sabato 30 gennaio 2010

UNO DI NOI

sabato 30 gennaio 2010 6

Il commosso addio a Ciruzzo nostro, QUI

Per le vignette, invece, basta andare qui sotto.

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venerdì 29 gennaio 2010

THE BUTTERFLY EFFECT

venerdì 29 gennaio 2010 21

Sì, lo so, abbiamo vinto, e sì, abbiamo eliminato la Juve, ok, ma io non riesco proprio a gioire. Sono schifato. Schifato perché quella rimessa invertita al 34esimo del primo tempo ha falsato il resto della partita, della serata e delle nostre vite in generale.

Pensate: se quella rimessa fosse stata assegnata alla Juve, probabilmente, anzi, certamente ne sarebbe nata una bellissima azione conclusa da uno splendido destro di Amauri, e le squadre sarebbero andate all’intervallo sul 2-0. Dopo, l’Inter si sarebbe buttata confusamente in avanti, lasciando ampi spazi al contropiede Juve e permettendo sempre allo stesso, fantastico Amauri di mettere dentro il beffardo 3-0. Ferrara, dopo il trionfo, avrebbe ritrovato le redini della squadra e sarebbe quindi stato esonerato, perché come noto la dirigenza Juve è come quella della Longobarda di Oronzo Canà, vuole la retrocessione in B, e tiene Ferrara perché è una garanzia, il migliore sulla piazza se vuoi retrocedere. Quindi, nel caso in cui Ciro cominciasse a fare qualcosa di buono, verrebbe subito allontanato, e sostituito da un Gentile, un Mondonico, un Agroppi, o da un cavallo, insomma, da un’altra ottima garanzia.

Quindi, pensate: quella rimessa ha falsato tutto. Tutto sarebbe cambiato. Vergogna.

Per non dire di cosa sarebbe successo se l’arbitro avesse fischiato il fuorigioco di Milito tre minuti prima del gol di Lucio: a quest’ora, gireremmo tutti con abiti di latta, a bordo di astronavi.

Tiè, vi sparo pure una vignetta, che non fa male. Cliccate su leggi tutto. Forza.

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giovedì 28 gennaio 2010

ELIMILANATI

giovedì 28 gennaio 2010 6

Ehi, no, fermi: Galliani ha salvato prima del derby, quindi ora riavvia e rigioca daccapo le ultime due partite, come i furbetti a Football Manager.

Sono stati scoperti gli anti-concezionali, gli anti-dolorifici, l’anti-tetanica, persino l’anti-materia, ma dell’anti-Milan ancora non v’è traccia.

Una settimana fa era amore, ora siamo già alle corna con l’idraulico.

Però non è giusto programmare un quarto di finale appena tre giorni dopo il derby. Questo Milan sta diventando troppo scomodo per il palazzo, e le stanno provando tutte per fermarlo.

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mercoledì 27 gennaio 2010

RABONTRIVELLE

mercoledì 27 gennaio 2010 7

Come tutti certamente saprete, l’avventura all’Inter di Riccardino e delle sue rabontrivelle è prossima ad una nuova conclusione. Jorge Mendes sta trattando il suo trasferimento allo Sporting Lisbona, ovviamente in prestito, perché nessun essere col pollice opponibile spenderebbe dei soldi per avere Ricky tutto per sé. In cambio, potrebbe arrivare Veloso, un tamarello mesciato con le buccole. Proprio al posto dell’ uomo che, in questi mesi a Milano, ha dispensato eleganza più di chiunque altro.

Per sopportare meglio le tristi ore che ci separano dall’ormai inevitabile annuncio, credo sia opportuno postare un mio vecchio e nostalgico articolo, che molti di voi scriteriati si saranno certamente persi, scritto un mese dopo il trasferimento del nostro eroe al Chelsea. Penso che le tematiche siano molto attuali e toccanti. Ecco qua:

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Come purtroppo tutti sanno, un mese fa Ricardo Quaresma ci ha lasciati.
Mica è morto eh, è solo andato via dall'Inter, lasciando un vuoto incolmabile nei nostri cuori e soprattutto in quelli degli abbonati di San Siro, con i quali aveva instaurato uno splendido rapporto di odio-odio. Questi, da quando Ricardo Bernardo ci ha salutati, seguono le partite completamente spaesati, consci che qualcosa manca, che qualcosa è stato loro tolto.
Riccardino è andato a dispensare calcio in Inghilterra, al Chelsea, dove si è già imposto come solo i campioni come lui sanno fare.
Il fromboliere lusitano ha uno strano potere: è capace di convincere gli allenatori, che all'inizio puntano su di lui e sul 4-3-3, a sfanculare le proprie credenze e a optare per un modulo che non comprenda alcun tipo di esterno offensivo. Così è stato con Mourinho, che dopo avere addirittura perso col Milan ha capito che il tridente non paga, e così è stato con Scolari-Hiddink al Chelsea, che col rombo non sbaglia una partita.
In questo mese, spartiacque fra le gestioni del tecnico brasiliano e di quello olandese, Ricky ha messo insieme ben tre presenze. Tre prestazioni di sostanza -con i consueti sprazzi di classe che ne avevano fatto l'idolo del Meazza - nelle quali il Chelsea ha portato a casa due vittorie ed un pareggio. Come dire, da quando c'è Quaresma in campo, non ci batte nessuno.
Le reazioni dell'Inter alla sua cessione sono state ottime: vittorie con Lecce, Roma, Bologna, vittoria nel derby, pareggio col Manchester, pareggio con la Roma. Come dire,da quando non c'è più Quaresma in campo, non ci batte nessuno (almeno, fino a stasera).

