sabato 31 ottobre 2009

VIGNETTE

sabato 31 ottobre 2009 50

Nonostante i postumi della scarlattina, tra una chiamata a Ballarò e una al Processo del Lunedì, ho trovato le forze per produrre.

Gustatevi Marcellone strabiliato dalla prestazione di Balotelli con il Palermo e l’infanzia del neo presidente Blanc, che ha subito messo in chiaro quale sia lo stile Juve.

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µ.

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venerdì 30 ottobre 2009

SCARLATTINA

venerdì 30 ottobre 2009 9
Questa sarebbe l'ora delle vignette, ma purtroppo µ ha la scarlattina e quindi sarà fuori gioco almeno fino a domani.
Nel frattempo, vi lascio un video di un personaggio che ho già provato ad ingaggiare, ma che per ora non mi caga. Forse lo conoscete, è quello che fa le imitazioni di Ibra, Moratti e Zanetti. Fate un po' di lobbyng affinchè accetti la mia allettante offerta.

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LA REGOLA DEL 5

Ogni volta che l'Inter segna cinque gol mi viene in mente Lucescu. La regola del cinque a San Siro era una figata, lo erano un po' meno la regola dello zero in trasferta e la regola del Milan in classifica, a meno 800 punti dalla vetta.

Ieri ho riscoperto sensazioni che erano assopite da anni, cose che, con l'Inter pragmatica e vincente (anche se sempre esposta a follie varie) degli ultimi anni, avevo dimenticato (per fortuna,  aggiungerei ) (quante parentesi) . Con Santon in versione Gilberto, ogni discesa sulla sinistra era un brivido: sembra che 'sti ragazzi facciano a turno a soffrire di turbe adolescenziali. Balotelli l'anno scorso, Santon adesso: non vorrei che il prossimo anno toccasse a Favalli.

Comunque sia, quest'Inter lo spettacolo alla Lucescu lo offre spesso, e non contro Venezia ed Empoli. Nelle prime dieci giornate si contano un 4-0 al Maifredi Team, un 5-0 al Genoa e un 5-3 al Palermo, risultati che, se li avesse fatti qualcun altro, leggeremmo tutti i giorni di "Barça d'Italia", "Meravigliosi", "Gladiatori", eccetera. Eppure, fino ad una settimana fa, si parlava di esonero per Mourinho e di ultimatum di Moratti, come se fossimo quinti a nove punti dalla prima in classifica. Massimo, hanno ragione: è l'ora di prendere provvedimenti, ingaggia Ferrara e facciamola finita.

Tornando alla partita col Palermo, a impressionare di più è stato Balotelli. La cosa che mi ha colpito maggiormente è che, nonostante la prova-monstre, abbia dato l'impressione di poter fare molto di più. Uno così è bene che non ci vada, in nazionale: a forza di giocare con quelli là, sotto la direzione di Lippi, potrebbe solo peggiorare. Basta vedere cos'è successo a  Santon da quando ha esordito.

Unica nota stonata di ieri sera, il passo indietro nella classifica dei secondi tempi: un 1-3 che pesa. Fortuna che la capolista, a Napoli, non è riuscita a fare meglio. Il problema è che loro sono in testa anche alla classifica delle partite giocate a Madrid e a Verona, oltre che a quella delle gare giocate senza Kaladze. Quindi, c'è da rincorrere. Magari entro Natale ce la facciamo.

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giovedì 29 ottobre 2009

VIA DI CORSA

giovedì 29 ottobre 2009 17

Tra le varie categorie di tifosi, una di quelle che mi fanno innervosire maggiormente è senza dubbio quella dei “fighi che se ne vanno via prima”. Mi chiedo da sempre che senso abbia, a dieci o cinque minuti dalla fine, alzarsi e lasciare il proprio posto. Forse c’è qualcosa in palio per chi esce prima dallo stadio o dal baretto? Non finire di vedere la partita fa di te un duro? La gente quando passi ti mormora dietro “oh, l’hai visto, è quello che va via sempre all’85esimo! Che tempra!” ?

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I cowboy in questione si dividono in due sottocategorie: quelli che vanno via perché stanno perdendo (stile mio nonno che se al 70esimo non si vinceva se la filava borbottando “Via, via”), ossia la totalità meno uno, e quello che va via perché sta vincendo, ossia Galliani. Se già i primi mi sembrano deprecabili – pensate un po’ a tutti quei geni che se ne sono andati sullo 0-2 della Samp quattro anni fa, o a De Laurentiis ieri sera: sono felicissimo che non abbiano potuto assistere allo spettacolo –, il secondo mi sconvolge davvero. Voglio dire, ma..perché? Per quale motivo a cinque minuti dalla fine, con la tua squadra sopra di due gol, prendi e te ne vai? Cosa vuoi dimostrare? Un tempo, almeno, se Adriano abbandonava la tribuna anzitempo era per andare in campo ad urlare “via, via, andiamo via!”, ora invece si dilegua in silenzio.

Ok, lo so che in campo c’erano gli Eroi dei secondi tempi e lui era giustamente convinto che il risultato non fosse in discussione, ma in una serata in cui il Milan era in vantaggio praticamente solo grazie ad un Dida incredibile non c’era molto da fare gli splendidi.

A proposito, Dida. Una decina d’anni fa, su Topolino, ho letto una storia nella quale si narrava di Plottigat e Macchia Nera che avevano inventato un marchingegno per rubare il talento ai migliori calciatori del mondo e trasferirlo a undici brutti ceffi di loro conoscenza, che avrebbero poi dato vita ad un dream team imbattibile in grado di stravincere la coppa del Mondo. Ecco, non vorrei che a Milan Lab avessero assunto Plottigat e nell’ultima settimana avessero rapito Julio Cesar, Muslera e Consigli per creare un Dida bionico, visto che alla rinascita di Nelson è coincisa una strana pioggia d’errori degli estremi difensori del nostro campionato.

Nella storia, comunque, il Mondiale fu salvato da Pippo - reso un portiere invincibile da un paio di guanti di un suo pro-zio trovati in soffitta e subito convocato in Nazionale -, che in finale murò tutti i tentativi del dream team. Quindi, alle brutte, potremmo sempre ingaggiare Pippo.

In ogni caso, per tornare ai “fighi che se ne vanno via prima”, per un motivo o per un altro entrambi i presidenti (ma Galliani è presidente? mah) si sono alzati dalle loro poltrone. Io, invece, mi sono collegato con la Tv cinese intorno al quarantesimo, proprio quando De Laurentiis (che comunque poi è tornato per salire sul carro dei pareggianti) è stato inquadrato mentre diceva “dai, andiamo via”, e mi sono potuto gustare tutta la festa. Anche il telecronista cinese si è entusiasmato: al gol di Denis ha cominciato ad urlare “Gnapiuli, 南船北馬, Gnapiuli!”. Io invece no, perché alla fine il Milan è comunque una squadra di Milano e..mavvaccagà.

Che peccato: le nostre p.i. avevano già pronti titoloni, articoli, sburrate varie ed odi agli Eroi, che ora che si erano sbloccati anche nei primi tempi erano finalmente pronti per la conquista dell’universo. Niente elogio alla panchina lunga, che permette di avere alternative del livello di Kaladze, niente esaltazione della fame (sportiva) di Ronaldinho che s’immestrua per la sostituzione, niente “Per lo scudetto ci siamo anche noi”, niente crisi Inter. Conosco una decina di persone che su facebook, nel momento del gol di Denis, avevano certamente appena terminato di scrivere “NELSON NELSON DIDA INZAGHI PATO SFINTERISTI STIAMO ARRIVANDOOOOOOO” e sono stati costretti a fare destro-seleziona tutto-elimina-pioggia di bestemmie. Peccato.

La verità è che stasera le temperatura potrebbero farsi sempre più polari, che Chievo ed Udinese incalzano e, soprattutto, che Denis si è messo in pari con l’anno scorso.

Arrivederci.

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Come? Non ho scritto niente sulla Juve?

E’ perché ho le occhiaie, è meglio se vado a dormire.

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mercoledì 28 ottobre 2009

ALCORCON

mercoledì 28 ottobre 2009 31

Quando spendi 240 milioni e poi, in una settimana, ti ritrovi a pareggiare con lo Sporting Gijon e a perdere col Maifredi Team e l’Alcorcòn, capisci che forse era meglio fare beneficenza. I presupposti per la fucilata c’erano già da mercoledì scorso, ma almeno quelli del Maifredi un tempo giocavano bene. Ora hanno l’artrite e l’osteoporosi, ma il pallone lo sanno trattare, eccheccazzo.

L’Alcorcòn però, dai, no.

Alcorcòn. Sembra il nome di una delle squadre che sfida il Milan nelle prestigiose amichevoli organizzate per far segnare Huntelaar. Perdere con questi qua, e per 4-0 per giunta, è davvero paradossale: un po’ come se, in Italia, il Milan perdesse con la Cavese, o la Juve col Mantova. Magari ho esagerato con i paragoni (in effetti, due cose del genere credo proprio che siano impossibili), ma era giusto per farvi capire la portata della cosa.

