lunedì 10 dicembre 2012

L'ENTRATA A SANDWICH

lunedì 10 dicembre 2012 1

E’ tardi, Repice alla radio annuncia che Guarin farà parte dei tre d’attacco e so che devo muovermi, che manca pochissimo all’inizio. Parcheggio lontano dal circolo per non rischiare di vagare alla ricerca di un posto e comincio a correre. L’aria è piacevole, profumata, e intorno a me un placido silenzio irrora la notte. I miei passi rimbombano nella via, il loro rintocco regolare è l’unica colonna sonora che mi accompagna verso la meta.
Poi svolto l’angolo, e con l’apparire del circolo il sottofondo musicale della notte cambia. Una spessa coltre di chiacchiericcio, un coro di voci concitate udibile a distanza di decine di metri ricopre l’intero edificio, che ribolle come nelle grandi occasioni, come non accadeva da tempo. Il circolo rompe il silenzio della notte e parla. Dice la sua, e lo fa a gran voce.
Mi fiondo dentro, i posti sono più o meno tutti già occupati. Non c’è il tutto esaurito ma quasi, come sugli spalti di San Siro. Mi siedo in terza fila e, ancor prima di iniziare a seguire la partita, mi guardo intorno. Come tutto lasciava presagire, i big sono presenti, al completo, e a pochi metri da me posso già scorgere in tutta la sua grazia un Briatore tirato a lucido. E’ isolato dal resto degli spettatori: ricopre una posizione anarchica, largo a sinistra alla Ronaldinho, libero di inventare senza vincoli tattici. Intorno a sé ha quattro sedie vuote, tutte a suo uso e consumo: una per un gomito, una per una gamba, un’altra per il giubbotto ed un’ultima da usare come jolly.
Il tizio più vicino a lui è un intrigante soggetto di cui non ho mai parlato e che merita un’introduzione. Si tratta di un vecchio dal baffo bianco che solleva più di un interrogativo. Come prima cosa, non tifa per l’Inter, ma bensì per la Fiorentina; tuttavia, non si perde una nostra partita, probabilmente affascinato dalla fauna del circolo. Che il suo interesse sia dirottato più verso i commenti degli avventori che sulle partite si evince anche dal fatto che il Baffo si siede sempre all’estrema sinistra della sala e pressoché a ridosso del maxischermo. In pratica, non vede un cazzo di quel che succede nell’80% dell’inquadratura. Inoltre, è solito calzare dei conturbanti collant, come testimonia questo importante contributo grafico.
Rizzoli fischia l’inizio della gara, e gli uomini più attesi, sia in campo che al circolo, si dimostrano subito in partita. Pochi secondi dopo, infatti, Pereira tenta una discesa sulla sinistra e Maiho, rimasto orfano del suo faro, irrompe nel match coniando un leggendario soprannome per l’esterno uruguaiano:
“Vai,
CERNIA!”
L’associazione Pereira-Cernia scatena l’entusiasmo generale. Privato del suo passatempo preferito, dopo aver cercato invano di trovare un erede del suo eletto (nelle prime partite era tentato da “Guarinne”, ma era il classico chiodo schiaccia-chiodo, e non poteva durare: dopo un paio di settimane già lo insultava con meno intensità. Uno come Maicon non lo ritroverà più), il nostro Maiho dimostra con questa trovata di aver voltato pagina.
La Cernia, infatti, è un successo. Lehalo è entusiasta ed inizia a ripetere “Cernia, cernia”, sorridendo giocondo. Nel giro di pochi minuti, il nuovo soprannome è già sulla bocca di tutti.
All’ottavo minuto, Guarin sblocca la partita con un bel gol su schema da angolo, ma ad accendere davvero l’atmosfera è un presunto rigore per fallo di Britos su Cassano (che poi cozzerà contro Cannavaro rimanendo a terra). L’intero circolo, anche dopo diversi replay chiarificatori, sembra insorgere richiedendo a gran voce la massima punizione, nonostante l’intervento di Britos sia pulitissimo.
L’intero circolo..anzi, no. A ben guardare, in pochi si stanno lamentando.
Anzi, c’è solo uno che urla, anche se fa casino pure per gli altri settanta.
Briatore, animato da qualche misteriosa forza, si alza in piedi, si sbraccia, punta il dito verso Rizzoli, impreca. Invoca il rigore a squarciagola, lo pretende, lo esige. Un tifoso del Napoli alle mie spalle gli urla che Britos ha preso la palla, lui si gira e con grande severità lo ammonisce:
“Hanno fatto l’entrata a SANDWICH!”,
dimostrandosi molto orgoglioso del modo in cui ha definito l’intervento dei due difensori napoletani. Il malumore, però, monta: Cassano (il suo pupillo) è a terra dolorante, e lui continua a ripetere che quei due sono entrati a sandwich, e che quando si entra a sandwich bisogna fischiare il rigore. Questa storia del sandwich sembra essere molto importante, e chi lo contraria viene zittito a gran voce. Da fondo sala qualcuno, con aria saccente, esclama
“lo sai icchell’è i sandwich?…”
quasi ammiccando, e lasciando la frase in sospeso come se stesse per completarla con qualche affermazione importante e maliziosa.  Nient’altro, però, viene aggiunto, e Briatore può così replicare
“chetati te, ti garba il pulendone, tu sei rimasto alla polenda”
zittendo il suo interlocutore, che accusa il colpo.
Nel frattempo, le discussioni sul rigore proseguono, con ognuno che dice la propria. Briatore, dal canto suo, è di secondo in secondo sempre più indignato. Il vecchio col baffo bianco e le calze gli intima di smettere di urlare, lui gli dice “IO VOCIO QUANTO MI PARE!”, e si toglie la giacca.
Ormai è scatenato, niente può fermarlo. Ne ha per tutti, è incontrollabile, ingestibile. Il rumore delle sue urla copre nettamente l’audio di Sky, e dal fondo uno spettatore, indispettito per tutto quel frastuono, si lamenta gridando
“SILENZIO, UN CI SI VEDE!!”,
che in effetti non fa una grinza.
Le proteste continuano, finché, a un certo punto, Pereira prende palla sulla sinistra e parte in progressione.
ECCO LA CERNIA!”, urla Maiho. Pereira salta Maggio, punta Gamberini e supera anche lui sullo slancio. In sala è il tripudio. “Brava Cernia!!!”, “è partita la Cernia!”. Parte il cross, Zuniga respinge, Guarin mette giù splendidamente mandando a vuoto Behrami e verticalizza per Milito, che controlla e mette dentro.
La gioia è incontrollabile. Briatore fa saltare il tappo ed esplode, completamente impazzito. Si alza, agita i pugni, urla “AHHHHHHHHHHHHHH”, sembra Cecchi Gori sulla balaustra. Poi si gira verso il tifoso napoletano che prima aveva osato confutare la sua teoria del sandwich e gli si rivolge gridando
“TTTTIE’!! TTTTIE’! [gesto dell’ombrello reiterato] TTTTIE’!”
e poi, perdendo definitivamente la brocca
“METTITI A PECORA TE LO BUTTO IN CULO!!! METTITI A PECORA!!!!”
il tifoso napoletano rimane sbigottito, noi cadiamo dalle sedie in estasi per un Briatore a livelli mai visti. Nel mentre, Lehalo e Maiho elogiano la percussione della Cernia, nuovo idolo di casa.
Gli animi rimangono incendiati. Il Napoli prova a reagire e si rende subito pericoloso con Insigne che pennella di poco a lato. Dopo i propositi di sodomia, Briatore ha il cuore in gola e continua ad agitarsi. Si gira verso di me e dice “qui gl’è roba da pazzi”, sbuffa, si volta all’indietro cercando chissà cosa.
Il Napoli costruisce, Insigne e Cavani sono minacciosi, ma Briatore ha ancora un chiodo fisso che lo tormenta. Mi guarda e, con aria delusa, mi fa“vengono a vedere le partite e non sanno nemmeno i’ regolamento, lo sanno anche i bambini che giocano all’oratorio che quando c’è la chiusura a sandwich…”,
lasciando la frase in sospeso per dare drammaticità al tutto. Quel sandwich non riesce proprio a levarselo dalla testa.
Intanto, la telecamera indugia su Cavani, ed un altro abituale avventore che non ho mai introdotto (e che necessiterebbe di un intero post a lui dedicato), con il suo caratteristico accento napoletano, gli urla
“mi fai shhchif, sembri un indiano! Questo fa il travestito a Napoli!”,
e, orgoglioso della sua brillante battuta, si guarda intorno con un sorrisetto sprezzante. Quando Cassano prende palla, poi, si auto-insulta esclamando “facciamogli il culo a questi marocchini dimmerda, a questi napoletani”, e in sala tutti si pongono diverse domande.
In tutto questo, Briatore non riesce ancora a darsi pace. Ripete più volte “che tensione che c’ho, che tensione”, e poi, in uno scatto bauscia, si alza in piedi e afferma
“meno male son dell’Inter”
[trad.“meno male tifo per l’Inter”]
e per questo tutti lo ringraziamo molto. Fortunatamente, pochi secondi dopo Rizzoli fischia la fine del primo tempo, concedendo al Mattatore della serata una meritata pausa. Il nostro eroe lascia la sua postazione dicendo “gl’ha ragione i’Berti (Berti=Maiho), gl’ha ragione i’Berti”, anche se “i’Berti” non aveva detto assolutamente niente.
Termina così un primo tempo storico, di un’intensità inaudita, mai vista. Io e gli altri abitué siamo con le lacrime agli occhi da 45 minuti. La partita, pur bella, è passata completamente in secondo piano, e davanti a noi abbiamo ancora quella faccia indemoniata che urla “TE LO BUTTO IN CULO!”, e la Cernia che scatta sulla fascia.
Saliamo a prendere un po’ d’aria, ma nemmeno durante l’intervallo c’è un po’ di tregua. Ci giungono racconti di uno scambio di battute tra i big: Briatore sarebbe andato da Maiho con fare baldanzoso, dicendogli “Hai visto come gliel’ho detto, a quel pulendone?”. Di seguito il resto del dialogo:
M: “Stai attento, quello gl’è cattivo”
B: “M’importa una sega a me!”
M: “Gl’è anche venuto un infarto, pochi mesi fa”
B: “Allora gl’è più di qua che di là, m’importa una sega a me” [seguono “EH, EH” compiaciuti]
Quando rientriamo in sala sono già tutti in postazione. Briatore sembra molto colpito dalla pubblicità del sito “segugio.it”, tanto da ripetere più volte “segugio, segugio”; poi, all’ennesima stucchevole replica dello spot con Marcorè nei panni di Dante si gira verso di me e dice (indicando Virgilio) “Bada com’è gl’è brutto quello!”, accompagnando l’esclamazione con la sua personale imitazione di Virgilio: espressione trasognata, occhi chiusi, sguardo al cielo e sorriso beato, con una mano che passa tra i capelli. Noi scoppiamo a ridere istericamente, lui si imbarazza un attimo e, per la novecentesima volta in otto anni circa, mi chiede “ma te sei per l’Inter?”. Riprende posto anche Maiho, che si siede esclamando “ovvia giù, ora si vede icchè fa la Cernia”.
Inizia il secondo tempo. Il canovaccio è sempre lo stesso: il Napoli preme, noi ci difendiamo con ordine e proviamo a ripartire. Sugli sviluppi di una ripartenza orchestrata dalla Cernia, Cassano colpisce il palo e Briatore, ad un passo dall’estasi, si mette le mani nei capelli, poi torna ad agitarsi e ripete per la seconda volta “Meno male son dell’Inter”. In seguito, rivolto ancora al baffo bianco che si stava lamentando,  ribadisce il suo “IO VOCIO QUANTO MI PARE!”, con la tensione tra i due che sale visibilmente.
Il gol di Cavani, che arriva poco dopo, accende ulteriormente la partita e gli animi in sala. Ora il Napoli preme forte, ma i nostri non sbandano anche se rinunciano quasi completamente ad attaccare.
Alla relativa tranquillità dei nostri difensori fa da contraltare l’inquietudine del pubblico. I nervi sono a fior di pelle, basta un nonnulla per scatenare il putiferio.
La scintilla la fa scattare una (pur corretta) segnalazione del guardalinee, che giudica fuori un passaggio di Nagatomo a Milito sulla fascia destra. Briatore insorge ed urla “ERA DENTRO! ERA DENTRO!”, con il cuore colmo di rabbia per l’ingiustizia subita. Baffo Bianco pensa male di contraddirlo, affermando che la palla, al contrario, era uscita; Briatore, a questo punto, non ci vede più. Si alza lanciando via la sedia dove teneva il suo gomito, va muso a muso con Baffo e gli vomita addosso tutta la sua rabbia.
“ERA DENTRO! ERA DENTRO! MA CHE GUARDI! ERA DENTRO”, urla in faccia al suo avversario, scaldandosi di più ad ogni parola. Il Baffo contrattacca, Briatore è fuori dalla grazia di Dio. Volano parole grosse. Indignato, il Mattatore continua ad urlare, poi si allontana, raccoglie il giubbotto, dà un calcio alla sedia jolly facendola cadere fragorosamente e se ne va con passi decisi. Tutti seguiamo il suo incedere col fiato sospeso, sperando che non abbandoni la sala. Fortunatamente, il nostro desiderio viene esaudito: il mattatore si posiziona sul fondo, dove comincia a vagare nervosamente, come una tigre in gabbia.
La partita, nel frattempo, prosegue, regalandoci il sussulto più forte dell’intera serata. Su azione da angolo, Hamsik dribbla un inerme Gargano e mette in mezzo. Pereira azzecca la diagonale ma, al momento di spazzare via, si tira il pallone sul braccio e rischia un clamoroso autogol, lasciando tutti col fiato sospeso.
Dopo diversi secondi di apnea, Lehalo, non più tenero nei confronti dell’uruguagio, esclama “Cernia maledetta!”. Briatore sbuffa a fondo sala, e lo si può sentire ancora in preda allo spavento mentre dice “mi s’è fermato il cuore”. Manca poco ormai, ma dopo il rischio di Pereira c’è il timore di subire il gol del pareggio. Il pubblico se la prende con Gargano, che, già non dotato di piedi vellutati, dopo aver macinato chilometri ha perso anche di lucidità. All’ennesimo passaggio sbagliato, Lehalo sbrocca e gli riserva parole di fuoco:
“ritorna a Napoli, accidenti a te e a Garibaldi
La partita termina, e il fischio finale viene salutato con grande approvazione. Facce stanche ma contente ci circondano quando le luci della sala si accendono e tutti guadagniamo l’uscita, ancora ebbri per lo straordinario spettacolo al quale abbiamo assistito. La Cernia, il sandwich, il tifoso napoletano a pecora, il calcio alla sedia, Garibaldi e tutte le altre perle rappresentano quanto di più straordinario si sia visto al circolo negli ultimi anni, e rileggendo gli appunti realizzo di avere in mano una pagina di storia.
Fuori, nell’aria ancor più pungente di quanto fosse un paio d’ore prima, il silenzio torna lentamente a farla da padrona. Il circolo ora tace, riprendendo fiato dopo aver dato il meglio di sé. Le chiacchiere post partita svaniscono rapidamente nel nulla, e tutti si allontanano, consci che, dopo quei novanta minuti di fuoco, non c’è davvero altro da aggiungere.
Mentre cammino verso la macchina, oltre ai miei passi, sento, in lontananza, anche lo sferragliare della catena di una bicicletta, che vedo allontanarsi lentamente. Anche se non riesco a distinguere nitidamente il guidatore, c’è qualcosa, in quella figura, che la rende inconfondibile ai miei occhi.
Buonanotte, Briatore.
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martedì 26 giugno 2012