Eppure, da qualche tempo, un enorme senso di vuoto mi attanaglia. Non c'è più nessuno a strivellare palloni in cielo, nessuno che tenta il colpo di tacco-suola in mezzo a cinque uomini, nessuno che perde palla alla cazzo al quindicesimo tentativo di dribbling, nessuno che invece di segnare il gol della vittoria al 90esimo fa meta.
Non c'è più nessuno a farmi sognare "la trivela della redenzione" contro il Manchester all'ultimo secondo della partita di ritorno.
Anche la squadra pare disorientata: Ibra non sa più chi mandare a cagare se non gli arrivano palloni, e in generale tutti i giocatori interisti hanno perso quel punto di riferimento visivo che era la posizione di Ricardo, che rappresentava la porzione di campo dove non far giungere per nessun motivo il pallone.

Ci manchi, Ricky. Niente è più lo stesso senza di te. Le bestemmie allo stadio sono in calo del 75%.

So già che non tornerai, ma se un giorno ti infilerai di nuovo la maglia nerazzurra io sarò lì ad aspettarti, puntuale come una trivela o una rabona no-look.

Voglio ricordarti così, mentre ti annodi da solo

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martedì 26 gennaio 2010

IL TIFOSO ZERO E I DESIDERI

martedì 26 gennaio 2010 12

Dunque, ricapitolando:

siamo primi con nove punti sul Milan, appena schiantato in derby arbitrato alla De Santis, terminato in nove e con un rigore a sfavore parato da Julio Cesar. Il derby d’andata è finito 4-0, e ci siamo pure fermati.

La Juventus è sesta a meno sedici ed ha già buttato via un’altra stagione, essendo stata anche eliminata nei gironi di Champions. Il suo allenatore è Ciro Ferrara. Ranieri, esonerato l’anno scorso e considerato un emerito stronzo, ha appena vinto all’Olimpico all’ultimo secondo, allungando il divario in classifica.

L’anno scorso abbiamo vinto lo scudetto. E anche l’anno prima. E anche due anni prima. E anche tre anni prima. Nel frattempo, la Juve ha vinto un campionato di serie B, e il Milan ha totalizzato circa 100 punti di svantaggio in quattro anni.

Beh, che dire. Se ieri ho scritto che “abbiamo goduto di una partita che di solito si gioca solo nelle teste di noi tifosi, una fantasia che, se raccontata prima, non sarebbe sembrata tanto più realistica di un 5-0 con tripletta di Muntari e sinistro di Julio Cesar su punizione” oggi posso dire che uno scenario simile, quattro anni fa, non sarebbe venuto in mente nemmeno ad Asimov.

A volte penso che nel 2006 a un tifoso interista, magari al tifoso zero, qualche entità superiore abbia consegnato un foglio e una penna, chiedendogli di scrivere i suoi desideri per gli anni a venire. Fortunatamente, il tifoso zero non è stato così egoista da chiedere tre polpose slovacche al giorno, ed ha optato per una allegra storiella che potesse risarcirci di tutti i torti subiti.

Così si è immaginato calciopoli, la Juve in B, Ibra all’Inter e lo scudetto dei record. Poi ci ha preso gusto, ed ha scritto del secondo scudetto, immaginando un cinque maggio con l’happy ending dopo 70 minuti (ed una settimana) di passione. Ormai eccitatissimo, non se l’è sentita di smettere di scrivere, ed ha buttato giù, di getto, un’altra stagione da campioni d’Italia, condendo il tutto con un Milan eliminato ai puttanesimi di Coppa Uefa (cit.).

A questo punto, con la lingua fuori tipo Fantozzi, ha scritto, ormai in estasi, del “non si vende Kakà”, di una super campagna acquisti, di un derby alla seconda giornata vinto per quattro a zero e di una leadership ancora più incontrastata. Ormai ululante, ha voluto strafare, esagerare, andare oltre ogni più lussuriosa fantasia, ed ha descritto il derby di domenica sera, con l’eccitazione che gli soffocava i pensieri e gli ha fatto scrivere cose inverosimili, riempiendo il foglio di desideri che riteneva irrealizzabili. Terminato il racconto, è esploso in un orgasmo assordante.

Che dire, speriamo che non abbia macchiato il foglio. Magari c’è anche qualche riga che riguarda il dopo-derby, e non vorrei perdermela.

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lunedì 25 gennaio 2010

PIU’ AMORE DI COSI’

lunedì 25 gennaio 2010 11

Tutti QUI, per la cronaca dell’apoteosi nerazzurra.

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domenica 24 gennaio 2010

NON SO CHE DIRE

domenica 24 gennaio 2010 11

Questo è il massimo. Quando troverò qualche parola per descriverlo, ve lo farò sapere.

Nel frattempo, spero di smettere di venire.

Anzi, no.

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sabato 23 gennaio 2010

SENZA TROPPI FRONZOLI

sabato 23 gennaio 2010 8

Sarà che sono un po’ di parte, parecchio di parte, ma io questi tizi in rossonero non riesco proprio a considerarli un pericolo. Ho visto troppe loro partite, li ho analizzati troppo a fondo per poterli temere. Avranno anche fatto un gran girone d’andata, avranno anche vinto 8 delle ultime 9 partite, saranno anche in gran forma; per me rimangono quelli di 4 mesi e mezzo fa, e quindi una grandissima, splendida squadra di merda, senza andare troppo per il sottile.

