Contro le tradizioni non c’è nulla da fare. La storia vuole che, in Champions, l’Inter prenda gol al primo tiro in porta degli avversari, che spesso assume la forma di un gran bel colpo di culo. La storia vuole anche che Shevchenko, l’uomo che l’anno scorso ha trascinato il Milan nelle amichevoli in Albania, trovi sempre il modo di romperci i coglioni.
Nessuna sorpresa, quindi, quando (quindi quando? come sono peggiorato) il tiraccio scagliato dallo stinco di Sheva viene deviato da Cambiasso e si trasforma in un pallonetto perfetto, che va ad infilarsi nell’unico spiraglio esistente tra le mani di Julio Cesar e la porta. Niente di strano: ci siamo abituati, ormai. D’altra parte, l’ultima volta che siamo andati in vantaggio in Champions è stato contro l’Anorthosis a San Siro, grazie ad Adriano (rendetevi conto).
Dopo il gol, mentre la fauna del sottobosco prepara Champagne e rinfreschi, inizia il solito copione: scazzo collettivo, apparente sovrumanità degli avversari, un tiro dei nostri verso la porta accolto come un evento memorabile.
Finito il primo tempo, inizia un nuovo appuntamento con le tradizioni. E’ risaputo, infatti, che un “giornalista” prematuramente imbiancato abbia lo straordinario potere di far smentire dalla realtà ogni sua qualsivoglia considerazione.
In uno dei più memorabili collegamenti dallo studio Rai di tutti i tempi, il genio di cui sopra, con la solita maestria, dichiara “Mi auguro che Sneijder venga sostituito”. In quel preciso momento, a duemila chilometri di distanza, in Wesley scatta qualcosa: le stelline cominciano a girargli intorno, Diego gli appare dinnanzi e gli accarezza il piede destro con la bacchetta magica, sussurrandogli “ora va, e diffondi il mio verbo”. Zanetti (che, essendo all’Inter da quei due o trecento anni, sa come funzionano le cose), vedendolo, intuisce all’istante ed urla “Zazzaroni deve aver detto che Wesley ha fatto cagare! E’ fatta!”.
Dall’inizio del secondo tempo, come volevasi dimostrare, uno straordinario Sneijder elargisce assist prelibati che però nessuno riesce a sfruttare. Pali, traverse, tiri fuori di un millimetro, errori incredibili: il pallone non vuole entrare. Un incantesimo misterioso, un qualcosa di perverso, impedisce ai nerazzurri di segnare anche un solo misero golletto. Il portiere avversario non si getta esanime al suolo, nessun nostro centravanti segna venendo colpito per caso da una punizione calciata alla cazzo. A niente serve un’Inter strepitosa, carica di rabbia e di furore agonistico, il pari non arriva e l’eliminazione è ad un passo.
Fortunatamente, quando mancano solo undici minuti alla fine, Mourinho si ricorda che, da quando ha posato le sue chiappe sulla panchina dell’Inter, la storia ha sempre parlato chiaro. In quest’anno e qualcosa, tutte le sconfitte (a parte quella col Manchester, ma vabbè, lì era tutto troppo compromesso) hanno avuto un comun denominatore: l’assenza di Muntari. Con Sulley in campo fino al termine della gara, il fischio finale non può regalare nient’altro che gioia, sorrisi, amore. Josè, memore di tutto questo, decide che è ora di rispolverare il talismano e mandarlo in campo a fare sfracelli. Il cambio Muntari-Samuel è il capolavoro dell’anno, una roba che Materazzi sportellatore, in confronto, è la mossa De Ceglie per Trezeguet.
Col numero undici in campo, succede l’incredibile: arriva, finalmente, un po’ di culo. Milito sgancia una pietta col sinistro spiazzando Bubosh (o quel che è) e fa esplodere le tiroidi di tutti gli interisti esausti davanti alla tv, ma è quello che sta per accadere che sconvolgerà nel profondo il popolo nerazzurro. Gli straordinari poteri di Muntari e Zazzaroni si fondono, Mario fa un magia, Sulley spara un diagonale che Bubosh respinge alla Dida di qualche settimana fa, Milito ci crede anche se la palla è quasi uscita (sono ancora commosso), respinte, fracasso, arriva Sneijder e piazza il 2-1. Miliardi di spermatozoi si levano al cielo, un magone terribile se ne va affanculo, niente ha più importanza se non sfogarsi per questa serata pazzesca.
E’ una goduria insana, nuova, bellissima, dettata dalla consapevolezza di tifare l’unica squadra al mondo capace di imprese come questa. Vincere una partita in tre minuti, dall’86esimo all’89esimo, dopo aver passato quaranta minuti a cercare di infilare un porta stregata, è un qualcosa che solo l’Inter può fare. Nessuno è capace di logorare così tanto i propri tifosi per poi farli esplodere tuttauntratto, quando ormai sono quasi rassegnati alla catastrofe. Nessuno può passare da ultimo a primo in tre minuti. Nessuno.
Si sa, dare di pazzo all’improvviso è nel DNA di questa squadra. Abbiamo avuto modo di scoprirlo in questi anni passati a condividerne gioie e sofferenze, ma ancora non ci abbiamo fatto l’abitudine, ce ne sorprendiamo tutte le volte. Eppure è una tradizione.
L’ho detto, io. Contro le tradizioni, non c’è nulla da fare.
P.S.: Magari per una tradizione, quella che ci vuole liberi il mercoledì sera da febbraio in poi, uno strappo alla regola si potrebbe anche dare.
P.S.2: Florentino, Valdano, non ci capite davvero un cazzo. Detto così, in amicizia, eh.
P.S.3: il party del sottobosco è stato rovinato. Peccato.
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