L'AQUILONE DI VLADIVOSTOK

martedì 26 giugno 2012 2


Il campionato è finito da un mese abbondante e, come ormai da tradizione, è iniziato il braccio di ferro sul mercato tra Inter e Genoa. Dopo i tre mesi di frenetici incontri dell’estate 2010 per portare in nerazzurro Beppe Sculli ed i bollenti tête-à-tête dello scorso anno tra Branca e Capozucca per trattare l’accoppiata da sogno Kucka-Palacio, anche quest’anno l’estate ci sta regalando un’appassionante trattativa-fiume sull’asse Genova-Milano, che rende più frizzanti le nostre giornate con i suoi sensazionali risvolti. Si tratta dell’assalto dell’Inter a Mattia Destro, vero e proprio oggetto del desiderio della dirigenza nerazzurra che, da più di un mese a questa parte, sembra ogni giorno in procinto di riportare a casa il centravanti dell’under 21.
Inutile dire che anche quest’anno la trattativa sarà infinita e che Preziosi non mollerà mai, rifiutando anche la micidiale offerta della disperazione che Moratti formulerà alle 18.50 del 31 agosto nel cesso dell’AtaQuark Hotel: 28 milioni in bond svizzeri, la comproprietà di Zanetti, un set di coltelli Miracle Blade ed un cesto di rusticani acerbi, dei quali Capozucca va assai ghiotto. Dopo le strenue resistenze estive ed i primi tre mesi di campionato, Destro verrà poi ceduto al Novara nella sessione di gennaio in cambio di un’opzione morale su Porcari, nell’ambito di una probante trattativa durata lo spazio di un rutto.
Giunti alla terza edizione della telenovela estiva Inter-Genoa, possiamo dire di averne ormai individuato i punti cardine, ed abbiamo già modo di tracciare, non senza pretese di esattezza, la trama ed i personaggi della prossima estenuante trattativa tra Moratti, Branca e la dirigenza genoana.