A questo punto, visto quanto successo ad Alcorcòn (non è un nome bellissimo? Al-cor-còn. Passerei giornate intere a dirlo), c’è da trovare qualcuno che spieghi ai gonzi che la scorsa settimana hanno battuto un’accozzaglia di capre, capaci prendere quattro pere da una squadra poco più che amatoriale, undici amici che avevano affittato il campo per farsi due risate. Sarà dura scovare una persona adatta: ci vuole tatto, per parlare con chi ha dei problemi.

Ora che ci penso, credo che sia il caso di mandare questo qualcuno anche da Blanc, per fargli capire che, quando la Juve vincerà il suo prossimo scudetto, non ci sarà nessuna terza stella, nè reale nè morale. Ah, e già che c’è, anche che “ce li hanno tolti” non è la frase giusta da usare, per parlare di due scudetti rubati che si è stati costretti a restituire. Voglio dire, se io domani scippo una vecchia, mi arrestano e le restituiscono la borsa, non andrò in giro a dire “La mia borsa! Me l’hanno tolta”, perchè, come dire, non avrebbe senso.

Allora, ricapitolando: ci serve qualcuno che vada a dire ai milanisti che battere il Real non è un’impresa, che spieghi a Blanc che le stelle sono due e rimarrano tali ancora per tanto tempo e che l’appropriazione indebita non comporta l’acquisizione del diritto di proprietà.

Mi sa che ci vuole uno bravo. Parecchio bravo.

filini(nella foto: il centravanti dell’Alcorcòn)

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martedì 27 ottobre 2009

VIGNETTA

martedì 27 ottobre 2009 4

E’ vero che l’articolo qua sotto è di importanza cruciale, ma un po’ di spazio alla vignetta diamolo, suvvia. Specie se riguarda la nazionale di cui siamo tutti orgogliosi.

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HUNCHBACKS

Ecco qua l’articolo dell’anno, in esclusiva nazionale. Diffondetelo come meglio credete, non ci sono vincoli di riproduzione riservata.

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Erano ormai giunti ad un punto di rottura e pronti a catalogare lo studio come inclassificabile, unico caso dopo decenni di lavori portati tutti a termine e con precise indicazioni sociologiche. Finché un italiano non gli ha dato la soluzione...

Sulle pagine dell'autorevole Sociology Review è stato recentemente pubblicato(1) un breve saggio che, pur essendo passato inosservato qui in Italia, possiede risvolti se vogliamo anche un po' comici, non fosse che per il quadro assai poco lusinghiero che emerge del nostro Paese.

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Qualche mese fa, un gruppo di ricercatori statunitensi ha completato uno studio sulle cause della microcriminalità in Italia, commissionato a quanto pare dal Ministero degli Interni all'Università dell'Iowa per identificare le cause sociologiche della criminalità non-organizzata al fine di individuare strumenti alternativi con cui combatterla.

Come spesso accade sulle riviste accademiche, l'articolo presentato è soltanto un spunto iniziale di studio relativo alle prime impressioni suscitate dal periodo di osservazione dei firmatari. "I risultati verranno resi noti tra qualche mese" (2) è infatti la frase di chiusura dell'articolo che però, seppur a questo stadio embrionale, ha fornito all'equipe della Iowa University of Des Moines spunti sufficientemente interessanti per iniziare a interessare l'intera comunità scientifica d'oltreoceano.

Non trapelano molte notizie sul campione statistico preso in esame, ma nella parte introduttiva si accenna a "migliaia di volontari sottoposti al test" (3) cosa che dovrebbe rendere lo studio quantomeno attendibile.

Per certi versi, come anticipato all'inizio, i risultati sono stati imbarazzanti e, non fosse per l'impianto assolutamente rigoroso dell'indagine e per l'autorevolezza della rivista che ne ha pubblicato i primi stralci, potrebbe facilmente non essere preso sul serio. A stupirsene sono gli stessi firmatari della pubblicazione, ammettendo candidamente "Before the final, surprising proof, we didn't think anything like that could ever be taken in serious consideration" (4).

Se la realizzazione del micro-crimine rimane a livelli di normalità col resto d'Europa -- pur mantenendosi leggermente superiore ad altri paesi quali Francia, Grecia e Spagna -- a preoccupare è quella che gli stessi autori definiscono "tendenza al crimine". (5) Un numero impressionante di intervistati (poco più del 79%), ha infatti confessato che, avendo l'assicurazione di non essere scoperto o, in alternativa, avendo garanzie anche minime di incorrere in condanne più o meno lievi, "avrebbe volentieri commesso un crimine". (6) In molti casi, "un crimine qualunque" (7) "per il semplice gusto di farlo" (8). Gli stessi (soggetti anonimi, come precisato nell'identificazione della procedura adottata nel paragrafo di preambolo), hanno ammesso di "sentirsi impunibili o quasi". (9)

E' proprio qui, come ammettono i ricercatori, che la loro indagine si è trovata "a un punto morto" (10). Il motivo è presto spiegato: "Non esisteva un solo comun denominatore che potesse determinare la causa di un simile atteggiamento perché i soggetti intervistati non possedevano radici comuni di alcun genere: non la categoria sociale, non l'estrazione culturale, non l'educazione né il censo... niente che potesse ricondurre quei sorprendenti risultanti a un unico ceppo individuabile che fosse poi possibile sottoporre ad analisi ulteriore". (11)

Da notare che il team coinvolto nell'indagine è tutt'altro che poco preparato: Johnson, Reynard, Berkovitz (i primi tre firmatari) sono da decenni consulenti dell'Unione Europea e della Casa Bianca, e i ricercatori co-firmatari dell'articolo (McKenzie, Hutchinson, Smith, Rice e Stratton) hanno all'attivo diverse pubblicazioni su riviste di settore, spaziando dall'analisi statistica (è il caso di Smith) alla matematica (Rice) per finire con la sociologia antropologica (Stratton, Hutchinson).

Come ammesso candidamente in sede di pubblicazione, "la soluzione all'enigma non arrivava".(12)

"Eravamo sul punto di abbandonare lo studio", ci ha confessato Ezekiel Reynard quando l'abbiamo contattato via mail, "finché un cameriere, durante la cena della sera prima della partenza, si è lasciato scappare una battuta apparentemente innocua che inizialmente non abbiamo nemmeno compreso". Si tratta di una battuta, però, a cui noi italiani siamo abituati. Per farla breve, nel sentirli discutere di tante persone così diverse tra loro unite solo dal desiderio e dall'inclinazione a commettere un reato -- uno qualunque purché fosse reato -- il cameriere ("che per nostra fortuna, lavorando in una rinomata località turistica, conosceva perfettamente l'inglese", aggiunge Reinhard direttamente nell'articolo) (13) ha esclamato ridendo: "Saranno certamente dei gobbi". (In originale nell'articolo la parola adoperata è l'arcaico "Hunchbacks") (14)

La storia sembrerebbe finita lì, con una battuta.

"Quando vidi Paul [Johnson, NdT] alzare le sopracciglia in quel modo capii che aveva subodorato qualcosa" ci confessa via mail Phil Mckenzie, il più giovane dei sociologi, al primo impegno di questa portata ma già in ambiente accademico considerato un precoce genio. "Ci siamo ammutoliti tutti perché Paul quando fa così trova sempre la soluzione al problema. E infatti la soluzione è arrivata".

L'articolo della Sociology Review prosegue così: "Paul chiese che qualcuno gli traducesse il termine 'gobbo', ma la traduzione non ci fornì ulteriori segnali. Nessuno degli intervistati, infatti, aveva caratteristiche fisiche che potessero portare alla mente problemi alla spina dorsale (15) [...] "Mentre tutti noi avevamo già  derubricato la questione a puro folklore italiano" prosegue McKenzie nelle note a margine dell'articolo,(16) "Paul non volle fermarsi e richiamò il cameriere. Il ragazzo all'inizio sembrava spaventato... gli abbiamo spiegato il problema e ha cominciato a ridere come se avesse visto il miglior film comico della sua vita."(17)

Dopo essersi calmato, il giovane cameriere (18) spiega a McKenzie e a Paul Johnson che, in Italia, il termine "gobbo" (19) è riferito ai tifosi della Juventus. "Sono pronto a scommetterci la mancia che mi lascerete" conclude il cameriere.