In più, rispetto al derby d’andata, hanno soltanto uno Jankulovski in meno ed un Ambrosini in più. Poi, stop. Ronaldinho è sempre un bradipo immobile, Borriello è sempre un buon centravanti e nulla più, Gattuso è sempre l’antitesi di un giocatore: non è cambiato niente. Potrebbero avere anche un Nesta in meno, e questo peggiorerebbe non di poco la situazione.

Quello che hanno in più, a quanto pare, è l’amore. Sono l’unica squadra di calcio che trasuda amicizia, passione, sentimento, benevolenza. Scendono in campo per puro piacere, allietano il loro pubblico e tornano negli spogliatoi sotto una pioggia di fiori.

No.

Sono dei poveri stronzi esattamente come tutti gli altri. Che incassano le loro centinaia di migliaia di euro al mese come tutti gli altri. Che se arriva la chiamata giusta, partono. Come. Tutti. Gli. Altri.

L’unica preoccupazione che ho, riguardo a questa partita, è per come si presenterà in campo l’Inter. Con undici normodotati in grado di deambulare per 90 minuti, se non succede niente di strano, li mangiamo anche stavolta. Se mezzo centrocampo trapassa al quindicesimo minuto, beh, allora si fa un po’ più complicata. Mi basterebbe che Mourinho fosse nelle condizioni di schierare un rombo rombo, e per rombo rombo intendo con Cambiasso e Sneijder a fare da vertici, e due cazzoni a caso a completare il quartetto.  A non lasciarmi tranquillo c’è la nostra naturale tendenza autodistruttiva, ma quella è presente in tutte le partite, anche col Poggibonsi saremmo in grado di andare sotto di sei reti per poi rimontarle tutte nell’ultimo minuto di recupero. Quindi, l’unica preoccupazione in ottica Milan è la possibilità che ogni singolo episodio volga a loro favore, solo che anche questa è una preoccupazione che riguarda tutte le partite: tornando sempre al Poggibonsi, se noi prendiamo novantatré pali e il loro terzino destro segna di naso al novantesimo in mischia, è chiaro che perdiamo.

Per dirla breve, insomma, la squadra “Milan” genera in me gli stessi timori della squadra “Poggibonsi”. Questo non significa che vinceremo sicuramente (possiamo anche perdere, in caso di suicidio collettivo dei nostri o in caso di superculo altrui, come spiegato sopra), ma di certo significa una cosa: il Milan non può essere un pericolo. Senza troppi fronzoli.

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giovedì 21 gennaio 2010

VIGNETTE

giovedì 21 gennaio 2010 7

Vignette del giovedì: Galliani pin-up e Moratti che spara a vista.

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LO SCERIFFO BLANCOS – PT.5 - 2° TEMPO

Nel giro di una mezz’ora, nella quale Hag aveva curato i reduci dalla lotta, un vasto pubblico di persone, una quarantina circa  (di cui trenta abbonati) arrivò nei pressi della villa. Blancos disse loro di montare sulle mura e di cominciare con i cori. Una volta arrampicatisi, però, ai supporters si gelò il sangue: la vista dell’arrogante cane negro li sconvolse, toccandoli nel profondo. Dì lì a poco, i loro cuori furono colmi di rabbia, e, all’unisono, presero ad intonare insulti contro l’animale. 

La bestia cominciò ad innervosirsi, dando calci in giro e sbuffando vistosamente. Più sbuffava, più i supporters si caricavano, e l’odio montava. I cori si facevano sempre più ostili, l’atmosfera era caldissima: il negro pareva accusare il colpo. Qualche insulto dopo, la svolta: raggiunto il limite di sopportazione, il canide, rivolgendosi ai tifosi, prese ad applaudire polemicamente l’atteggiamento nei suoi confronti.

Il cielo, d’un tratto, si oscurò. Una luce divina illuminò il cane, spostando tutta l’attenzione su di lui. Un enorme dito indice spuntò dalle nuvole, puntando l’arrogante guardiano.

“Tu…tu…LA PAGHERAI!!!!”, urlò una voce terrificante, proveniente dall’alto dei cieli. Era il dio Tosele, gonfio d’ira. I presenti si inginocchiarono devoti.

“Multa, squalifica, a morte!”, disse ancora la voce. “Prendetelo!”.

Un esercito di soldati scese sul terreno ed ammanettò la bestia, che non oppose resistenza e si avviò con loro, sconsolato.

Blancos, senza parole, non credeva ai propri occhi. Nonostante i due pessimi acquisti, nonostante Carvalho, nonostante Ciro, ora la strada verso Mo Ratos era spianata. Lo sceriffo prese a saltellare in preda al giubilo, arrivando danzando alla porta che introduceva all’interno della villa.