L’affare Barakković

Nel gennaio 2013, con un blitz di mercato, Preziosi si assicurerà le prestazioni di Myškin Barakković, gigantesco centravanti siberiano dello Spartak Durazzo costato 90€ più le spese di spedizione. Nativo di Vladivostok, alto due metri e venti e pesante centotrenta chili, è famoso in patria per aver attraversato la Transiberiana sui trampoli, e per aver scalato il K2 saltando a piedi uniti. La stampa russa ne tesse le lodi da anni, e gli addetti ai lavori lo considerano l’erede di Andrij Shevchenko, Maria Sharapova e Lev Tolstoj.
Dopo un lungo volo, Barakković atterra a Genova sconvolto da una sbronza colossale ed aggredisce tifosi e giornalisti, prende a calci due cani, cattura e scuoia una lepre e poi sviene in una pozza di vomito. I giornalisti si scatenano subito, definendolo “La minaccia siberiana”, “Il buzzurro dell’Est” e “Il roditore della steppa”. Moratti, vedendo le immagini in tv a pranzo, manda di traverso il boccone dallo stupore, e rimane notevolmente colpito.
Nonostante l’inizio difficile, lo staff medico del Grifone giudica il nuovo acquisto pronto ad esordire nella prima gara utile. Siamo al giro di boa del campionato: il Genoa, nonostante la presenza in rosa di centinaia di calciatori su cui  sono puntati gli occhi dei club di tutta Europa, è ultimo in classifica per distacco, e la panchina di mister Aldo Agroppi – nono allenatore della stagione – vacilla non poco. Per la prima sfida del nuovo anno a Marassi è attesa la Juventus capolista, infarcita di top players acquistati in estate come Van Persie, Suarez, Djalma Santos, Gigi Riva, Pippo Baudo e Snoop Dogg. Si annuncia un testa-coda da brividi.
Nella settimana che precede l’incontro, i giornali caricano la sfida di aspettative. A Genova non si parla d’altro: in particolare, c’è grande attesa per l’esordio del nuovo acquisto rossoblù, che dopo lo spettacolo offerto all’aeroporto ha spaccato in due l’opinione pubblica. Nei bar della città Barakković è l’uomo più discusso: alcuni giurano di aver seguito l’intera stagione dello Spartak Durazzo e lo descrivono come un autentico fenomeno, altri invece raccontano di averlo visto presentarsi all’allenamento di rifinitura in tenuta da fantino, e che quando mister Agroppi gli ha passato il primo pallone lui l’ha raccolto da terra, l’ha fissato attentamente e gli ha dato un morso, per poi tornarsene negli spogliatoi.
La settimana di polemiche, pur accesissime, tocca però l’apice di intensità solo il giorno della vigilia. Nello stupore generale, infatti, Barakković si presenta in conferenza stampa con fare spavaldo, agghindato da gentiluomo dell’ottocento. Il madornale attaccante si sistema occupando tre sedie, si sfila la tuba ed inizia a bere da una fiaschetta tirata fuori dal frac. Dopo cinque minuti di trangugio ininterrotto, Barakković getta con violenza la fiaschetta sul pubblico ferendo l’addetto stampa, e poi inizia una veemente dissertazione in dialetto bulgaro strettissimo, durante la quale si alza in piedi urlando e sbattendo a più riprese i pugni sul tavolo. La sala stampa è annichilita, i giornalisti si guardano tra di loro sbigottiti. A un certo punto, un tale cerca di interrompere il soliloquio e Barakković , in tutta risposta, gli si avventa contro e lo azzanna. Ne nasce un parapiglia generale, durante il quale l’ariete siberiano semina vittime e si sgualcisce irrimediabilmente la giacca con baschina e persino l’elegante panciotto di panno. Solo l’intervento di Capozucca, che spara sul collo dell’iracondo tre sedativi per orsi, evita che la faccenda degeneri ulteriormente.
Il video della conferenza viene diffuso dagli organi di stampa di tutto il mondo. Un traduttore svela il reale contenuto delle dichiarazioni del giocatore genoano: Barakkovic, trockijsta di formazione, nel suo soliloquio si è lanciato contro la Juventus definendola “proiezione sportiva di un capitalismo degenerato”, apostrofando inoltre Agnelli come “epigono da strapazzo di una dinastia di terroristi”; il capitano bianconero Buffon, poche ore dopo, risponde per le rime, ribadendo a brutto muso che lui con i suoi soldi fa quello che gli pare, che ha fiducia nella magistratura e che contro quel Trockij ha giocato una semifinale di Intertoto ai tempi del Parma e lui non era nemmeno un granché.
Moratti segue con attenzione il diverbio in tv, e chiama eccitatissimo Paolillo in piena notte.
Finalmente, dopo tante chiacchiere, arriva il giorno della partita. Agroppi non rischia il nuovo acquisto dal primo minuto e presenta una formazione prudente, mentre Conte schiera Gareth Bale a sinistra e Barack Obama in mediana. La gara inizia, con la Juve che chiude gli avversari nella loro area ed inizia un bombardamento verso la porta genoana senza soluzioni di continuità. Pali e traverse si susseguono durante tutti i primi 45 minuti, ma la porta rimane inviolata ed il primo tempo termina miracolosamente in parità.
Pochi minuti dopo l’inizio della ripresa, Agroppi decide di giocare la carta Barakković. Accompagnato da urla e cori dei tifosi scatenati, il colosso siberiano  si alza, percorre una decina di metri, si fa apparecchiare un tavolo da uno dei suoi assistenti e fa riscaldamento con una porzione da 12 di acciughe alla povera, accompagnate da un micidiale vin brulé siberiano. Terminato il pasto, si pulisce la bocca con un braccio e sfodera un rutto inaudito, con il quale interrompe un’azione di contropiede e zittisce tutto lo stadio. Subito dopo, si toglie la pettorina e si presenta al cospetto del mister. E’ il 65esimo, la partita ancora non si sblocca ed il Genoa adesso preme, alla ricerca di una vittoria che potrebbe rilanciare le speranze di salvezza dei liguri.
Arriva il momento tanto atteso: il quarto uomo solleva il tabellone e Barakković entra in campo rilevando uno spento Gilardino. Il suo ingresso viene accolto con un’ovazione da parte del pubblico, scaldato da una settimana di dichiarazioni al vetriolo ed impaziente di conoscere le vere potenzialità del granatiere acquistato da Preziosi.
Il gioco riprende e, mentre i compagni dialogano sulla trequarti, Barakković si avvia con fare noncurante verso l’angolo alla sinistra del proprio portiere. Giunto in prossimità della bandierina, si siede, si mette a braccia conserte e chiude gli occhi, rimanendo immobile.
L’intero stadio è esterrefatto. Barakković non si muove, immerso in uno stato di catalessi irreversibile. I tifosi iniziano ad inveire, mentre i compagni cercano invano di scuoterlo e di farlo alzare. Dopo 5 minuti dal suo ingresso, il carro armato sovietico non ha ancora mosso un muscolo: i supporters genoani si accalcano nella zona dell’angolo e, inferociti, gli scagliano addosso accendini, bottiglie, panini al prosciutto e persino un bidet di ceramica di ottima fattura. Agroppi è paralizzato, ha già esaurito i tre cambi e non sa che pesci prendere.
La Juventus, grazie alla superiorità numerica, ricomincia ad attaccare, conquistando un angolo da battere proprio dalla bandierina dove giace il buddha siberiano. Constatata l’impossibilità di spostarlo da lì, Pirlo posiziona il pallone sulla testa di Barakković e batte l’angolo in sforbiciata, sfiorando la traversa.
Si arriva al 90esimo. Il Genoa si lancia in avanti, e dopo una mischia in area conquista un rigore. Tutti i rigoristi sono però indisponibili, e nessuno sembra decidersi a battere la massima punizione. Mentre i compagni discutono, Barakkovic finalmente si alza, si scrolla di dosso panini e bidet ed inizia a correre, con lo sguardo di chi sa quel che sta facendo. Tutti gli spettatori seguono con trepidante attesa il suo percorso: l’ariete genoano, contrariamente alle aspettative del pubblico, disegna però una precisa traiettoria a semicerchio, arriva all’angolo opposto a quello che aveva precedentemente occupato e si siede di nuovo. Agroppi stavolta impazzisce ed entra in campo prendendolo a calci, venendo espulso dal direttore di gara.
Sul dischetto alla fine va Granqvist, che calcia alto e spedisce il pallone a Ventimiglia.