Nei giorni seguenti, rimandato il viaggio di ritorno, il team "ha richiamato i soggetti dello studio, tentando di rintracciarli tutti". Ciò non è stato possibile (20), ma la percentuale di "astenuti in seconda analisi" (21) è talmente irrisoria da non aver inficiato, secondo Paul Johnson, i risultati dello studio stesso. Ai richiamati è stata sottoposta la precisa domanda "Per quale squadra di calcio fai il tifo?" (22). Domanda che, stando sempre alle Note a Margine firmate da McKenzie, "aveva riscontrato diverse opposizioni tra gli altri membri del team, che non la ritenevano sufficientemente seria. Se Paul e Ezekiel [Reynard, NDR] non avessero fatto valere tutta la loro autorità accademica, credo avremmo dichiarato conclusa l'indagine con un insuccesso" (23) chiosa McKenzie.

Il risultato della ripetizione dello studio è stupefacente: soltanto lo 0,2% dell'iniziale 79% "tendente al crimine" ha dichiarato di supportare una squadra di calcio diversa dalla Juventus. E, di contro, soltanto lo 0,28% del restante 21% si è dichiarato "juventino" (24). Numeri inequivocabili che, oltre allo stupore che possiamo immaginare, ha portato a un'ulteriore verifica, effettuata questa volta con "soggetti diversi, selezionati con il preciso scopo di tenere al di fuori della ricerca i tifosi della Juventus" (25). E il risultato, se vogliamo, è stato ancora più imbarazzante: il 99,65% del secondo campione non ha mostrato tendenze alla criminalità. "Tra gli scartati perché tifosi della Juventus, il rapporto era inverso: il 99,73% era incline a commettere un reato qualunque." (26)

"E' innegabile", riferiscono Paul Johnson e Ezekiel Reynard in un recente articolo integrativo apparso nel supplemento della Sociology Review (27), "che i risultati siano anomali, ma d'altra parte non era possibile in alcun modo mettere in discussione la prassi scientifica consolidata secondo cui lo studio è stato condotto. Lo studio è stato ripetuto con gruppi di persone meno folti, in cui è stata tentata un'omogeneizzazione in altri ambiti quali, per esempio, l'estrazione sociale, il reddito e l'area politica di appartenenza" (28).

E le conclusioni sono sconcertanti. "L'unica cosa che giustifica questa tendenza in Italia è la squadra di calcio supportata dal soggetto", ammette (29). "Ci sarebbe da capirne i motivi, e sarà oggetto di un prossimo studio comprenderne le cause e gli effetti. Non posso che affermare, dati alla mano, che chi tifa Juventus, in Italia, è innegabilmente tentato di commettere anche solo un micro-crimine privo di significato alcuno, purché abbia la seppur minima garanzia di impunità."(30). Un altro punto che Johnson e Reynard intendono analizzare è se sia il tifo per la Juventus la causa e la "tendenza al crimine" l'effetto, o viceversa.

"Per far questo avremo bisogno di ritornare in loco e affrontare uno studio su scala più vasta", è la conclusione dei due sociologi dell'Università dello Iowa. (31)

Di sicuro, nell'ambiente accademico, italiano e non solo, l'articolo pubblicato dalla Sociology Review ha suscitato non poco scalpore.

[Ma.Ric.]

NOTE:

(1) Johnson P., Reynard E., Berkovitz P.; McKenzie F., Hutchinson S., Smith A., Rice A. & Stratton, J. - "Micro-criminality in Italian modern culture, a case study: Introductory Notes" - in "Sociology Review" vol.VIII issue 7, pagg. 17-34. Des Moines, UIDM Academic Press, 2009.

(2) Ibid., pag 34.

(3) "The subjects were thousands", Ibid., pag. 24.

(4) "Prima della sorprendente prova definitiva, non avremmo mai pensato che una cosa del genere potesse essere presa in seria considerazione", Ibid, pag. 31.

(5) Nel testo originale "proclivity to crime" (art. cit., pag. 18)

(6) "Would gladly commit a crime" (cit.)

(7) "Any crime would do" (cit.)

(8) "For the mere sake of it" (cit.)

(9) "They felt immune to any kind of possible punishment" (art. cit, pag. 19)

(10) "We were at a dead end" (art. cit, pag. 27)

(11) Ibid.

(12) "We were unable to solve the riddle" (art. cit., pag. 27)

(13)  Ibid.

(14) "We were shocked, mistakenly perceiving this as an archaic, out-of-time form of physical discrimination we didn't expect" (art. cit., pag. 28)

(15) E' interessante notare come, in modo del tutto naturale, gli autori dell'articolo abbiano inizialmente pensato all'ovvia deformità fisica suggerita dal significato letterale del termine. [NdT]

(16) McKenzie F, & Stratton, J. - "Complementary Notes to Micro-criminality in Italian modern culture" - in "Sociology Review", vol. VIII issue 7, pagg. 35-38. Des Moines, UIDM Academic Press, 2009.

(17) Ibid., pag. 37.

(18) Descritto come "simpatico, affabile, un po' sbruffone" ("Nice, funny, kind - if a bit boasting"), Ibid., pag. 36.

(19) Ancora una volta qui viene adoperato l'arcaico "Hunchback" (NdT)

(20) Secondo i dati di McKenzie, tre persone non sono state rintracciabili e non hanno quindi potuto partecipare alla seconda sessione dell'analisi statistica. (NdT)

(21) "Second-wave subjects" - Johnson P., Reynard E., Berkovitz P.; McKenzie F., Hutchinson S., Smith A., Rice A. & Stratton, J. - "Micro-criminality in Italian modern culture, a case study: Introductory Notes", art. cit.

(22) "Which soccer team do you support?" - Ibid., pag. 30.

(23) McKenzie F, & Stratton, J. - "Complementary Notes to Micro-criminality in Italian modern culture", art. cit.

(24) Qui viene adoperato l'ibrido "juventine", chiaramente mutuato dall'italiano (NdT) - Johnson P., Reynard E., Berkovitz P.; McKenzie F., Hutchinson S., Smith A., Rice A. & Stratton, J. - "Micro-criminality in Italian modern culture, a case study: Introductory Notes", art. cit., pag. 31.

(25) Ibid., pag. 33.

(26) Ibid.

(27) Johnson, P. & Reynard, E. - "Integration to Micro-criminality in Italian Modern Culture" - in "Sociology Review", vol. VIII appendix C, pagg. 11-18. Des Moines, UIDM Academic Press, 2009.

(28) Ibid., pag. 14.

(29) Ibid., pag. 16.

(30) Ibid., pag. 17.

(31) Ibid., pag. 18.

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lunedì 26 ottobre 2009

VIGNETTA

lunedì 26 ottobre 2009 0

Detto-fatto: l’ho minacciato di non dargli più ciò che gli serve per sfamare la sua famiglia, e Mu mi ha subito inviato due vignette. Si comincia con Leonardo che copia le innovazioni tattiche di Josè.

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VI CONVIENE ESSERCI

In attesa che µ produca qualcosa che giustifichi il suo lauto ingaggio, colgo l’occasione per creare un altro po’ di aspettative per l’articolo che verrà pubblicato domani.

Posso svelarne un particolare: si tratta di un’indagine sociologica, segnalatami dal sempre attento Alberto Di Vita (mica cotica). Coloro che si aspettavano uno studio che mettesse in discussione la legge di gravità, basato sul fatto che Ronaldinho riesca a muoversi nonostante la massa di cui dispone, rimarrà deluso.

Comunque sia, delusi o no, vedete di esserci, domattina.

Chi mancherà dovrà fare i conti con Wome.

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GLI EROI

Quando il crepuscolo s’avvicina, quando il tempo stringe, quando la natura chiama, ecco che spuntano loro, gli Eroi dei secondi tempi. Sono macchine infallibili che si attivano al duplice fischio dell’arbitro, poderose creature in grado di sovvertire qualsiasi svantaggio.

Tutto cominciò in una notte di Costantinopoli, qualche anno fa. Durante l’intervallo della gara in cui erano impegnati quella sera, qualcosa in loro scattò: si guardarono tutti negli occhi e decisero che no, non avrebbero permesso che le cose continuassero ad andare come nella prima frazione; che sarebbe stato troppo semplice starsene lì senza fare qualcosa, qualcosa di concreto.

Da quella sera, gli Eroi sono cambiati, per sempre. Quando si invertono le metà campo, i loro corpi mutano, le loro menti si aprono, la fame diventa insaziabile. Gli avversari, sconvolti dalla metamorfosi, non possono far altro che capitolare; illusisi, nei primi 45 minuti, di trovarsi di fronte ad un branco di ragionieri di mezza età, si ritrovano di colpo a dover tenere testa al più sensazionale collettivo che la specie umana possa esprimere. Grande è la gioia di chi assiste alle loro mirabili gesta, magre le soddisfazioni degli sconsiderati detrattori di questa fabbrica delle meraviglie.

Solo uno scriteriato criterio di classificazione dei meriti impedisce agli eroi di guardare tutti dall’altro verso il basso: è ora di svecchiare questo uggioso meccanismo, che attribuisce pari importanza alle prime ed alle seconde frazioni. Il progresso preme.