Blancos sfondò la porta ed entrò in casa brandendo una scimitarra. “Dove sei? DOVE SEI? Nasconderti non ti servirà a niente, lo sai, vero? Fuori ci sono i miei uomini, e se ti azzardi ad uscire di qui ti riempiranno di piombo (beh, oddio, non ci scommetterei). Ti conviene uscire fuori subito, pezzo di stronzo!”. Lo sceriffo perquisì tutta la villa con grande attenzione, ma Mo Ratos non si trovava, e nemmeno i suoi amichetti. Neanche con l’aiuto di Ciro e degli altri, entrati anche loro nell’abitazione, saltò fuori qualcosa. Il letto era rifatto, la casa era in perfetto ordine: sembrava che gli inquilini fossero fuori.

Guardando bene in camera da letto, Blancos scovò un voucher con una prenotazione per Forte dei Marmi, che come data di ritorno segnava 28 settembre 1859.

“Ehi, Carvalho, dì un po’, che giorno è oggi?”

“El 15 jugno 1858, perché?”

“Ma porc..”. Blancos andò su tutte le furie, e distrusse completamente la stanza, a mani nude. Buttò giù le mura, sbranò il letto, staccò il lampadario: era scatenato. Ormai disperato, distrutto, svuotato, compié l’estremo gesto: con una mossa brusca, si strappò dal capezzolo le stelle che vi aveva appuntate, aprendo una gigantesca ferita sul suo petto. Il sangue iniziò a sgorgare impietoso, senza sosta. La vita dello sceriffo si stava rovesciando sul pavimento, ma a lui questo non importava. Non avrebbe potuto aspettare tutto quel tempo, sarebbe impazzito prima. Tanto valeva farla finita subito, risparmiandosi la sofferenza.

Hag Ricol, udendo il frastuono, si precipitò subito nella stanza dove giaceva Blancos.

“Sceriffo, no!! Non doveva fare questo!! Io..io..potrei sistemare le cose!”

Blancos, ormai, non era più in grado di udire alcunchè. Hag lo operò d’urgenza, usando l’ormai celeberrimo cocktail di Neoton, Diet Coke e Mentos per placargli il dolore. Dopo qualche ora, l’intervento, riuscito perfettamente, fu concluso, e Blancos riprese i sensi. Grazie alle straordinarie sostanze di Hag, la ferita si stava già cicatrizzando, e nel giro di qualche ora lo sceriffo sarebbe tornato come nuovo.

“Oh, per fortuna sta bene. Un minuto più tardi, e sarebbe morto”

“Grazie infinite Hag, di cuore. Mi hai salvato la vita. Me ne ricorderò, quando tutto questo sarà finito. Senti, dimmi una cosa: stavo forse sognando, oppure hai detto che hai un’idea per sistemare la situazione?”

“No, non stava sognando, ho davvero detto questo. E’ una cosa che mi frullava in mente da qualche minuto, e credo che, sì, forse c’è un modo per far trascorrere velocemente questi mesi”

“Ti prego, dimmi”

“Niente, in pratica..c’è questo mio amico, Adriano si chiama, che ha degli agganci importanti, molto, molto in alto..e, per farla breve, se vuoi posticipare qualcosa, o anticiparlo, ti puoi rivolgere a lui, e di solito qualcosa riesce a fare”

“E..come potrebbe aiutarci?”

“Ma come, non ha capito? Potremmo chiedergli di spostare la giornata di domani a quella in cui tornerà Mo Ratos, in modo da ritrovarcelo qua fra poche ore”

“Ed..ed è davvero possibile una cosa del genere??!”

“Con Adriano, tutto è possibile. Te l’ho detto, che ha le conoscenze giuste. E poi, mi deve un favore”

Hag fece subito la chiamata, mettendosi d’accordo col suo influente amico. Allo scoccare della mezzanotte, la casa fu catapultata nel futuro. Blancos, ormai ristabilito, diede un’occhiata al giornale: la data era il 28 settembre 1859 (sì, a mezzanotte c’era già il giornale. E allora? Che cazzo ne sapete di come funzionava nel West? Magari la gente andava in edicola a mezzanotte e comprava il giornale. Che ne sapete, voi? C’eravate?).

Qualche ora dopo, il cancello della villa si aprì. Il carro guidato da Mo Ratos entrò nel giardino, sobbalzando a causa delle buche. Mo si fermò, e si guardò intorno. C’erano segni di lotta ovunque, e, cosa più importante, il negro guardiano non c’era più.

“Ma..che..cosa sta succedendo, qua?”, mormorò, mentre Blancos lo fissava, dallo spioncino dietro la porta.

FINE QUINTA PARTE

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mercoledì 20 gennaio 2010

LO SCERIFFO BLANCOS – PT.5 – 1° TEMPO

mercoledì 20 gennaio 2010 3

Vista la crucialità della puntata (e la sua lunghezza), ho ritenuto necessario dividerla in due tempi. Tenetevi pronti: si va verso lo scontro finale.

Trascorsa la notte, la comitiva si rimise in viaggio. I due nuovi acquisti parevano aver superato il black-out della serata precedente, e dopo una sostanziosa colazione si presentarono al cospetto dello sceriffo, apparendo rinvigoriti e pronti all’azione.

“Su, ragazzi, in marcia”

Stavolta non ci furono particolari intoppi, e mezz’ora dopo la partenza i cinque cominciarono a scorgere, in lontananza, un puntino nel deserto, che si faceva sempre più grande man mano che avanzavano. Era la villa, il nascondiglio di Mo Ratos: non c’era alcun dubbio. Vedendola, Blancos cominciò a pregustare la vendetta. La resa dei conti era ormai vicina, e poteva già sentire l’odore del sangue del suo rivale nell’aria.