L’arbitro concede quattro minuti di recupero. Le squadre, ormai stanche, sembrano accontentarsi del pareggio, e l’ultimo tentativo del Genoa si risolve in un tiraccio da lontano terminato abbondantemente alto. Buffon posiziona il pallone sul vertice dell’area piccola e calcia un lungo ed altissimo rinvio, destinato sul cerchio del centrocampo. Mentre in molti abbandonano anzitempo lo stadio, alcuni tifosi si voltano in direzione di Barakković per controllare se si alzerà almeno dopo il fischio finale, e con grande stupore notano che il centravanti siberiano non c’è più. In quel momento, nello stadio risuona un sinistro ed insistito sbuffo, identico a quello delle vecchie locomotive a vapore. Qualcosa, avvolto da una spessa coltre di fumo, avanza sul terreno di gioco a folle velocità: è Barakković, che dopo una rincorsa di 60 metri sale in cielo e sfonda la porta avversaria con un pauroso colpo di testa da metà campo, atterrando direttamente sulla gradinata nord. Lo stadio, dopo un paio di secondi di iniziale smarrimento, esplode in una gioia incontrollata. I compagni cercano Barakković per abbracciarlo, ma il suo atterraggio sulla gradinata è stato talmente violento da sfondare gli spalti e fargli proseguire il volo fin sulla terrazza di un locale situato a circa 400 metri dallo stadio, dove il match-winner sta cominciando già ad allungare le mani su una cavallona svizzera. Agroppi, che ha rassegnato le dimissioni venti minuti prima del gol, non si è accorto di niente e in quel momento sta mangiando una rustichella fredda in un autogrill sulla Genova-Livorno.
Il giorno dopo i quotidiani esaltano l’impresa di Barakković, definendolo “L’aquilone di Vladivostok”, “La locomotiva del gol”, “Il Gorbaciov dell’incornata” ed anche “L’avvenente fusto”. Moratti, intervistato all’uscita della Saras, alle domande sull’ariete siberiano arrossisce visibilmente e tenta a fatica di mascherare una sporgente erezione.
Dopo una settimana in cui il suo volto appare su tutte le copertine, la domenica successiva il Genoa ed il suo debordante centravanti vanno a far visita proprio all’Inter. San Siro è teatro di una cruenta battaglia, decisa da un altro colpo di classe del bombardiere genoano. Al 70esimo, infatti, Barakković decolla dopo uno spiovente in area, ergendosi in cielo fino a raggiungere l’altezza della tribuna d’onore; una volta lassù, scambia con Moratti un intenso incrocio di sguardi, e poi atterra colpendo il pallone col membro ben eretto usato a mò di mazza, insaccando il gol della vittoria.
Da lì in poi è un crescendo continuo: Barakković è inarrestabile, e nessuno riesce a fermarlo. Nel derby contro la Samp, ricadendo a terra dopo una delle sue ormai leggendarie elevazioni, riporta la frattura scomposta del bacino e di entrambi i femori, ma resta in campo e segna il gol decisivo strisciando sui gomiti.
Moratti è pronto a fare follie, ma Branca ne smorza l’entusiasmo, cercando di convincerlo che un simile scherzo della natura mal si sposerebbe col progetto che ha in mente di affidare a Bortolo Mutti, per il quale sono richieste personalità meno invadenti. Il patron nerazzurro però non ci sente, e già prima che finisca il campionato intavola la trattativa con Preziosi. I giornali si scatenano: l’indomani la Gazzetta titola “Inter, già fatta per Barakković”, svelando i particolari di una trattativa risoltasi nel giro di poche ore, mentre il Corriere dello Sport si spinge un po’ più in là affermando che lo spropositato centravanti russo avrebbe già sostenuto le visite mediche alla Pinetina facendo esplodere il dottor Combi. Tuttosport invece apre con una foto che ritrae Marotta e Barakković in atteggiamenti compromettenti, con titolo “AMAROTTALO!”, consueto geniale gioco di parole della redazione.
Nel frattempo il campionato termina, con Barakković che si laurea capocannoniere con 43 reti, 14 delle quali realizzate senza nemmeno scendere in campo. La trattativa entra nel vivo, ed ogni mattina i quotidiani sportivi pubblicano gli stessi articoli del giorno precedente, solo invertendo le parole e usando sinonimi. Ad esempio, il titolo della Gazzetta diventa “Per Barakković all’Inter è già fatta!”, mentre secondo il Corriere il professor Combi sarebbe saltato in aria dopo aver tentato di operare un controllo medico sul fisico di un attaccante proveniente dal freddo Est. Tuttosport invece cambia linea e pubblica una serie di articoli secondo i quali la Juve sarebbe ad un passo dall’acquisto di Gastone Paperone.
Passano i giorni, e quella che doveva essere una trattativa-lampo sembra invece destinata a protrarsi a lungo. Preziosi afferma a più riprese che con l’Inter non c’è stato niente più di un contatto, e che ancora non ha ricevuto un’offerta seria; Moratti annuncia un mercato intelligente, anche se giura che è pronto ad investire molto per costruire una grande Inter; Branca e Capozucca ricominciano ad incontrarsi regolarmente, ed una sera vengono fotografati insieme al Plastic.
A fine giugno, si giunge ad un’altra delle tappe-chiave delle trattative Inter-Genoa: l’inserimento della Roma. Secondo i giornali, infatti, il nuovo allenatore scelto per guidare il progetto giallorosso, Beppe Grillo, avrebbe richiesto fortemente l’acquisto di Barakković, ritenendolo fondamentale per i suoi schemi rivoluzionari. L’offerta della Roma, ritenuta a più riprese “impareggiabile”, consisterebbe in 400 chili di metanfetamina purissima, più una Focus con servosterzo ed i territori dell’Istria e della Dalmazia. Moratti, dopo aver affermato che “a questi prezzi non ci stiamo”, annuncia un mercato di basso rilievo, ricordando che i soldi mancano e che è impossibile competere con chi ha più risorse, ma continua a lavorare sottotraccia con Preziosi. Branca e Capozucca, nel frattempo, vanno a convivere in un loft in zona Navigli.
Durante luglio la trattativa entra in una fase di stallo. Di quando in quando, sul web si sparge la voce di un forte interesse di una banda di sceicchi per il gioiello genoano, che intanto ha fatto ritorno in Siberia dove si è chiuso in un profondo letargo che, a meno di sorprese sul mercato, dovrebbe durare circa otto mesi. Raggiunto al bagno Piero, Moratti dichiara che in fondo la squadra è praticamente a posto così, che aver trattenuto Nagatomo può già considerarsi un successo e che con l’acquisto di Giacomazzi il più è stato fatto. Anche sulla Gazzetta si spengono gli entusiasmi, anche se fra i titoli viene sempre proposto un “Inter in pole per Barakković”, mentre il Corriere e Tuttosport divagano scambiandosi notizie e mischiandole: i primi annunciano le visite mediche di Marotta a casa di Gastone, mentre i secondi escono con una foto di Combi e Barakković che lottano nel fango.
Tutto tace nei primi roventi giorni d’agosto, fino a quando l’Inter non rimedia le prime sonore scoppole nelle amichevoli precampionato. Dopo aver impattato 2-2 con la Dinamo Brennero, i nerazzurri incassano un pesante 3-0 da una rappresentativa di vu cumprà austriaci. Allarmato dalle prime inquietanti uscite stagionali, Moratti si ributta su Barakković, nonostante Branca cerchi di spiegargli in tutti i modi che l’ideale per il modulo di Mutti sarebbe Bonazzoli. Sui giornali ricomincia la consueta tiritera, e le redazioni dei tre quotidiani si mettono d’accordo per uscire ogni giorno con lo stesso articolo, intitolato “Inter Barakković compra”, per non fare troppa fatica, che fa caldo.
E così, dopo l’eliminazione dell’Inter dai preliminari di Europa League ad opera dello Zimbru Chișinău, si giunge alla micidiale offerta delle 18.50 nel cesso dell’AtaHotel. Stavolta Preziosi, dopo aver ricevuto una misteriosa telefonata, accetta e permette a Moratti di coronare il proprio sogno, nonché la prima telenovela estiva dal 2009. Il contratto di Barakković viene subito depositato in Lega, e la presentazione fissata per il giorno successivo, quando un bagno di folla attenderà il fuoriclasse russo nel suo primo giorno da interista.
Purtroppo per Moratti, però, la presentazione non avverrà mai. Barakković verrà ritrovato morto in un albergo di Parigi il mattino seguente, all’età di 27 anni, ufficialmente in seguito ad un errato abbinamento tra il Côtes du Rhône del 2008 proposto dal sommelier dell’albergo ed il gran mix di formaggi di latte di gatta tipici della sua terra.
Finisce così la carriera di uno dei personaggi più controversi della storia del calcio italiano. Moratti, distrutto dal dolore, avrà comunque modo di dimenticare il suo Barakković già nel gennaio seguente, quando Preziosi porterà in Italia Alimorté Mambo, letale seconda punta cresciuta nei sobborghi di Tangeri.
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mercoledì 4 aprile 2012