In attesa che si faccia giustizia, godiamoci questi paladini dello sport, della lealtà, dell’amicizia.

Lunga vita agli Eroi.

ANNUNCIO DI VITALE IMPORTANZA: domani, martedì 27 ottobre 2009, sarà un grande giorno per il giornalismo e per la scienza italiana, mondiale, universale. Su questo blog verrà pubblicato, in anteprima assoluta, un articolo di una famosa rivista scientifica americana, destinato a fare scalpore in tutto il paese. E, per una volta, non sto scherzando, eh.

Ora, voi direte, macchissenefrega, che c’entra con l’Inter, col calcio, eccetera. C’entra, c’entra, perchè..no dai, non posso anticipare niente. Domattina saprete.

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domenica 25 ottobre 2009

INTER - CATANIA

domenica 25 ottobre 2009 20

Ieri sera ho sentito dire, da Bergomi, la prima cosa intelligente della storia sul perchè la nostra benedetta squadra domini in Italia e fatichi in Europa. Secondo lui, questo è dovuto al fatto che gli avversari dell’Inter, in Italia, partono già battuti, la temono, sanno che con ogni probabilità perderanno ed allora impostano le loro partite esclusivamente sulla difesa dello zero a zero. In Europa, invece, i nerazzurri non fanno paura a nessuno, e chiunque li affronti gioca per vincere; visto che, per “colpa” di quello che succede in Italia, l’Inter è una squadra non abituata a difendere, quando attaccata va in difficoltà, e visto che le avversarie di Champions se la giocano sempre a viso aperto, va in difficoltà molto spesso.

Finalmente un po’ di logica, uno sforzo concreto per cercare di parlare con cognizione di causa. Ebbravo. Già per il fatto che non ha pronunciato “mentalità europea” nel suo commento lo zio sarebbe stato da lodare, comunque.

Sulla partita, niente in particolare da dire. Muntari, che ha ufficialmente battuto il record di tunnel agli avversari nella propria metà campo, ha zittito i suoi detrattori con un sinistro da 30 metri sul quale Campagnolo nulla ha potuto. Sneijderpeggiodidiego ha superato per la prima volta la barriera ed ha puntualmente gonfiato la rete, confermando di essersi caricato la squadra sulle spalle. Con lui sono tre i regali del Real: grazie Florentino, non vediamo l’ora che tu ci spedisca un altro non-galactico (Higuain? Dai, su, tanto c’è Granero).

Lucio in the Sky with Diamonds, sul 2-0, ha cercato di ravvivare un po’ la partita col suo svarione giornaliero, ma la scossa al match è riuscito a darla solo un Julio Cesar travestito da Dida che ha farfalleggiato sul tiro di Llama (avessi detto Diego) regalando un rigore allo sportellatore Plasmati. Mascara, uno che coi dentisti non deve andare molto d’accordo, non ha sbagliato e ha riapertola partita, costringendo Mourinho a giocare la carta Materazzi, che dopo aver convinto da trequartista è stato impiegato in un ruolo che non esalta la sua classe. Peccato.

In attesa del vero calcio, del quale potremo godere oggi a Siena e stasera a Verona, i ragazzi di Mourinho servono un buon antipasto (buono, ma non ottimo: di quelli dove i crostini finiscono subito). Prossimo impegno giovedì col Palermo, con Milito e Motta in campo, Balotelli in panchina e Arnautovic al parcheggio dell’Esselunga a sentirla alla radio.

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sabato 24 ottobre 2009

I ROSICONI

sabato 24 ottobre 2009 8

Ecco a voi l’evergreen:

Da quando l'Inter occupa la vetta della classifica, ossia da 3 stagioni a questa parte, i "tifosi" italiani (non interisti ovviamente) sono impazziti.

Non riescono davvero a capacitarsi che l'Inter, la squadra simpatia che avevano deriso per anni, stia dominando la serie A in lungo e in largo. Non riescono a farsene una ragione. Hanno il fegato a brandelli.

Ogni tifoso reagisce a modo suo a ciò: chi dà la colpa all'arbitro, chi dice "eh, tanto il prossimo anno..", chi nega e pensa che sia tutto uno scherzo; si possono però separare le reazioni principali in base alla fede calcistica di questo foltissimo gruppo di individui.

ROSICATE DEI TIFOSI MILANISTI:

Per questi soggetti, il campionato, la coppa italia e più in generale tutto ciò che vince l'Inter non contano assolutamente niente.

Poco importa se, come quest'anno, la loro squadra avesse come obiettivo primario la conquista dello scudetto: per i milanisti, il campionato è un torneo di poco conto.

Hanno perso derby su derby, accumulato distacchi abissali negli ultimi anni e rimediato figure di merda con alcune delle peggiori compagini della serie A, ma tutto questo pare non avere importanza. Sarebbero capaci di perdere un derby per 4-0 e dimenticarsene la settimana successiva.

Non riescono ad ammettere quanto la loro squadra sia inadeguata a competere per qualsiasi genere di traguardo, a parte una salvezza tranquilla. Ad ogni critica, rispondono prontamente "siamo i più titolati al mondo", dimenticando forse che nel calcio il passato non conta;non conta ciò che hai fatto, conta ciò che fai e ciò che sarai in grado di fare.

L'attuale Milan fa schifo in tutte le competizioni, e continuerà su questa strada anche in futuro, se non avverrà quel rinnovamento totale che si è mostrato necessario già negli anni scorsi.

Per i tifosi milanisti, però, queste sono tutte chiacchiere. Loro sono i pluricampioni dell'universo e vogliono ancora Maldini e Kaladze al centro della difesa, sarebbero pronti a richiamare Serginho e Cafu e credono che Pirlo sia il miglior centrocampista di ogni tempo. Per loro la rosa del Milan è ottima, piena di campioni, che permettono alla squadra rossonera di giocare un calcio sfavillante, senza eguali nel mondo.

L'Inter è soltanto una squadretta, che vince solo perchè senza avversari o perchè aiutata, dimenticando di come loro siano stati a contatto con la vetta (fino a novembre) soltanto grazie ai potenti calci in culo datigli dagli arbitri, coi mille rigori assurdi assegnati.

Purtroppo per loro, la realtà è che noi, in questo momento, siamo quello che loro vorrebbero essere: i migliori (cit. iostoconmancini.com)

ROSICATE DEI TIFOSI JUVENTINI:

Per i tifosi juventini il tempo si è fermato, precisamente all'anno 2005.

La Juventus è la squadra più forte d'Italia, domina il campionato ed ha una dirigenza infallibile e per niente disonesta. L'Inter è la solita perdente, non vince niente da vent'anni e mai vincerà qualcosa, perchè la Juve glielo impedirà.

Ogni tanto, però, tornano nel presente. Per dire stronzate, ovviamente.

Tre anni fa, dopo la retrocessione in B, dicevano "non vincerete nemmeno senza Juve, riuscirete a perdere lo stesso". Alla fine di quel campionato, dopo il dominio dell'Inter, dichiaravano sprezzanti "Godete quest'anno, che l'anno prossimo c'è anche la Juve e tutto torna com'era prima". Finito un altro campionato, con un altro trionfo dei nerazzurri, gli ormai derelitti gobbi esclamavano proclami di vendetta come "Il prossimo anno sarà tutta un'altra storia" e "Questo era un anno di transizione: ora siamo pronti".

L'Inter, per i gobbi, era dentro fino al collo nello scandalo di Calciopoli: solo quel genio criminale di Tronchetti le ha evitato di essere coinvolta. Adesso, c'è il sistema Moratti: i nerazzurri rubano tutte le partite, anche quelle che perdono, e vincono scudetti di cartone.

Tra un paio di mesi finirà un'altra stagione, col 17esimo scudetto dell'Inter. Già sento le loro voci, mentre ci mettono in guardia per l'anno prossimo, dove domineranno di sicuro.

Fanno proprio quel che facevamo noi fino a qualche anno fa: si affidano al futuro, il presente è troppo amaro.

ROSICATE DEGLI ALTRI TIFOSI (ROMANISTI IN PRIMIS):

Il resto dei tifosi italiani rosica in un modo che sta un po' in mezzo fra il "metodo milanista" e il "metodo juventino". Fanno un po' un mix, tirando fuori sia la storia degli scudetti di cartone, sia i rari trionfi europei dell'Inter.

Un particolare accenno, però, va fatto ai sostenitori della Roma.

Questi deprecabili individui sono accecati dalla rabbia da anni. Da ormai 3 stagioni arrivano costantemente dietro all'Inter, della quale sono diventati degli eterni secondi. Sono stati presi a schiaffi in campionato, in coppa italia, in supercoppa: dappertutto. Hanno subito un epico 4-0 in casa, risultato praticamente senza precedenti all'Olimpico. Hanno visto alcuni fra i loro migliori giocatori trasferirsi a Milano (sponda nerazzurra, s'intende).