“Più veloce, più veloce”, disse al suo destriero, frustandolo.

Pochi minuti, e furono davanti all’ingresso della villa. Una spessa muraglia, intermezzata da un enorme cancello, sbarrava loro l’entrata. Aldilà del recinto, si potevano udire i terribili grugniti del nerissimo custode della casa che, avendo fiutato visite, si era già notevolmente innervosito. I due nuovi acquisti, sentendo i versi dell’animale, sbiancarono in volto e tentarono di defilarsi.

“Fermi, che fate? Ragazzi, su, non abbiate paura! Ho un piano, so come affrontare quel mostro. State qui, da bravi”.

In realtà, Blancos non sapeva da che parte rifarsi. Lui e i ragazzi non potevano certo scavalcare ed entrare nella casa senza qualche buona idea in testa: di sicuro, non era il caso di affidarsi a Carvalho Pazzo, vista la sua scarsa percentuale di colpi andati a segno. Lo sceriffo, dal canto suo, non se la sentiva di sparare, e i due nuovi acquisti non sembravano, come dire, dare troppe garanzie. C’era bisogno di qualcuno che coordinasse le azioni, che guidasse il gruppo verso il trionfo.

Blancos cominciò a guardarsi intorno, come in attesa di un segnale dal cielo. Dopo qualche minuto, Blancos vide un tizio che stava mangiando un bud..no, dai,è troppo forzato, uno che mangia Danette nel deserto, troppo facile così. Facciamo che trova Ferrara e basta, nemmeno Ferrarao o Cirinho, solo Ferrara, lo vede e gli dice “e tu chi sei"?, e Ferrara “"sono Ciro, l’allenatore”, e Blancos fiuta l’affare e lo prende con sé, spiegandogli la situazione. Senza troppi fronzoli.

“Vieni, ti presento gli altri”, disse lo sceriffo.

“Ciao ragazzi, io sono Ciro, l’allenatore. Mettiamoci subito al lavoro. Allora..”

“Iu nun ho ancora capitu perché c’è questo qui con noi", sussurrò Carvalho ad Hag Ricol, mentre Ferrara spiegava il suo piano.

“..dopo aver scavalcato ci sistemiamo con te, quello più alto, dietro,  poi te, caschetto, a fare da tramite e Carvalho davanti a tutti. Tu cerca di recuperare palla…”

“Ma cusa sta discendu?”, disse ancora Carvalho, sempre più perplesso. Blancos gli rispose con uno sguardo rassicurante.

“..e a quel punto chiudete il triangolo. Tutto chiaro?” Il pistolero accennò un timido sì, mentre i due, che non avevano inteso una parola, continuarono a guardare Ciro in silenzio, con la consueta faccia sconsolata.

“Bene. Andate!”

I tre scavalcarono le mura ed entrarono nel giardino.  “Alora, ragassi, com’è che dobbiamu disporsci?”, disse Carvalho, mentre il negro bestio balzò addosso al fenomeno e gli strappò una gamba.

“Oh cassu, Hag, intervieni!”

Con un gesto fulmineo, Hag scavalcò e corse dal fenomeno per somministrargli una razione di panacea, facendogli recuperare 1000 hp. Nel frattempo, l’animale aveva attaccato anche l’altro nuovo acquisto e Carvalho, che ora erano in fin di vita. Hag salvò anche loro, ma era chiaro che la situazione non si sarebbe potuta protrarre per molto. Le indicazioni di Ciro non erano state recepite.

Blancos, vedendo quel triste spettacolo, cercò di farsi venire in mente qualcosa. Era evidente che non si poteva sfidare il mostro con la forza bruta: bisognava agire d’astuzia. Improvvisamente, un’illuminazione: avrebbe chiamato a raccolta i suoi sostenitori, e li avrebbe usati per caricare i ragazzi e distrarre la bestia. Era l’unico modo per sovvertire i valori in campo, la sola ancora rimasta alla quale aggrapparsi. Certo, non si sarebbe messo a cercare di arruolare qualche nuovo demente, vista l’incetta che ne aveva fatto in quei giorni. No, no, si doveva lavorare sul materiale a disposizione, si doveva galvanizzare l’ambiente.

Subito si fece passare il cellulare da Hag (sì, ha il cellulare, non rompete) e chiamò in paese, convocando tutti i suoi seguaci. Che risposero, ovviamente, presente.

FINE PRIMO TEMPO

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martedì 19 gennaio 2010

LO SCERIFFO BLANCOS – PT.4

martedì 19 gennaio 2010 8

Riassunto delle puntate precedenti:

C’è un vecchio cazzone che soffre, un giorno incontra un mostro in un bar e per qualche motivo si convince che sia l’uomo in grado di risolvere i suoi problemi. Insieme a lui e ad un eccentrico barista si mette in viaggio alla ricerca della fonte di ogni suo guaio, che tempo addietro aveva pensato bene di nascondersi in qualche luogo sperduto. Grazie alle dritte di un ferroviere eremita, il vecchio cazzone scopre dove si nasconde il suo nemico e parte all’inseguimento, affiancato dai suoi fidi scudieri.

“Quanto manca?”, chiese Blancos ad Hag Ricol.

