamo il suo incedere col fiato sospeso, sperando che non abbandoni la sala. Fortunatamente, il nostro desiderio viene esaudito: il mattatore si posiziona sul fondo, dove comincia a vagare nervosamente, come una tigre in gabbia.
La partita, nel frattempo, prosegue, regalandoci il sussulto più forte dell’intera serata. Su azione da angolo, Hamsik dribbla un inerme Gargano e mette in mezzo. Pereira azzecca la diagonale ma, al momento di spazzare via, si tira il pallone sul braccio e rischia un clamoroso autogol, lasciando tutti col fiato sospeso.
Dopo diversi secondi di apnea, Lehalo, non più tenero nei confronti dell’uruguagio, esclama “Cernia maledetta!”. Briatore sbuffa a fondo sala, e lo si può sentire ancora in preda allo spavento mentre dice “mi s’è fermato il cuore”. Manca poco ormai, ma dopo il rischio di Pereira c’è il timore di subire il gol del pareggio. Il pubblico se la prende con Gargano, che, già non dotato di piedi vellutati, dopo aver macinato chilometri ha perso anche di lucidità. All’ennesimo passaggio sbagliato, Lehalo sbrocca e gli riserva parole di fuoco:
“ritorna a Napoli, accidenti a te e a Garibaldi”
La partita termina, e il fischio finale viene salutato con grande approvazione. Facce stanche ma contente ci circondano quando le luci della sala si accendono e tutti guadagniamo l’uscita, ancora ebbri per lo straordinario spettacolo al quale abbiamo assistito. La Cernia, il sandwich, il tifoso napoletano a pecora, il calcio alla sedia, Garibaldi e tutte le altre perle rappresentano quanto di più straordinario si sia visto al circolo negli ultimi anni, e rileggendo gli appunti realizzo di avere in mano una pagina di storia.
Fuori, nell’aria ancor più pungente di quanto fosse un paio d’ore prima, il silenzio torna lentamente a farla da padrona. Il circolo ora tace, riprendendo fiato dopo aver dato il meglio di sé. Le chiacchiere post partita svaniscono rapidamente nel nulla, e tutti si allontanano, consci che, dopo quei novanta minuti di fuoco, non c’è davvero altro da aggiungere.
Mentre cammino verso la macchina, oltre ai miei passi, sento, in lontananza, anche lo sferragliare della catena di una bicicletta, che vedo allontanarsi lentamente. Anche se non riesco a distinguere nitidamente il guidatore, c’è qualcosa, in quella figura, che la rende inconfondibile ai miei occhi.
Buonanotte, Briatore.
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