Non vincono mai, e questo li fa impazzire. Per loro è sempre colpa dell'arbitro, o del guardalinee, o del designatore, o di Moratti, o del buco nell'ozono.

Terminata l'analisi, mi permetto di dire:

Ciao rosiconi! Grazie a voi, è ancora più bello vincere.

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venerdì 23 ottobre 2009

ESAGERIAMO

venerdì 23 ottobre 2009 6
Oggi, pioggia di post. Come promesso, ecco l’altra coppia di vignette: nel mirino dell’implacabile µ lo scazzo di Galliani per i commenti scomodi di Zazzaroni.
Domattina non mancate: arriva la riproposizione di uno dei primi articoli di questo sito. Sono passati sette mesi da quando l’ho scritto, ma non li dimostra affatto. E’ un evergreen.
E non fate gli impazienti andandovi a leggere tutti gli articoli di marzo, che m’incazzo, eh.
 

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IL DRAMMA DI BOBO

In questi giorni, il dramma di Bobo Vieri è entrato nelle case degli italiani. L’infortunio nel 2006 che gli impedì di andare al mondiale, la crisi, le notti insonni, i pedinamenti ordinati da Moratti; ce n’è abbastanza per distruggere l’anima di qualsiasi uomo. Ieri, l’ultima puntata di questa struggente vicenda: il prematuro addio al calcio di Bobone, uno che avrebbe avuto ancora molto da dare al football nostrano ma che nei piani alti del sistema Moratti non era più gradito.

Visto l’inizio del processo intentato contro la società nerazzurra e a Telecom, a cui Christian ha chiesto un totale di 21 milioni, sono emersi particolari inquietanti sul periodo nero dell’ex centravanti. L’opinionista di punta di Controcampo, nonchè sua fidanzata, ha dichiarato che

Bobo fati­cava a dormire preso dall’ansia e dalla preoccupazione, fino a dover consultare uno psicologo. Da allora esce poco e ha sempre il timore di essere seguito. Abbia­mo  pensa­to anche di ingaggiare una guardia del corpo".

La società Inter ha così rovinato un ragazzo pieno di vita e di allegria. Bobo, un uomo che ora ha paura della sua stessa ombra, esce poco, non si gode più niente, e se qualcuno gli passeggia dietro lo perquisisce alla ricerca di telecamere o ricetrasmittenti. Come scritto dall’autorevole Goal.com,

Ora la palla passa al tribunale, che sentirà anche Tronchetti Provera, Moratti ed altri manager dell'Inter e della Telecom, poi prenderà le proprio decisioni. Che, qualsiasi siano, non restituiranno mai a Vieri la propria vita.

Nessuno potrà restituire a Christian la gioia di vivere, nessuno. E’ distrutto, disperato, logorato dentro: quando qualcuno gli suona il campanello, va a rifugiarsi sotto il tavolo e comincia a pregare affinchè se ne vada. Non si fida più di nessuno, per lui chiunque gli si presenti davanti è una potenziale spia pronta ad incastarlo. Il Vieri di un tempo è morto, imagesepolto: il ragazzo che tornava alle 6 di mattina con Ronaldo e dormiva due ore prima di allenarsi non c’è più.  Il Bobo che dava senza troppi problemi le chiavi dei suoi Cayenne ai posteggiatori che mezz’ora dopo erano già al confine (“Bobo dammi le chiavi, ti vado a parcheggiare la macchina”), che era sempre gentile e cordiale con tutti, ha ora lasciato spazio ad un uomo stanco, insonne, paranoico, che diffida nel prossimo, un uomo in crisi. 

Bobo non chiude occhio da tre anni, passa le nottate a guardare le televendite di Giorno&Notte e gli spettacolini di Lea di Leo, con la sola compagnia di un bicchiere di pessimo whisky e la consapevolezza che tutto stia andando a rotoli. E’ l’esempio vivente che i soldi non fanno la felicità, e nemmeno la figa e tutto il resto.

Io non ci sto, è un’ingiustizia. Voglio fare qualcosa per aiutarlo, per restituirgli il sorriso e la gioia di vivere: uniamoci, amici, affinchè Bobo riceva la sua vita indietro e possa tornare finalmente a dormire sonni tranquilli, affinchè quest’incubo finisca. Se qualcuno ha delle idee per tirarlo fuori dall’oblio, si faccia vivo subito. C’è un uomo che soffre, e non c’è tempo da perdere.

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CIAO GIOVANNI

La partita di mercoledì sera, oltre che per il rivoluzionario 4-2-3-1 di Ciruzzo, verrà ricordata come l’ultima nella quale Giovanni Cobolli Gigli è entrato all’Olimpico da presidente della Juventus.

Con lui se ne va un glorioso pezzo di storia, un uomo che ha saputo dare delle soddisfazioni, soprattutto a noi. E’ finita un’epoca, un’epoca iniziata il 29 giugno del 2006, quando un tizio sulla sessantina venne nominato Presidente della società bianconera, per motivi che tutt’ora gli sfuggono, dal primo CdA del dopo-Moggi.

Lui, Giovanni, che fino ad allora si era occupato praticamente solo di editoria, si ritrovò così a dirigere la società bianconera, appena retrocessa in serie B, essendo palesemente a digiuno di qualsiasi conoscenza calcistica. E non nel senso che non conoscesse nessuno - a differenza del precedente direttore generale, che conosceva un po’ tutti –, ma nel senso che di pallone ne sapeva meno di Tardelli.

Quest’ultimo, insieme al giovane fuoriclasse Secco, a Lapo, ad uno dei mille Blanc che popolano il mondo dello sport e ad altri simpatici burloni, era presente (e votante) il giorno dell’investitura di Giovanni. Il nostro, viste le carenze in materia calcistica, si affidò fin da subito a quello straordinario CdA, che passerà alla storia come uno dei più improbabili di tutti i tempi, sui livelli di quelli dell’Inter del dopo-Lippi. Si affidò a loro, e fece bene.

Alessio Secco, come regalo di benvenuto, gli portò il contratto di Boumsong su un piatto d’argento. Quale miglior inizio, per il successore di Franzo Grande Stevens? Meglio di così, si poteva fare soltanto cedendo Mutu alla Fiorentina per otto milioni più il prestito di Bojinov. E infatti riuscirono a fare meglio di così.

Il giorno della nomina, appena uscito dal CdA, Giovanni spiegò così la filosofia che avrebbe portato avanti durante il suo mandato:

“Noi ci diamo l'obiettivo di essere vincenti, simpatici, trasparenti; di coltivare un grande rapporto con Torino, con l'Italia, consapevoli di essere uno dei principali Brand italiani nel mondo. Trasparenza e lavoro di squadra saranno le nostre parole d'ordine. Credo che il nuovo Cda dimostri la chiara determinazione a guardare al nuovo futuro con il massimo rispetto per i valori etici e sportivi”.

Parole chiare, decise, da leader, alle quali aggiunse anche “Per quanto mi riguarda, spero ancora di vincere la Champions League il prossimo anno”. Forse nessuno gli aveva ancora spiegato che la Juve sarebbe finita sicuramente in serie B, che la serie B è la categoria dove vanno a giocare coloro che retrocedono dalla A e che retrocedendo è impossibile qualificarsi per la Champions.

La curiosità, per quanto riguarda i primi tempi, è la quasi assenza di attacchi all’Inter: i tifosi, schiumanti di rabbia, si aspettavano un presidente più battagliero, e da subito hanno cominciato a chiedere più juventinità nei piani alti.

Grazie alla sua fermezza e al suo carisma, alcuni dei campioni bianconeri come Buffon, Del Piero, Trezeguet, Ibr..no, questo no, furono convinti a restare a Torino a giocarsi la promozione su campi tosti come quelli di Crotone e di Cesena. L’annata nella serie cadetta si concluse con un’inevitabile vittoria, ma Deschamps, logorato da mesi di campagna mediatica (e non) avversa, si dimise. Come successore Giovanni puntò su Ranieri, il tecnico ideale per vincere subito.

Questo fu troppo anche per Tardelli che, vedendo inascoltati i suoi consigli (avrebbe voluto puntare tutto su Novellino. Davvero, eh) uscì dal CdA lasciando un vuoto incolmabile.

Col ritorno in serie A, iniziarono le sparate contro l’Inter; una selezione dei maggiori luoghi comuni sui neocampioni d’Italia fu preparata e messa sulla scrivania del Presidente, che così ebbe modo di imparare bene le vaccate da raccontare in modo da accontentare anche il tifoso più rosicante. Di quell’anno si ricorda la faraonica campagna acquisti: è l’estate di Grygera, Tiago, Andrade e Almiron, gioielli che l’abile Secco strappò alla concorrenza di tutta Europa. La consapevolezza di aver portato grandi campioni a Torino fece sì che si potesse inaugurare la serie dei proclami estivi, che sarebbe proseguita per altri due anni. Al grido di “Possiamo farcela”, il Presidente ha diffuso fra la tifoseria gobba la convinzione che “ora che c’è la Juve, torna tutto come prima, l’Inter rivince tra 18 altri anni”, eccetera.