A TESTA ALTA

mercoledì 4 aprile 2012 3

Il calcio italiano banchetta ormai lautamente con la retorica della testa alta. “Testa alta” è il mantra di qualsiasi sconfitta, di qualsiasi situazione avversa. Basta non prenderne sedici e provarci un po’, ed il mantra inizia ad essere ripetuto.

Finisce la partita e sono tutti lì che aspettano l'inizio della trasmissione, agguerriti. Si guardano negli occhi con aria di sfida. Le mani pronte a scattare. C'è una leggera penombra, ed ognuno si guarda intorno con sospetto, un ghigno sulla bocca, le sopracciglia aggrottate. Appena la sigla termina, schiacciano il pulsante per prenotarsi, con velocità inaudita.

- Buonasera e benvenuti a Novantesimo Cham..

- TESTA-ÀLT!!!!!!, dicono tutti in coro, a velocità supersonica, quasi cadendo dalle sedie.

Sono in apnea da decine di minuti, i muscoli ed i nervi tesissimi.

- Allora Marino che ne pensi di questo Nap

- TESTA-ÀLT!!!!!!

Un urlo strozzato, che attraversa lo studio come un fulmine, che spettina Paola Ferrari, che scuote il baffo di Bartoletti.

Un paio d'ore prima, durante la partita. Dopo trenta secondi di gioco una buona azione, conclusa con un tiro a lato. E' già tempo di

- TESTA-À..

arriva uno da dietro e gli mette un fazzoletto in bocca, ma non basta e devono legarli. I commentatori urlano, si dimenano, perché devono dirlo, devono dire dove sta questa testa.

Me li vedo a casa, in settimana, che si allenano per riuscire ad essere i primi a dirlo nel dopo-partita, in studio. Passeggiano davanti allo specchio, con aria noncurante, poi all'improvviso si voltano di scatto con un movimento repentino e urlano

- TESTA-ÀLT!!!!!!

come De Niro quando chiede se dici a lui, se stai parlando con lui, e poi sfodera la pistola.

La loro pistola è un grido, un urlo che fende l'aria: mentre lo lanciano, fanno pure uno scatto in avanti col collo, per dare enfasi.
Camminata sciolta, fare guascone, poi ad un certo punto giro sui tacchi, sguardo di ghiaccio, indice puntato e

- TESTA-ÀLT!!!!!!

La notte si svegliano di soprassalto, fradici di sudore. Balzano a sedere sul letto, ancora col fiatone, poi scendono e iniziano a correre per la casa, con le mani nei capelli.

- ALTAAAAAA!!!!!! ALTAAAAAA!!!!!!

 

Se prima, per negare l’evidenza, la testa si metteva sotto terra, ora la si innalza quanto più in alto possibile; si inarca il collo, si fanno schioccare le vertebre.

Alla fine, però, che la la si metta sotto terra o per aria, questa testa si fa di tutto per non tenerla in superficie, e vedere quello che realmente ci circonda.

 

Quanto cazzo sono profondo
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giovedì 9 febbraio 2012

Chiunque, con i capelli lunghi ed un po’ di barba, può sembrare Gesù Cristo – vol.2

giovedì 9 febbraio 2012 0

Proprio in quel momento, un uomo basso, calvo, pingue e senza collo fa capolino dal bosco, tenendo in mano un cestino pieno di bacche. Sereno e spensierato, si ferma per un attimo ad ammirare i fiorellini tra l’erba. Passati in rassegna tutti i fiorellini, alza lo sguardo e vede Paperino che cerca di scalare la torre. Il cestino gli cade in terra, le bacche si sparpagliano fra i fiori. “Ci sta provando di nuovo”, pensa l’uomo, che inizia a correre in direzione della torre.