“Se continua ad andare così, meno di un’ora. Tra poco dovremo fermarci però, ha bisogno di fare rifornimento”

Carvalho Pazzo cominciò a rallentare. Faceva caldo, e per rendere al meglio aveva bisogno di un altro cocktail di Hag. Poco prima di fermarsi, sorpassò due uomini che sostavano al ciglio della strada.

“Ehi, chi erano quei due?”, disse Blancos.

“Lasciali stare, saranno due disgraziati che vogliono un passaggio. Non abbiamo tempo da perdere”, gli rispose Hag.

“No, ehi, forse non ci siamo capiti. Qua gli ordini li do io, è chiaro? Carvalho, torna indietro, voglio chiedergli se hanno bisogno di qualcosa”.

I due uomini vestivano una fastidiosa tenuta da carcerato, sporca e piena di strappi. Erano molto diversi tra loro, quasi opposti: uno era alto, robusto, rasato, col colorito scuro e la faccia da dinosauro; l’altro, basso, mingherlino, pallido e con un folto caschetto castano. Una sola cosa li accomunava: un’espressione vuota, stanca, desolata. Da pirla.

Vedendoli, lo sceriffo fu molto colpito dalla loro emotività. Dentro di sé, fin da subito, sentì che quei due ragazzi, che sembravano così provati dalla vita, nascondevano qualcosa di inaspettato, qualcosa di grande.

“Ciao, ragazzi. Tutto bene?”

“……”

“Avete bisogno di un passaggio?”

“Não entendemos o que você diz”

“Eh?”

“Aspeti, scerifu, sonu do mio paese. Sci parlu io”

[Carvalho e i due confabulano]

“Dicuno che sono appena shcapati da prijione”

“E che pensano di fare?”

“Niente. Voglionu rimanere lì dove sonu, e nun fare niente”

“Ma come, niente? Ma se è evidente che questi ragazzi hanno tanto da dare al mondo! Su, su, dì subito loro di unirsi a noi, che abbiamo bisogno di braccia e gambe forti. Chiaramente, li ricompenserò lautamente: metà del sacco delle cibarie è loro. Ma che dico metà, tre quarti! Se lo meritano, saranno fondamentali”

“Ma, scerifu, e noi cosa mangiamu?”

“Zitto tu! Serve a loro il cibo! Noi ci nutriremo di cactus e scorpioni! E ora, forza, digli quello che ti ho detto”

I due, visibilmente stupiti dalle parole di Carvalho, accettarono subito, rivelando addirittura una punta d’entusiasmo.  Il pistolero ed Hag, visibilmente contrariati, dovettero trattenersi dal protestare per i nuovi ingaggi: lo sceriffo sembrava veramente convinto, e non sarebbe tornato sui suoi passi.

“Allora, dobbiamo organizzarci un po’. In quattro su Carvalho non ci stiamo, quindi abbiamo bisogno di un’altra vettura”. Blancos rivolse lo sguardo verso il più esile dei due, quello col caschetto. “Che ne dici di essere tu, l’altra vettura?”

Il pistolero tradusse, e il ragazzo accettò. Subito si caricò in spalla Blancos, mentre il suo amico e Hag Ricol montarono su Carvalho, che si era appena rifornito con tre shottini preparati dalle sapienti mani dell’alchimista del gruppo.

“Voglio provarlo così, senza aiuti da parte tua, Hag. Secondo me questo è una forza della natura!”

La comitiva si rimise dunque in viaggio. La terra promessa, la casa di Mo Ratos, si avvicinava sempre più, e con i due nuovi acquisti sembrava ancor più vicina.

Il ragazzo col caschetto, nei primi minuti di trotto, si rivelò effettivamente un portento. Teneva senza problemi il ritmo di Carvalho dopato, mostrando anche di essere in grado di alzare ulteriormente il ritmo. Tutti i presenti furono incantati dalle sue doti, e cominciarono ad accostarlo ai grandi mezzi di locomozione del passato, tirando fuori anche qualche paragone scomodo.

“Visto, che vi avevo detto? Questo ragazzo è un fenomeno! Io difficilmente mi sba..”

Blancos, prima ancora di terminare la frase, si ritrovò con la faccia stampata in terra. Aveva fatto un volo di diversi metri, atterrando per fortuna su un cumulo di sabbia, che aveva attutito il colpo. Poco più indietro, il “fenomeno” sostava immobile al centro della strada.

“Ma..sput..che..sput..che cazzo è successo?? Carvalho, ehi, fermati..sput..vagli a chiedere cos’ha, perché si è fermato”

Carvalho tornò pochi secondi dopo. “Scerifu, pare che si sia insceppatu”

“Come sarebbe a dire, inceppato? Ma di cosa stai parlando?”

“Cusì mi ha detu”

Nel frattempo, l’altro, quello con la faccia da dinosauro, si defilò e prese a vomitare.

“E questo, ora, cos’ha?”, disse Blancos.

Il pistolero gli si avvicinò e cercò di parlargli. “Disce che soffre il mal d’auto, da pochi mesi. Disce che l’annu scorsu non aveva di questi prublemi, è da quandu gli hanno fattu metere questa divisa da carsceratu”

“Oh, merda. E ora, che si fa?”

Hag Ricol, sbuffando, tirò fuori il suo armamentario. “Tocca a me inventarmi qualcosa per rimediare alle stronzate dello sceriffo. ‘Saranno fondamentali, vedrete!’. Ma muori, vecchio rincoglionito, solo tu potevi raccogliere ‘ste due carcasse dalla strada”, pensò riempiendo gli alambicchi di strani liquidi.