La realtà vide però la Juve finire al terzo posto, sottolineato comunque come un successo dai presunti addetti ai lavori. Finito il campionato, era tempo di rafforzarsi: il Liverpool era pronto a sbolognare Xabi Alonso per 18 milioni, Giovanni ci pensò ma..no, è meglio Poulsen, dà più sostanza. E Stankovic? Bah, non piace ai tifosi..che resti dov’è. Ranieri iniziò a plasmare il suo camaleonte solido, Cobolli intensificò le critiche verso l’Inter senza sapere davvero perchè.

Con l’arrivo di Amauri, centravanti da oltre due reti all’anno, si può sognare. Il proclama per il 2008 fu:

"Io credo che quest'anno la Juventus possa puntare allo scudetto. E ci crede anche Ranieri. Se ci dovesse essere maggiore livellamento quest'anno, la Juventus potrebbe approfittarne. E comunque non capisco perchè solo la Juventus sia stata retrocessa in Serie B e, inoltre, con una penalizzazione in punti».

Preciso e pungente come sempre, una vera lingua affilata la sua. Questo sarà ricordato come il suo anno migliore, costellato da perle su perle. Su tutte, tre meritano di essere citate:

  • “Dopo aver letto con attenzione le gravi dichiarazioni rilasciate dall’allenatore dell’Inter la Juventus manifesta stupore e sdegno e chiede all’Inter di dissociarsi pubblicamente da tali esternazioni. Con le sue dichiarazioni, l’allenatore dell’Inter ha mancato di rispetto non solo alla Juventus e ai suoi 14 milioni di tifosi, ma a tutto il calcio italiano. Piuttosto che alimentare una pericolosa cultura del sospetto, i rappresentanti delle società hanno il dovere di dimostrare educazione e senso di responsabilità - prima, durante e dopo le partite - per sostenere l’evoluzione del calcio italiano e della sua immagine internazionale”;
  • Il ricorso contro la squalifica del campo per i cori razzisti contro Balotelli;
  • “120 mln per Del Piero? Non lo venderemmo”

Nonostante i proclami, l’annata è deludente e Ranieri viene messo alla porta a due giornate dalla fine. Al suo posto, ecco Ferrara, il Guardiola italiano, il Ferguson partenopeo, o più semplicemente uno che non ha mai allenato in vita sua.

Per il 2009/2010 in casa Juve si è deciso di puntare davvero in alto. Sono stati così stanziati 50 milioni per il duo brasiliano Melo-Diego, rispettivamente il nuovo Dunga e la nuova frontiera dell’evoluzione umana. Sono stati presi Caceres, Cannavaro e Grosso. Milioni di gonzi-bis (non al livello dei gonzi originali, ma quasi) sono stati convinti che il gap è stato colmato, e che forse c’era addirittura stato il sorpasso.

E poi, a metà di ottobre, i punti da recuperare sono già 4. Sì, in effetti era l’ora di rispedire Cobolli Gigli in luoghi a lui più consoni.

Ci mancherai, Giovanni. Finchè c’eri tu, nessuno si sarebbe mai azzardato a prendere uno Xabi Alonso, o un Lampard: passavi tutto al vaglio, avevi l’ultima parola, e difficilmente sgarravi.

Speriamo solo che Blanc sia alla tua altezza. Ci teniamo ad arrivare alla seconda stella entro il 2012.

Grazie di tutto.

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giovedì 22 ottobre 2009

IL RITORNO DI SHEVA

giovedì 22 ottobre 2009 1

Dai, stasera mi sento buono ed ho deciso di concedervi un’altra vignetta, con Sheva protagonista. Prendete e godetene tutti.

Per domani sto pensando di ripubblicare un mio post di sette mesi fa, ancora molto molto attuale. Giusto per evidenziare come, nonostante siano passati giorni, mesi, stagioni, rispetto a marzo non sia cambiato assolutamente niente.

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REAL-MILAN

Prima coppia di vignette post Scapoli-Ammogliati del Bernabeu: Cristiano Ronaldo arriva in ritardo e Dida col PH neutro.

Domani, altre due. E se non riuscite ad aspettare, vi conviene farvene una ragione.

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CE N’E’ PER TUTTI

Il Rubin sbanca il Camp Nou, Fiorentina e Debreceni segnano un gol al minuto, l’Unirea Urziceni va a dettar legge a Glasgow, il Bordeaux batte il Bayern e il Milan vince al Bernabeu: solo noi non facciamo un cazzo, qui si divertono tutti.

A Madrid, in particolare, in campo quindici palloni d’oro, trentasei Champions League e una Mitropa Cup. Se a ciò si aggiunge Kakà contro la sua ex-squadra, si hanno tutti gli ingredienti per il match dell’anno, per una gara di alto livello.

Ecco, lo chef deve aver sbagliato a mischiarli, questi ingredienti, perché ne è venuta fuori una roba che assomiglia molto al calcetto del giovedì, con i due più deficienti in porta, altri otto raccattati all'’ultimo minuto a sfidarsi a suon di lisci e ciabattate e l’arbitro in pigiama che ti manda il C.S.I.

E’ l’unica gara della storia nella quale riescono a fare schifo praticamente tutti (se si escludono Pato, Seedorf e Drenthe): i giocatori, l’arbitro, la maglia del Milan con lo sponsor “win.com” – sono chiaramente impazziti –, anche uno che ne mastica di futebòl come Pellegrini, il Gigi Cagni cileno. Lo show comincia con una splendida chiamata di De Bleeckere, che riesce a non vedere Zambrotta mentre arrota Benzema e concede una curiosa rimessa dal fondo.

Quello che riesce a fare Dida, però, è oltre ogni immaginazione: io stesso, che ho avuto il coraggio di giocare con Fabregas in porta (ve lo ricordate quel genio che fino a qualche tempo fa veniva sul blog e ne sparava di enormi? ecco, lui. Immaginatevi che roba) non avevo mai assistito a niente del genere. Dopo essere stato praticamente bloccato dal brasiliano, il pallone ha preso vita ed ha cominciato a divincolarsi dalla presa del portierone, riuscendo a scappare via. Non so, forse ha i guanti che puzzano, forse il suo sudore è sfera-repellente, ma io un portiere con l’effetto calamita al contrario non l’avevo mai visto. E nemmeno qualcuno che gli versa 4,5 milioni ogni anno.

Uno dice, ma guarda che culo il Real, ha sbloccato la partita grazie a Didone ed ora inizia a macinare gioco. No, Uno dice male, perché la squadra madridista è una delle cose più brutte viste in questa Champions, l’anello di congiunzione tra l’Inter del primo tempo di martedì e il Milan visto contro lo Zurigo, una bruttezza assai rara ed incomprensibile.

Chiaramente, una roba del genere, per quanto vomitevole, basta ed avanza a tenere a bada i rossoneri - guidati dal solito, travolgente Dinho – che fino al sessantesimo circa non fanno molto più di me e di mio zio seduti sul divano. Superata l’ora di gioco, però, ecco che entra in azione Casillas, al quale Dida evidentemente deve essere passato vicino nell’intervallo attaccandogli il morbo del fumogeno sulla spalla. Iker impazzisce, si muove con dieci secondi di differita e riesce nell’impresa di far segnare Pirlo, che non la metteva da fuori dai tempi di Italia-Ghana.

Passano quattro minuti, e i secondi di differita diventano trenta. Su lancio sbilenco di Ambrosini, il portiere del Real decide di lasciare la sua porta e si incammina giocondo verso il pallone. Ci mette un quarto d’ora per uscire dall’area, poi, quando il pallone è lì ad un centimetro, si accascia in terra nel curioso tentativo di bloccare la sfera con le mani, spalancando la porta ad un Pato incredulo che segna.

La festa prosegue. Kakà, in versione Okan Buruk, al settantesimo è ancora in attesa di azzeccare la prima giocata della serata. Quando i minuti sono 72, Raul batte un angolo fuori area verso Drenthe, che ha il tempo di aggiustarsi la palla, rimbuzzarsi i pantaloncini, scaccolarsi, prendere la mira e tirare all’angolino, senza che nessun milanista si azzardi ad opporsi.

Pareggio, dunque; manca poco alla fine, le squadre si sfilacciano e, come in ogni calcetto del giovedì che si rispetti, i presenti si mettono a fare i cazzoni facendo saltare ogni parvenza di logica e di copertura degli spazi. De Bleeckere, ovviamente, non vuole sfigurare e s’inventa un’altra decisione alla Moreno, annullando un gol a Thiago Silva senza un solo motivo valido e facendo ricominciare il gioco, anche stavolta, con una rimessa dal fondo, evidentemente il suo provvedimento preferito.