- FERMOOOOO!!  SCENDI DA LI’!!LASCIA STARE IL MIO MAXI!!
- Cielo, il mio carceriere! Sbrigati, mio eroe, sbrigati!!
- Ci sono, ci sono..un attimo solo e..

Il carceriere arriva davanti al cordone e, seppur con qualche iniziale riluttanza, inizia a scuoterlo, per far perdere l’equilibrio a Paperino. Questi, però, è praticamente arrivato: gli mancano solo un paio di metri al traguardo.

- Sì, continua così! – dice la principessa, estasiata, mentre il cordone diviene di secondo in secondo più resistente – Dai, che ci sei! L’ho capito appena ti ho visto che sei un eroe, che sei un papero speciale!
All’udire la parola “papero”, Paperino si blocca di colpo.
- H-h-hai detto…p-papero?
- Certo, sì! Papero! Perché, c’è forse qualcosa che non va? Tu sei un papero, quindi..
- E’ un’anatra, ignorante! – grida Zio Paperone.
- Massì, papero, anatra, cosa vuoi che cambi?
- Eh, cambia, cambia – risponde ancora Zio Paperone.

Paperino è di nuovo in crisi d’identità. Pur essendo ad un passo dal traguardo, non riesce più a muoversi, sconvolto nel profondo. L’essere messo un’altra volta di fronte alla dura realtà di non essere un papero l’ha paralizzato, esattamente come poche ore prima. La ferita era ancora troppo aperta. perché qualcuno potesse infilarci un dito dentro.
“Ora che è fermo, vado a prendere quel paper..cioè, quell’anatra e lo faccio secco”, pensa il carceriere, sguainando un coltellaccio e mettendoselo fra i denti.

- Ehi! EHI! Che vuoi fare! Che vuoi fare con quel coltello?! Lascia stare il mio eroe! – urla la principessa. Il carceriere comincia ad arrampicarsi sul cordone, che continua a farsi sempre più consistente.
- Ehi, Mr. Anatra! Guarda che quello sta salendo su a farti la festa! Ti conviene darti una svegliata! – continua ad urlare la principessa. Paperino, però, è ancora completamente immobile, con lo sguardo perso nel nulla ed un’espressione colma di desolazione. Intanto, qualcosa nel suo zaino, rimasto a terra, inizia a muoversi.

Il calvo carceriere è ormai giunto in prossimità di Paperino. La principessa strilla. Zio Paperone se la dorme, annoiato dalla vicenda. Il carceriere tiene una mano salda sul cordone, e con l’altra si prepara ad accoltellare Paperino. Mentre sta per sferrare il colpo, però, tre candide voci gli intimano di fermarsi.

- Lascia stare nostro zio! – urlano i tre.
Sono Qui, Quo e Qua, che fino ad allora erano rimasti nascosti dentro allo zaino di Paperino.
- E voi chi sareste? –, gli fa il carceriere, che evidentemente ha qualche remore nel commettere un delitto di fronte a degli infanti.
- Siamo dei paperi! E quello è nostro zio!– urlano baldanzosamente i tre.
- Non mi importa, ora prendo vostro zio e gli tiro il collo!

Paperino, inchiodato nella sua posizione, non fa una piega e non sembra nemmeno essersi accorto dell’arrivo dei nipotini. I tre paperotti afferrano il cordone e cominciano ad arrampicarsi, battaglieri.

- Oh mio dio, ANCHE DEI BAMBINI ADESSO! – fa la principessa. Il cordone diviene d’acciaio.

Nel frattempo, Zio Paperone viene svegliato da alcune grida provenienti da una capanna poco distante dalla torre. Incuriosito, e noncurante delle vicende dei suoi nipoti, si avvicina e tende un orecchio.

- Gl’ha levato Snaide, quella TESTA DI HAZZO!
- Però Maihò un lo leva, teshtone, caprone!
- Co i’Lecce, co i’Lecce!
- Bada Bongo!

Confuso, il vecchio papero (anatra) si allontana. Quando torna davanti alla torre, la situazione è questa:
la principessa geme, non si capisce se di piacere o di dolore;
Paperino è pietrificato, fermo nella solita posizione ormai da una mezz’ora;
il carceriere è ad un metro circa da Paperino, ma non ha il coraggio di ucciderlo davanti ai suoi nipotini;
Qui Quo e Qua si arrampicano con fatica, a tratti un po’ turbati dal cordone.
Lo Zione si rimette a sedere su un sasso, ad osservare la vicenda. Poco dopo, un uomo a bordo di una bicicletta molto vecchia, con una cassa di frutta legata sul manubrio, si avvicina alla torre.

- O che lavoro ll’è questo? [trad: “ma cosa sta succedendo?”] – dice il nuovo arrivato, con una voce che è un misto tra quella di un tabagista terminale, Sandro Ciotti e Pingu.
- Ecco, ci mancava solo lui – fa il carceriere, sconsolato.
L’uomo in bici riconosce il carceriere. – Oh! Bada Zatta! Oh Zatta pelata! Gnamo si va a piglià un caffè!
- Ma che caffè e caffè, vedi di toglierti dai coglioni, deficiente! – gli risponde il carceriere.
- Come ttu m’ha chiamato? COME TTU M’HA CHIAMATO? – Il nuovo arrivato, colmo di rabbia, scende dalla bici e si arrampica anch’esso, per raggiungere il carceriere e dargli il fatto suo.
- FATTI SOTTO, CAROGNA!

Il contraccolpo per l’aggiunta dell’ennesimo peso sul cordone fa sobbalzare in avanti la principessa, che geme di dolore e deve tenersi alla torre per non cadere di sotto.

Il carceriere, nel frattempo, fa il punto della situazione. Aggrappate al cordone ci sono ora sei tra persone, paperi ed anatre: il peso per la principessa è ormai, senza alcun dubbio, insostenibile. Dopo un rapido calcolo, pianta i piedi perpendicolarmente alla torre, e si mette a tirare con tutte le sue forze.

- Ora te lo stacco, così la smetti di calarlo giù per farti salvare dai cavalieri!
- La corda! Vuole staccare la corda! – dice Qui.
- Sì, ma dove è attaccata questa corda? Serve un bel pilastro per reggere tutto questo peso!– esclama Qua.
Il carceriere si volta verso di loro. – Ragazzi, ormai però dovreste averlo capito. Questa non è una corda, è un…
- CAZZOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!! – urla disperatamente la principessa, in preda al dolore più indicibile. – BASTAAAAAAA!! SCENDETE!!!
Paperino si risveglia dal suo stato confusionale. – Un..cazzo???  – chiede, sbigottito.
- Se questo gl’è i’cazzo, figuriamoci le palle – si sente vociare dal basso.
- Sì, proprio così – fa il carceriere, continuando a tirare. – Sorprendente, eh? Ha anche un nome: è il Maxi, il Maxi Lopez.
- Ma..ma..non è possibile che..cioè, voglio dire, saranno almeno 10 metri! – dice ancora un incredulo Paperino.
- PERCHE’ PENSI CHE MI CHIAMINO MAXI? – riesce a dire la principessa, mentre si dimena inutilmente.

Qui, Quo e Qua, più sotto, sono paralizzati, pietrificati nelle loro posizioni, esattamente com’era Paperino poco prima. Sapere la verità sul cordone ha tolto loro l’innocenza. Paperino, guardando i suoi nipotini, si dispera.

- Qui! Quo! Qua! Scendete subito da lì! Cristo! Lei..lei, signore, per favore, tolga quei bambini da quest’arnese!
- Icche? Quiqquoqquacche? I che deo fare io co Quiqquoqquacche?
Paperino capisce che è meglio lasciar perdere, e si concentra su Paperone.
- Zione, presto, svegliati!! – grida disperato. – Sveglia! Vieni qui!
- NO BASTA, PER FAVORE, UN ALTRO ANCORA NO!!!  – implora la principessa.