Il tramonto sopraggiunse, e la comitiva cominciò a sistemarsi per la notte. Con i due nuovi acquisti in quelle condizioni, era impensabile proseguire oltre, e lo sceriffo decise di lasciar trascorrere qualche ora prima di rimettersi in viaggio. Così, mentre Hag mescolava intrugli, Carvalho si mise a preparare una cena sontuosa. I due, intanto, non miglioravano: il fenomeno era ancora piantato al suolo, mentre l’altro continuava a tossire e a non darsi pace.

“Ok, è pronto”, disse Carvalho. All’udire di queste parole, lo sguardo dei due si illuminò improvvisamente, e in un lampo, guariti dai loro acciacchi, si precipitarono nei pressi del pentolone, armati di posate e bavaglio. Come da contratto, spazzolarono i tre quarti della cena, lasciando agli altri una carota ed un’oliva a testa. Hag e Carvalho, infuriatissimi, si trattennero dallo scuoiare Blancos e si allontanarono di un po’ per sbronzarsi, mentre lo sceriffo, guardando i nuovi acquisti, già ronfanti e pieni di macchie di sugo su faccia e vestiti, si chiedeva se davvero ingaggiarli fosse stata la scelta migliore. Il rognoso e nerissimo cane da guardia di Mo Ratos si annunciava un avversario tosto, e le ultime notizie lo davano ancora più arrogante e polemico del solito.

Non ci sarebbe stato spazio per errori.

FINE QUARTA PARTE

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lunedì 18 gennaio 2010

LA SQUADRA DELL’AMORE

lunedì 18 gennaio 2010 4

Tutti QUI per la necessaria ode a coloro che hanno portato l’amore a San Siro.

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giovedì 14 gennaio 2010

VIGNETTE

giovedì 14 gennaio 2010 6

Ritorno delle vignette (ogni volta è un ritorno: che qualcuno stia battendo un po’ la fiacca?) con Ciruzzo assoluto protagonista.

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mercoledì 13 gennaio 2010

UN NUOVO 5 MAGGIO

mercoledì 13 gennaio 2010 15

Era sotto i miei occhi da agosto, ma soltanto adesso ci ho fatto caso: nell’ultima di campionato, ci sarà Milan-Juventus. Con l’Inter impegnata a Siena, mi sono immaginato un ipotetico finale di campionato al cardiopalma: Inter prima in classifica, con due punti sul Milan e in vantaggio negli scontri diretti (basta quindi un pareggio a Siena per vincere lo scudetto); Juve già matematicamente terza e con Montero in panchina a fare da traghettatore. Siena ampiamente retrocesso.

A San Siro, tutti in campo felici e contenti per un biscottone annunciato, anche se probabilmente inutile. Le squadre partono blande, i più anziani si appartano all’ombra e scambiano due chiacchiere, mentre i giovani improvvisano una tedesca nella quale Diego finisce continuamente in porta.

A Siena, intanto, l’Inter fa schifo. Al decimo, Maccarone segna direttamente da rimessa dal fondo, con un tracciante che porta via un braccio a Julio Cesar. Poco dopo, Portanova rifila un gancio a Balotelli, che si porta polemicamente le mani al volto e si accascia al suolo: l’arbitro, giustamente, espelle Mario, mentre Tosel, in tribuna, compila il verbale per la multa.

A Milano giunge la lieta novella: l’Inter perde ed è in dieci. Gli 85000 gonzi, dei quali 43000 abbonatisi dopo aver ricevuto la lettera di Galliani, esplodono in un boato. I giocatori, intanto, abbandonano le postazioni di relax e fanno finta di giocare un po’. Ronaldinho, palesemente sconfitto da Kaladze nella gara di caipiroske, accarezza la bandierina del corner convinto che sia Kate Moss, mentre Pirlo e Gattuso cercano di ritrovare l’orientamento e capire dove bisogna segnare. L’unico che si impegna sul serio è Diego, che comunque non tocca palla. Al quarantesimo, si concretizza il biscotto: il prescelto per il gol del Milan è Antonini, per esaltare la bontà del settore giovanile rossonero. L’adolescente terzino prende palla, fa un paio di doppi passi a caso, salta Buffon e mette dentro spingendo il pallone con le natiche, come ai giardini.

A Siena, nel frattempo, la situazione non migliora. L’Inter è in difficoltà e non riesce a pungere: Mourinho, al 35esimo, cambia tutto e rischia il 2-1-6, ma la gara non cambia.

Intervallo. A San Siro si comincia a festeggiare.

Secondo tempo. Inter in forcing, pali, traverse, mischie, miracoli, ma la palla non entra. Al settantesimo, dopo venticinque minuti di assedio, Maccarone prende palla, scarta tutti, entra in area e segna in spaccata. Due a zero, Inter a pezzi, i giocatori mollano di schianto. A San Siro impazza la festa, ormai è solo questione di minuti.

A Siena, finisce la partita. Inter sconfitta, Moratti si tuffa dalla balaustra, Malesani si sdraia nudo sotto la curva. Alla fine di Milan-Juve manca solo un minuto di recupero, previsto esclusivamente per far esordire Roma e renderlo parte della famiglia Milan. Quando mancano dieci secondi, però, Felipe Melo, pieno di rancore verso società, squadra e tifosi, smette per un attimo i panni del pacco e torna quello della Confederations Cup. Prende palla ai quaranta metri, supera un paio di avversari e scarica una legnata pazzesca all’incrocio. Pareggio. 