Nemmeno il tempo di indignarsi che Ronaldinho, dopo aver ricevuto da Pato, scarica su Seedorf, che non ha però soluzioni per il passaggio. Per un qualche strano motivo, però, la difesa del Real si riversa improvvisamente addosso all’olandese lasciando liberissimo Pato. Clarence, accortosi del tutto, scodella il pallone sui piedi del giovane brasiliano permettendogli di segnare un 3-2 dai risvolti comici.

Poco dopo l’arbitro pone fine all’agonia, il Bernabeu esplode in una mai così meritata pioggia di fischi e i milanisti impazziscono, ebbri di gioia. Si prevede che avranno di che bullarsi per questa serata per almeno una quindicina d’anni, e che il credito guadagnato nei confronti dei media non si esaurirà nemmeno in caso di una sconfitta per 8-0 con tripletta di Yepes, domenica col Chievo. Massì, è bene che si prendano queste soddisfazioni. Perlomeno, continueranno ad essere convinti di avere uno squadrone che non ha assolutamente bisogno di rinforzi. Su, gonzi, alzi la mano chi, dopo il fischio finale, non ha pensato “sai cosa? Anche quest’anno LA VINCIAMO NOI”: sono convinto che nessuno è riuscito a resistere.

Certo che, oh, spendere 240 milioni per poi perdere contro il Milan..dev’essere davvero da fucilata. Forse qualcuno avrà capito che le squadre non si fanno così, che questa non è la Master League e che non basta il primo tizio che si trova per strada per guidare un’accozzaglia di giocatori presi quasi per capriccio.

Detto questo, vorrei onorare il Milan per la vittoria, perché sono un tipo sportivo e non ho problemi ad apprezzare le grandi prestazioni altrui. Purtroppo, però, non posso, perché non ho visto grandi prestazioni, ma solo una gara a chi la fa più grossa. E, detto sinceramente, mi bastava quanto visto martedì sera.

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mercoledì 21 ottobre 2009

KAKA’

mercoledì 21 ottobre 2009 5

Vignetta pre Real-Milan, così per scaldare gli animi.

kaka

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METAMORFOSI

image Il dottor Jekyll beveva la pozione, Superman si infilava nelle cabine telefoniche, l’Inter e il Milan sentono la musichetta. Loro si trasformano (o meglio, si trasformavano) in una grande squadra, noi ci trasformiamo nel Milan.

Anche ieri, il copione è stato questo: la squadra si sistema, partono le prime note, ed inizia la metamorfosi. Gli spiriti dei protagonisti delle comiche contro lo Zurigo prendono possesso dei corpi degli 11 nerazzurri, che iniziano la partita in preda ad allucinazioni. Sull’innocuo sinistro di Magrao Zanetti vede la Madonna e si inginocchia devoto, lasciando che la palla gli rimbalzi addosso; sul rimpallo piomba Mikhalik, il Goitom dei Carpazi, che, chiaramente, indovina la girata della vita e piazza la palla all’angolo.

Dopo una mezz’ora di sfanculamenti pareggia Stankovic, al trentaimagequattresimo gol stagionale, ma si capisce subito che i patimenti non sono ancora finiti. Cinque minuti e c’è un angolo. Va ancora Magrao, uno che evidentemente ha studiato per tutta la vita  come mettere in difficoltà la difesa dell’Inter scazzando a tirare i calci piazzati. Lucio, in versione in the Sky with Diamonds, raccoglie il cross e insacca di prepotenza, mandando la squadra in svantaggio all’intevallo.

Mourinho, guardando le riserve in panchina, capisce per la prima volta cosa si prova a sentirsi come Leonardo. Non avendo a disposizione attaccanti credibili, ecco che, turandosi il naso, va al cospetto di un esotico centravanti e gli dice di andare in campo.

E’ lui, Ciccio Suazo, il cingolato di Tegucigalpa, l’ultima spiaggia di Josè. Il nostro entra subito in partita: va incontro al pallone, lo difende, lo passa agli avversari e poi cade in terra. L’espressione è la stessa del suo esordio di due anni fa con imagel’Udinese, quando dopo cinque minuti da shock si girò verso Mancini dicendo  “non ho capito niente”.

L’ingresso di Ciccio sovverte la gara: Samuel segna subito in torsione, ma è grazie alla presenza dell’honduregno, sul quale la Dinamo triplica giustamente la marcatura, che l’argentino può staccare indisturbato.

Ci si attenderebbero quaranta minuti di forcing, di pressione, di gioco: sèh, troppo facile. La squadra accusa un improvviso calo fisico, i nostri sembrano essere stati catapultati nel deserto e hanno i primi miraggi. Eto’o vede Xavi che gli pennella un cross perfetto, poi tutto gli svanisce davanti e si mette a piangere. Di contro, Shevchenko palesa i benefici della lontananza da Milan Lab e corre come un fringuello.

In un contropiede della Dinamo ormai concluso, Lucio, confermando la regola che vuole che almeno uno dei due centrali dell’Inter sia uno psicopatico, decide che è ora di fare qualcosa di decisivo e prova la trivela, cicca malamente e regala la palla a Sheva che si invola verso la porta. L’ucraino ha l’occasione di vendicarsi per un’annata di sberleffi, ma, giunto in posizione favorevole, commette lo stesso errore del suo benefattore e strivella in curva. Così imparano ad imitare il Maestro.

Subito dopo Ciccio, per non sembrare da meno, si esibisce nella specialità della imagecasa, la ciabattata da mezzo metro nel momento decisivo, strappando a Quaresma il record di insulti consecutivi. La squadra è stanca, il pubblico è stanco,  siamo tutti stanchi; Mourinho, per dare un tocco di simpatia alla serata, lancia Materazzi trequartista, ordinando alla squadra di adottare lo schema della pallonata sistematica. Il numero 23 nerazzurro, l’uomo giusto per innescare il cingolato honduregno, si piazza subito tra le linee ad attendere le palle alte: non ne chiapperà mezza, ma in compenso strapperà qualche risata.

Quando ormai siamo tutti rassegnati al pareggio, Suazo si smarca e colpisce al volo gonfiando la rete. Potrebbe essere la rete della svolta, la dimostrazione che Mourinho ha un culo da competizione, ma è fuorigioco. D’altra parte, muovendosi alla velocità supersonica di Ciccio è facile trovarsi oltre la linea dei normodotati difensori avversari.

Dopo un angolo ciccato da Sneijder, si conclude la partita. L’impressionante filotto di risultati utili non si ferma: unica squadra imbattuta del girone e quarto posto in tasca. Il bilancio è più che roseo.

Ora, l’attenzione si sposta sulla partita di stasera: visti i risultati di ieri, sembrerebbe esserci spazio anche per una vittoria del Milan, visti Dida, Thiago Silva, Oddo e Zambrotta no.

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martedì 20 ottobre 2009

SBLOCCATO

martedì 20 ottobre 2009 1

Si è fatto attendere, ha rischiato il posto, ha dormito sotto un ponte, ma finalmente µ ha prodotto.

A quanto pare, dovrebbe mandarmene un’altra fra un po’. E sarà meglio per lui.

amaurì

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PASTRENGO

Me lo sono tenuto dentro per tanto tempo, ma ora è finalmente giunta l’ora di uscire allo scoperto. C’è una domanda che mi rimbalza in testa da mesi, una domanda alla quale non riesco proprio a rispondere. Da quando, a luglio (mese più, mese meno) ho scovato un dato alquanto misterioso sul mio Google Analytics, non passa giorno senza che io mi chieda “perché?”.

Ecco dunque che oggi, dopo giorni passati a pensare invano ad una motivazione, ho deciso di risolvere una volta per tutte questo problema.

Per farvi capire di cosa sto parlando, mi basterà citare la top 3 delle città che mi portano più visite:

1) Milano 18.749  (circa 8000 visitatori unici)

2) Roma 5.735  (circa 2000 visitatori unici)

3) Pastrengo 3.357 (più di 1000 visitatori unici)

Bene, penso che la stessa domanda che mi pongo io da mesi sia appena sorta anche dentro di voi.

Pastrengo? E che roba è?

La ridente PastrengoFacendo una rapida ricerca su Wikipedia, ho scoperto che Pastrengo è un paesino in provincia di Verona, che conta 2604 anime. Ora, dico io, ma come è possibile che su duemilaseicentoquattro signori/e, in più di mille vadano sul mio sito?

Togliendo dal totale degli abitanti i vecchi che non hanno mai acceso un computer, le donne che (in stragrande maggioranza, suppongo) se ne strasbattono della prostituzione intellettuale e i bambini che non sono esattamente il mio target, si può dedurre che chiunque abbia un computer e si interessi minimamente di calcio si fionda quotidianamente su Milanellobianco.

Tutto ciò mi pare alquanto assurdo. Cosa sono, l’idolo di Pastrengo? Sono l’opinion-leader del paesino? Perché un intero paese pende dalle mie..dita? Devo aspettarmi la cittadinanza onoraria, le chiavi della città, una statua in centro?