Paperone, destato dalle urla, si dirige ai piedi della torre.

– Cosa c’è, Paperino? C’è qualche problema?
- Che ti pare, vecchio rincoglionito? Ti sembra una festa questa?
- Beh, è un po’ l’alberto della cuccagna..
- L’albero dell..senti, muoviti, togli i nipotini da questo..albero! Alla svelta!
- Su, ragazzi! Venite da zio! – dice Paperone. Qui, Quo e Qua però non rispondono, impassibili, con un filo di bava che gli pende dai becchi. Paperone, allora, afferra il cordone e comincia a tirarsi su, deciso a spostarli personalmente.

- NO, NOOOOOOO!! IN SETTE NOOO!!!!CEDOOOO!!!!! – urla la principessa.
Il carceriere, approfittando del momento, si appresta a sferrare il colpo decisivo.
- ADESSO! – grida, tirando con tutte le sue forze.
I sette alpinisti precipitano fragorosamente a terra, mentre un urlo terrificante squarcia l’atmosfera terrestre ed una pioggia rossa inonda il circondario. – Bada Bongo! –, dice l’uomo che era arrivato in bici, scorgendo un vu cumprà nelle vicinanze.
Il carceriere è il primo a rialzarsi. Non sembra turbato dalla pioggia rossa, anzi: non gli pare il vero di avere delle macchie scarlatte sulla sua giacca nera.
Dopo essersi scrollato via un po’ di polvere, tira fuori il cellulare, compone un numero ed attende qualche secondo.
- Sì, salve presidente. Sì, è tutto a posto. C’è stato qualche problema, ma è tutto risolto.
Detto questo, riattacca, prende il cordone e, dopo averne staccato Qui, Quo e Qua (ancora in evidente stato di shock) se lo arrotola intorno al collo, tipo pitone, ed entra nella torre.

- Mah, – dice  Briatore (si era capito che è lui, no?), che risale in sella alla bici, parte e dice fra sé e sé “Quiqquoqquacche! In do ttu vo’ andà co Quiqquoqquacche!”.

Nel frattempo, gli assistenti sociali portano via Qui, Quo e Qua, plagiati a vita dall’episodio, ed il carceriere applica le prime cure alla bionda figura in cima alla torre, ora principessa a tutti gli effetti. Zio Paperone e Paperino, nonostante tutto il trambusto della vicenda, trascorsi pochi minuti si rimettono in viaggio, zaini in spalla.

- Io però te l’avevo det.. – prova a dire Zio Paperone.
- Zitto! Stai zitto, per favore! – lo interrompe Paperino.
I due camminano in silenzio per qualche minuto, entrambi con la testa bassa.

- Che giornata di merda – dice Paperino.

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sabato 4 febbraio 2012

Chiunque, con i capelli lunghi ed un po’ di barba, può sembrare Gesù Cristo – vol.1

sabato 4 febbraio 2012 0

Per festeggiare il ritorno di Bauscia Café (anche se qui siamo su Milanellobianco, ma vabbè) e per strapparvi alla noia di un sabato da reclusi in casa per il maltempo, ho preparato una grande e sorprendente avventura, dal titolo che non c’entra assolutamente un cazzo di niente con tutto il resto (o forse no, ripensandoci). L’ho divisa in due puntate, tipo Kill Bill, o le fiction con Amendola su Canale 5.

Un ritorno in grande stile, quindi, con una vicenda che toccherà argomenti anche molto delicati e di grande attualità, e vi emozionerà a tal punto che espellerete dal vostro corpo l’intero novero di secrezioni che le vostre ghiandole sono in grado di  produrre lavorando a pieno regime.

[se ad un certo punto della lettura vi doveste chiedere, "ma che c'entra con l'Inter il calcio ecc?", ve lo dico subito io: c'entra, c'entra]

Con quest’immagine poetica di voi che eruttate liquidi di vario genere e provenienza, tutti insieme, in un sol colpo, chiudo questo necessario preambolo e lascio lo spazio alla prima puntata di questa mitologica storia, che inizia in un modo che non t’aspetti.

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Paperino e Zio Paperone, zaino in spalla, si fanno largo fra le frasche di un bosco, in una landa sperduta. Sono in marcia da diverse ore, e Paperino inizia a lamentare una certa stanchezza: le provviste scarseggiano, l’acqua puzza ed il suo zaino è incredibilmente pesante.

- Quanto manca, Zione?

- Shhh! Taci! Mi deconcentri! Mi inibisci il fiuto!

- “Mi inibisci il fiuto”? Zio, ma come cazzo parli? Sei ubriaco?

- Taci, ho detto!

I due continuano a camminare in silenzio, per alcuni minuti, durante i quali Paperino rimugina a lungo sull’intera situazione. Ad un certo punto, sbotta.

- Eh no eh, ora basta! – dice, fermandosi. – Un giovane papero come me, nel pieno delle forze, costretto da un vecchio bacucco a vagare per ore in un bosco puzzolente, a migliaia di chilometri da casa, senza cibo, senza acqua, senza carta igienica! Un papero come me meriterebbe..

Zio Paperone si ferma e si volta, con rabbia. – Stai zitto, ignorante! Un papero, un papero..non sai quel che dici! Non sai nemmeno chi sei!

Paperino è spiazzato. – Cosa..cosa vuol dire che non so nemmeno chi sono?

- Ho già cercato di spiegartelo, ma a quanto pare non hai capito. [severamente] Paperino, tu non sei un papero. Sei un’anatra”.

- Un’a..un’anatra??

- Esattamente. Un’anatra. Così come lo sono anch’io, e la nonna, e Gastone, e anche quella zoccola della tua ragazza. Siamo tutti delle anatre.

Incredulo, Paperino cerca di controbattere. – Non..non è vero! Non ci credo! E’ un’altra delle tue storie per distrarmi, per confondermi! Io sono un papero, sono orgoglioso di..

- Ecco, guarda qua – lo interrompe Zio Paperone, porgendogli una foto – Vedi? Questo è un papero.

Paperino guarda la foto, interdetto.

- Zio, perché hai una foto di Susanna Camusso nuda con le Clark’s ai piedi? [*]

Paperone rimette la foto in tasca, imbarazzato. – No, niente, lascia stare. [dopo qualche secondo di frenetica ricerca, trova la foto giusta] Ecco, questo è un papero. Un papero è una giovane anatra, prima del completo sviluppo sessuale. Tu lo sviluppo sessuale l’hai completato da un bel pezzo, anche se non ti serve a niente, al massimo ad aumentare il rimpianto dopo esserti fatto una pippa. Quindi sei un’anatra.
[seguono alcuni secondi intelocutori]
Papero-Anatra. Anatra-Papero. Capito?

Paperino è confuso. Approfittando del suo silenzio, Paperone riprende la parola, sventolando di nuovo la foto sotto gli occhi del nipote.

- Guarda bene il papero. Accanto c’è la sua mamma anatra. Questa più a destra è un’oca, che è diversa da noi perché ha il collo più lungo. E’ tipo tua zia. Tutto chiaro?

Completamente stordito, Paperino rimane immobile, senza parole, per un minuto buono; poi si rimette in cammino trascinando stancamente le zampe, a testa bassa. Una lacrima solca il suo becco, il becco di un ex papero in crisi d’identità. La storia dello Zio ha minato tutte le sue certezze.

Paperone, dal canto suo, è estremamente soddisfatto. Tronfio, ripone la foto in tasca, accanto a quella della Camusso, e si incammina dietro al derelitto nipote, sicuro che d’ora in avanti non avrebbe più opposto resistenza. C’era un tesoro Inca da raggiungere, ed ancora molte miglia da coprire per farlo.

