mercoledì 20 gennaio 2010

LO SCERIFFO BLANCOS – PT.5 – 1° TEMPO

mercoledì 20 gennaio 2010

Vista la crucialità della puntata (e la sua lunghezza), ho ritenuto necessario dividerla in due tempi. Tenetevi pronti: si va verso lo scontro finale.

Trascorsa la notte, la comitiva si rimise in viaggio. I due nuovi acquisti parevano aver superato il black-out della serata precedente, e dopo una sostanziosa colazione si presentarono al cospetto dello sceriffo, apparendo rinvigoriti e pronti all’azione.

“Su, ragazzi, in marcia”

Stavolta non ci furono particolari intoppi, e mezz’ora dopo la partenza i cinque cominciarono a scorgere, in lontananza, un puntino nel deserto, che si faceva sempre più grande man mano che avanzavano. Era la villa, il nascondiglio di Mo Ratos: non c’era alcun dubbio. Vedendola, Blancos cominciò a pregustare la vendetta. La resa dei conti era ormai vicina, e poteva già sentire l’odore del sangue del suo rivale nell’aria.

“Più veloce, più veloce”, disse al suo destriero, frustandolo.

Pochi minuti, e furono davanti all’ingresso della villa. Una spessa muraglia, intermezzata da un enorme cancello, sbarrava loro l’entrata. Aldilà del recinto, si potevano udire i terribili grugniti del nerissimo custode della casa che, avendo fiutato visite, si era già notevolmente innervosito. I due nuovi acquisti, sentendo i versi dell’animale, sbiancarono in volto e tentarono di defilarsi.

“Fermi, che fate? Ragazzi, su, non abbiate paura! Ho un piano, so come affrontare quel mostro. State qui, da bravi”.

In realtà, Blancos non sapeva da che parte rifarsi. Lui e i ragazzi non potevano certo scavalcare ed entrare nella casa senza qualche buona idea in testa: di sicuro, non era il caso di affidarsi a Carvalho Pazzo, vista la sua scarsa percentuale di colpi andati a segno. Lo sceriffo, dal canto suo, non se la sentiva di sparare, e i due nuovi acquisti non sembravano, come dire, dare troppe garanzie. C’era bisogno di qualcuno che coordinasse le azioni, che guidasse il gruppo verso il trionfo.

Blancos cominciò a guardarsi intorno, come in attesa di un segnale dal cielo. Dopo qualche minuto, Blancos vide un tizio che stava mangiando un bud..no, dai,è troppo forzato, uno che mangia Danette nel deserto, troppo facile così. Facciamo che trova Ferrara e basta, nemmeno Ferrarao o Cirinho, solo Ferrara, lo vede e gli dice “e tu chi sei"?, e Ferrara “"sono Ciro, l’allenatore”, e Blancos fiuta l’affare e lo prende con sé, spiegandogli la situazione. Senza troppi fronzoli.

“Vieni, ti presento gli altri”, disse lo sceriffo.

“Ciao ragazzi, io sono Ciro, l’allenatore. Mettiamoci subito al lavoro. Allora..”

“Iu nun ho ancora capitu perché c’è questo qui con noi", sussurrò Carvalho ad Hag Ricol, mentre Ferrara spiegava il suo piano.

“..dopo aver scavalcato ci sistemiamo con te, quello più alto, dietro,  poi te, caschetto, a fare da tramite e Carvalho davanti a tutti. Tu cerca di recuperare palla…”

“Ma cusa sta discendu?”, disse ancora Carvalho, sempre più perplesso. Blancos gli rispose con uno sguardo rassicurante.

“..e a quel punto chiudete il triangolo. Tutto chiaro?” Il pistolero accennò un timido sì, mentre i due, che non avevano inteso una parola, continuarono a guardare Ciro in silenzio, con la consueta faccia sconsolata.

“Bene. Andate!”

I tre scavalcarono le mura ed entrarono nel giardino.  “Alora, ragassi, com’è che dobbiamu disporsci?”, disse Carvalho, mentre il negro bestio balzò addosso al fenomeno e gli strappò una gamba.

“Oh cassu, Hag, intervieni!”

Con un gesto fulmineo, Hag scavalcò e corse dal fenomeno per somministrargli una razione di panacea, facendogli recuperare 1000 hp. Nel frattempo, l’animale aveva attaccato anche l’altro nuovo acquisto e Carvalho, che ora erano in fin di vita. Hag salvò anche loro, ma era chiaro che la situazione non si sarebbe potuta protrarre per molto. Le indicazioni di Ciro non erano state recepite.

Blancos, vedendo quel triste spettacolo, cercò di farsi venire in mente qualcosa. Era evidente che non si poteva sfidare il mostro con la forza bruta: bisognava agire d’astuzia. Improvvisamente, un’illuminazione: avrebbe chiamato a raccolta i suoi sostenitori, e li avrebbe usati per caricare i ragazzi e distrarre la bestia. Era l’unico modo per sovvertire i valori in campo, la sola ancora rimasta alla quale aggrapparsi. Certo, non si sarebbe messo a cercare di arruolare qualche nuovo demente, vista l’incetta che ne aveva fatto in quei giorni. No, no, si doveva lavorare sul materiale a disposizione, si doveva galvanizzare l’ambiente.

Subito si fece passare il cellulare da Hag (sì, ha il cellulare, non rompete) e chiamò in paese, convocando tutti i suoi seguaci. Che risposero, ovviamente, presente.

FINE PRIMO TEMPO

3 commenti:

tangiamo ha detto...

hahahahaha!!! XD
Grappa, mi sa che Hag passa qualcosa anche a te... sei più prolifico che ai tempi d'oro...

e a Paolucci glielo vogliamo dare il suo momento di gloria?

ziomente ha detto...

Sicuri che richiami a se' il suo popolo col cellulare, e non invece con grida belluine proprie di quella tribu` di subumani che i conquistatori chiamarono in seguito "crappy hunchbacks", o "jorobados de mierda" a seconda della propria lingua madre?

Paolucci e` per le ultime scene di battaglia col coltello fra i denti. O coi denti e basta, che facciamo prima =D

fedeintersr93 ha detto...

Siamo sicuri ke blancos non kiami Bettegus????

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