Mentre l’intero stadio si riversa in campo per rincorrere Melo, l’arbitro fischia la fine. Inter avanti di un punto e campione d’Italia grazie al pareggio della Juve. A Siena, pensano tutti che sia una presa di culo e non festeggia nessuno. Moratti esonera Mourinho e, in piena confusione, affida la squadra a Reginaldo. La redazione di Spormediaset si suicida in blocco.

Diciottesimo scudetto. Arrivederci a settembre.

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martedì 12 gennaio 2010

IMMAGINI COMPROMETTENTI

martedì 12 gennaio 2010 6

Catturasaw

“Senti, allora, quanto hai detto che vuoi?”

“Cinquanta”

“Ho anche un paio di amiche, questa riccia qui accanto e quella manza che sta arrivando, con la pelliccia e la sciarpa lunga sei metri”

“Con amiche, cento”

“E con cento possiamo..”

“Tutto”

“Ok, tieni”

__________________________________________

“Ehi, aspetta un attimo, ma..io quello lo conosco..massì, è lui…Ciro, che ci fai lì?”

“Shh, presidente, che mi scoprono. Ho i tifosi alle calcagna, sono quasi disoccupato e mia moglie mi ha cacciato di casa”

“E che ci fai lì, in ginocchio per terra? Vai al parco, per dio, trova almeno una panchina”

“Non mi ci fanno sedere, sulle panchine. Prima ci ho provato ed hanno tentato di darmi  fuoco”

“Povero ragazzo, non ti meriti questo. Aspetta..ecco, tieni, comprati un mediano”

“Com’è umano lei, presidente”

___________________________________________

“Allora, per sabato voglio tre rigori, due espulsioni, una decina di fuorigioco inesistenti fischiati a favore e, sì dai, anche l’espulsione di Mourinho”

“E stai zitto, cretino, che mi rovini il travestimento. Tu non devi fare richieste, devi solo pagare. Al resto pensiamo noi. Un’altra uscita del genere, e per i prossimi tre mesi ti mandiamo De Santis”

“Ok, ok, scusami. Comunque oh, poi c’è il derby, quindi..ci siamo capiti”

“Tranquillo, li sistemiamo noi”

“Bene. Allora tieni, e salutami Guido”

“Baciamo le mani”.

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lunedì 11 gennaio 2010

SEGGIOLINI (E NON SOLO) IN FIAMME

lunedì 11 gennaio 2010 9

Per leggere il post, cliccate QUI.

Perché continuate a leggere? Ho detto di cliccare lì.

Capito? Lì.

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giovedì 7 gennaio 2010

UN UOMO ELEGANTE

giovedì 7 gennaio 2010 18
Nella giornata del ritorno in serie A di Beckham, l'unico calciatore del mondo che gioca in due squadre, e della prestazione maiuscola di Vieira, che presto ci lascerà riducendo ulteriormente il monte dei giocatori simpatia (già avevamo subito un duro colpo con la partenza di Ciccio Suazo, che non ho ancora digerito), a spiccare, più di chiunque altro, è Antonio Conte, un uomo che è sempre stato il mio punto di riferimento in quanto a stile ed eleganza.

Prestazione da vero duro, la sua: prima, durante una partita nella quale la sua squadra è riuscita a prendere gol addirittura da Pazienza, non abbassa la testa di fronte agli sberleffi del pubblico e anzi lo affronta fieramente, dichiarandosi pronto a salire in tribuna e prendere tutti a schiaffoni; poi, nel dopo-gara, passa dalle parole ai fatti, scagliandosi con rabbia contro il muro dei contestatori, con una mano protesa verso la folla e l'altra a protezione del peloso animale che cova la sua testa. Verde di rabbia, con la camicia a brandelli, sembrava sul punto di fare una strage, ma fortunatamente per i tifosi bergamaschi è stato placcato da una cinquantina di uomini accorsi sul posto per fermarlo.

A suggellare la straordinaria domenica, poche minuti più tardi sono arrivate le dimissioni, inconcepibili visto lo straordinario affetto che i suoi giocatori gli hanno sempre dimostrato. Alcuni di loro hanno trascorso anche intere giornate a dilettarsi con una piccola bambola raffigurante il loro allenatore, che erano soliti ornare con spilli, spillette e, talvolta, pugnali.

E' comportandosi come Antonio che si stemperano gli animi, che si smette di alimentare inutili tensioni che fanno solo del male a questo sport: ci sono allenatori che si fanno buttare fuori per quattro volte in un anno e che fanno i difficili con Varriale e Sconcerti, e altri che, invece, danno importanti lezioni come quella che Conte ieri ha impartito a tutti noi. Non mi sorprende affatto che un'autorevole testata testata sportiva torinese abbia più volte suggerito il suo nome, prima per la successione di Ranieri e poi per quella di Ferrara: con uno così, lo Stile Juve tornerebbe prepotentemente alla ribalta.

P.S.: a breve debutterò su Bauscia Cafè. Questo blog continuerà comunque ad esistere, con una quantità minore di post (come avevo già anticipato), perché altrimenti il povero µ sarebbe costretto a tornare a saccheggiare i bidoni dell'immondizia per sbarcare il lunario, ed io non voglio certo questo.
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