Dopo circa un’ora, durante la quale i due non scambiano una sola parola, il silenzio del bosco viene rotto da un disperato grido di aiuto, udibile dapprima solo in lontananza. I nostri non gli danno particolare importanza (Paperino è ancora sconvolto), e proseguono dritti per la loro strada. Poco dopo, il grido si leva di nuovo, e poi di nuovo ancora, ed ancora, a intervalli regolari. Man mano che avanzano, questo si fa sempre più vicino, tanto che, ad un certo punto, non è più possibile ignorarlo.

- AIUTOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!

Paperino, ridestatosi dallo stato semi-vegetativo in cui versava, si volta verso Paperone.

- Zio, qualcuno è in pericolo! Non possiamo ignorarlo! Andiamo a vedere cosa succede!

- Ti ricordo che abbiamo una missione da compiere, Paperino. O forse dovrei chiamarti.. Anatrino?

Paperino sorvola sulla frecciata dello Zio. – Dobbiamo andare! Potrebbe essere una principessa in difficoltà!

- Ma che principessa e principessa, col culo che hai al massimo è Galliani che ha una spina in un piede.

Paperino, però, senza nemmeno saper bene perché – forse, per puro spirito di ribellione verso lo Zio – si incammina velocemente nella direzione da cui proviene l’urlo. Paperone, pur contrariato, è costretto a seguirlo. Dirigendosi verso la fonte del lamento, i due escono dal bosco, e giungono in prossimità di una alta torre d’avorio, in cima alla quale è possibile scorgere una figura alta (una figura umana), dotata di una splendida chioma biondo platino, che brilla a contatto con la luce del sole.

- AIUTOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!

- Guarda Zio, lassù!

I due alzano lo sguardo.

- Che ti avevo detto, c’è una principessa! C’è una principessa che chiede aiuto!

Vedendo la lucente capigliatura della figura sulla torre, e la sua silhouette longilinea, Paperone è costretto a dar ragione al nipote, pur invitandolo a lasciar perdere ed a continuare la loro missione. Paperino, però, non ci sente, e corre al cospetto della torre.

- Principessa, da chilometri inseguo il suo celestiale grido! Ho udito che ha bisogno d’aiuto, ed eccomi qua. Come posso servirla? Qual è il male che l’affligge?

La principessa smette di piangere e gridare e si sporge dalla torre, incuriosita dal nuovo arrivo. La luce del sole, al suo zenith nel cielo, rende impossibile vedere con chiarezza il suo volto, ma Paperino è insindacabilmente convinto che si tratti di una bellezza rara ed esotica.

- Oh, mio salvatore, finalmente sei giunto – disse la principessa, in falsetto – Erano settimane che ti aspettavo, e finalmente sei qui per salvarmi!

- Paperino, andiamo via. Questa situazione non mi piace –, dice Paperone.

- Zitto! Stai zitto! Hai mandato in frantumi la mia identità, le mie radici! Ora vuoi togliermi anche la possibilità di salvare una splendida principessa? Va’ al diavolo!

- Nipote, ti ricordo che a casa hai una ragazza che ti aspetta.

- E’ una zoccola, l’hai detto tu stesso.

- Qualcuno potrebbe per favore concentrarsi su di me? Qui c’è una principessa che deve essere salvata! – dice la donzella, frignando. Paperino, carico d’ardore, si disinteressa completamente dello zio e rivolge il suo sguardo verso la cima della torre, adorante. Paperone si mette a sedere su un sasso, sconsolato, col becco appoggiato sulle mani.

- Ma certo, mia adorata, ma certo! Sono qui per questo! Dimmi solo quel che devo fare!

- Devi liberarmi, o mio prode cavaliere. Sono intrappolata quassù da settimane, ed il mio mostruoso carceriere è ora in giro a coglier bacche. E’ il momento di agire!

- E sia! Cala ordunque le tue lunghe trecce, cosicché io possa arrampicarmi fin sopra questa austera torre e rimpiattarmi in attesa che il tuo carceriere faccia ritorno, per poi sorprenderlo e sconfiggerlo, strappandoti alle sue grinfie!

- Ma non sarebbe più semplice aspettare che il mio carceriere torni qua per poi aggredirlo prima che salga sulla torre, senza fare la fatica di arrampicarsi? E poi, perché hai assunto questo tono aulico?

- Perché è più poetico, sia il tono aulico, che l’arrampicata sulle trecce!

- Hai ragione, o mio prode, hai ragione! Che fortuna averti incontrato!

- Bah –, dice Zio Paperone.

- Il problema, mio caro, è che i miei capelli sono sì lunghi e resistenti, ma non abbastanza per coprire tutta la lunghezza della torre, e permetterti di usarli per arrampicarti fin quassù!

- Oh, beh..ma allora, come fare, come fare?

- Di certo non va su a mani nude, sennò sai che schianti – li interrompe Paperone, sarcastico.

- Vuoi stare zitto? – lo ammonisce Paperino.

- Ok, ok, me ne sto qui, a godermi lo spettacolo –. Paperone si mette comodo, con le mani unite dietro la testa.

- A dire il vero, una soluzione ci sarebbe – dice la principessa. – Aspetta solo un attimo..

- Ma certo, ma certo!

Si ode il rumore di una cerniera che si apre.

- Ecco qua, mio prode, ecco una resistente fune! Ora vieni a salvarmi!

La principessa cala dalla cima della torre un lungo cordone roseo, che tocca terra proprio davanti ai piedi del papero.

- A me non sembra esattamente una fune –, punzecchia ancora Paperone.

Paperino, stavolta, non presta attenzione alle parole dello Zio e inizia ad arrampicarsi.

FINE PRIMA PUNTATA

*questa battuta l’ho rubata

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martedì 24 gennaio 2012

Briatore & Friends in Concerto - live @Circolo

martedì 24 gennaio 2012 2
7 Gennaio 2012, Inter-Parma. E' la prima partita dell'anno, ed al Circolo i nostri eroi sono carichi a mille. Dopo venti giorni di sosta natalizia, Briatore, Lehalo, Maiho e gli altri scalpitano, vogliosi di tornare a dare spettacolo. 
Prevedendo una serata pregna di momenti indimenticabili, mi sono munito di videocamera ed ho registrato circa 70 minuti di partita, dei quali ho montato il solo audio realizzando il prezioso documento che potete vedere qui sotto. Il risultato sono sette minuti e quarantadue secondi di emozioni forti, dove i nostri sfoderano praticamente tutto il loro leggendario repertorio: c'è il lamento di Maiho per un cross sbagliato da Maicon, ci sono Lehalo e Briatore che "incitano" Nagatomo, ci sono i duetti Maiho-Briatore sui loro vecchi trascorsi calcistici e molto altro. 

Quindi, insomma, dichiaro terminato il preambolo e vi invito a gustarvi il tutto. Il video è corredato da numerose annotazioni, per permettervi di apprezzare al meglio la voce del Circolo. Per poterle leggere bene
e per immergersi completamente nell'atmosfera, vi consiglio di visualizzarlo in full screen. 

Ecco qua: 
(legatevi bene le cinture, perché Briatore sale in cattedra fin dai primi secondi)
(ha una voce che non dimenticherete facilmente. Io l'ho messo come suoneria)

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lunedì 16 gennaio 2012

WHO RULES THIS CITY?

lunedì 16 gennaio 2012 1
Visto che sarebbe davvero un casino impaginarlo qui, per leggere il nuovo post cliccate su QUESTO LINK Leggi tutto...

domenica 27 novembre 2011

LEHALO!

domenica 27 novembre 2011 0

Qui il video della puntata di Inter_Net che mi ha visto ospite giovedì scorso. Si parla del circolo, di Briatore, di Lehalo e del mio abnorme uccello.
Ora sì che posso cominciare a tirarmela

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