Amici di Pastrengo, è per avere una risposta a tutte queste domande che oggi vi chiedo di intervenire e di spiegarmi cosa succede dalle vostre parti. Ok che il paese è piccolo e che la gente mormora, ma io mille e passa persone a mormorare del mio blog proprio non ce le vedo, scusatemi. Devo sapere perché accade tutto questo, dovete chiarire i miei dubbi.

Sappiate che potrei anche recarmi nel vostro paese, un giorno, e concedermi alla folla, firmare autografi, tenere un comizio, posare nudo, tutto quello che volete. Però ditemi cosa c’è alla base di quest’assurdità, perché proprio non riesco a capirlo.

Con affetto, il vostro idolo-opinion leader

Grappa e Vinci

P.S. (ok, comincio a rompere il cazzo con questi piesse, lo so): questo post avrebbe dovuto contenere almeno una vignetta, ma il mio collaboratore sottopagato non ha adempiuto ai suoi doveri. Sappia che, se ci tiene alla sua già esigua quota di utile (e, visto che è esiguo l’utile, immaginate come sia una sua quota esigua: praticamente dovrà pagarmi lui), dovrà essere puntuale, scattante, lesto. Per questa volta gli è andata bene: avevo addirittura già preparato la scatola con la sua roba, per poi cambiare idea in uno slancio di bontà.

Le vignette slittano quindi alle 17, quando a Pastrengo i ragazzi fanno merenda e i loro genitori fanno finta di lavorare.

P.S.2 (l’ultimo dai, prometto): è quasi pronta la nuova versione del sito, con una grafica accettabile e, forse, addirittura un dominio registrato. Perchè qui ci stiamo montando la testa.

Per qualche tempo vi invito ad esprimere il vostro parere sul rinnovamento, poi esaminerò i dati e alla fine si farà comunque come dico io.

No dai, anche voi valete. Come dice Buffon a Sissoko, Camoranesi e Legrottaglie.

Gudbai

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lunedì 19 ottobre 2009

PRIMO PIANO: CUORE MILAN, FEGATO JUVE

lunedì 19 ottobre 2009 10

Serie A, i temi della giornata:

  • Amauri si è sbloccato: ha lasciato partire il tappo e si è finalmente svuotato. Ora che anche quest’ultima arma è pronta a far fuoco conviene trovarsi un hobby per la domenica, perchè seguire il campionato non ha più alcun senso.
  • L’Inter stravince  a Marassi, ma grazie a sta cippa, mancavano Mimmo Criscito e Cargià. Nonostante le assenze pesanti, nonostante non possa giocarsi la carta del “rientro di Sissoko”, anche stavolta la squadra di Mourinho riesce in qualche modo a cavarsela.
  • Ranieri e Del Neri si arrabbiano, ma stavolta Mourinho non c’entra e quindi non gliene frega un cazzo a nessuno.
  • Cuore Milan: i ragazzi di Leonardo battono la Roma e piazzano quello che potrebbe essere l’allungo decisivo sul Bologna, sconfitto a Napoli. Una posizione prestigiosa come il sesto posto (prima volta nella pagina 1/2 di mediavideo), però, potrebbe dare le vertigini  ad un gruppo sì pieno di entusiasmo, ma anche fresco ed inesperto come quello rossonero. Staremo a vedere. E poi, giusto, appena rientra Borriello..
  • Ronaldinho torna al gol a San Siro, Ronaldinho torna all’assist a San Siro, Ronaldinho assomiglia ad un giocatore di calcio per dieci minuti. Tra Milan e Roma, oltre ai rossoneri, vince il calcio: splendida la sfida a distanza tra Thiago Silva, il Thuram 2.0, e Burdisso, il comun denominatore di tutti gli allenatori dell’Argentina (Samuel, Zanetti e compagnia bella li hanno lasciati un po’ tutti a casa, di lui invece nessuno vuole fare a meno. Un motivo ci dovrà pur essere).
  • A Napoli una squadra intera sfoggia calzini turchesi. La redazione di Mattino 5 è al lavoro per proteggerci da questo manipolo di stravaganti.
  • Diego fra i primi 30 per il pallone d’oro (e Sneijder no, che schifo!). Una grande soddisfazione per la Juventus: grazie alle incredibili prodezze in maglia bianconera, il ragazzo potrebbe diventare l’outsider per il premio di France Football e, chissà, magari anche per il Fifa World Player, la Scarpa d’Oro e il Nobel per la Pace.
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domenica 18 ottobre 2009

E’ MORTO, E’ MORTO

domenica 18 ottobre 2009 4

19-10-2008, 29-09-2007, 28-10-2006.

Cosa sono, le date degli ultimi gol di Del Piero, Huntelaar e Borriello?

No, sono un po’ troppo recenti. Sono semplicemente le giornate nelle quali gli ultimi tre campionati hanno ricevuto la prima, letale ferita che li avrebbe portati a morire di lì a qualche mese. Sono le date in cui i proclami di vittoria dei nostri sempre più esausti rivali si sono trasformati in rese quasi obbligate, fondate sullo slogan “eh ma con quella squadra è chiaro che lo vincete”. Sono le date in cui le bocche hanno iniziato a cucirsi ed a preparare le cazzate per l’estate successiva, quella in cui il gap sarà colmato.

Direi che, senza ombra di dubbio, si possa aggiungere a questa collezione questo splendido 17/10/2009, uno dei giorni più lussuriosi della mia più che ventennale carriera interista. La mazzata data a Ciro ed ai suoi fratelli è di quelle forti, anche più di quella dell’anno scorso a Roma (che pur era stata micidiale, con tanto di gol di Obinna).

Vedere Diego e Filippo Pero fare peggio di Zanetti e Jovetic è cosa che ti scalda il cuore, ma godersi uno spettacolo come quello visto a Marassi è davvero il massimo. C’è stato di tutto: il gol in apertura, Balotelli che dimostra ancora una volta di essere una punta di livello assoluto, un gol da 54 metri al volo, un gol di Vieira ed un’altra dimostrazione – anche se non ce n’era poi tutto questo bisogno – che il confronto tra Diego e Sneijder, che i gobbi ci propinano da mesi (fateci caso: appena uno si azzarda a criticare Diego, se ne escono fuori con il fatto che è sicuramente meglio del nostro olandese. Si chiamano complessi d’inferiorità) pende decisamente a favore di Wesley, anche se nessun telecronista esagitato ha ancora gridato in preda a spasmi “Un fenomeno a San Siro” o “l’Inter ha trovato un grande campione”. Evidentemente certi complimenti bisogna guadagnarseli raccogliendo regali di Cassetti o Mexes ed infilando la saracinesca Julio Sergio Bertagnoli. Questi sì che sono test probanti.

Insomma, anche quest’anno si è capita qual è l’antifona.

121953-500

Ah, già, cazzo.

E’ rientrato Sissoko.

Ritiro tutto quello che ho detto.

P.S.: su facebook il gruppo dell’anno: “Quest'anno MELO sento con DIEGO sono c***i AMAURI!!!!!”.

Non so, se volete organizziamo una raccolta fondi, un’opera caritatevole, qualcosa che aiuti. Voglio fare qualcosa per questa gente, dare loro un appiglio concreto. Anche individui del genere meritano un po’ di comprensione.

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sabato 17 ottobre 2009

FERMATE QUELL’UOMO

sabato 17 ottobre 2009 5

Prosegue senza sosta l’inchiesta di Mattino 5, la trasmissione più scomoda della tv. Un manipolo di infaticabili detective, di specialisti dell’appostamento, continua a sgobbare duramente ed a lavorare per il bene del paese. Sono silenziosi, precisi, letali: con loro sulle tue tracce, al primo sgarro sono dolori.

Un servizio scomodo

L’intelligence guidata dal generale Mauro “Il cobra” Brachino non esita certo a mettersi contro i potenti: per loro, il bene del nostro popolo viene prima di tutto, e, se qualche oppressore o qualche golpista tenta di scardinare il sublime equilibrio che regna in questa splendida nazione, non gliela faranno certo passare liscia. Sono loro, sono i Bastardi Senza Gloria del giornalismo italiano, sono il movimento underground che genererà dissapori nel palazzo, che andrà a dar noia a coloro che credono di poter utilizzare le istituzioni come meglio gli si confà. Sono indie, sono trendy, sono ciò di cui avevamo bisogno: i paladini dell’informazione, eroi che ti spiattellano in faccia i fatti nudi e crudi, che dicono alla gente quello che vuole sapere.

Gli ultimi aggiornamenti relativi al pedinamento dell’anarchico-insurrezionalista-terrorista-golpista Mesiano, il folle che ha oltraggiato il nostro Comandante condannando la Fininvest a pagare 750 milioni alla Cir, recitano così:

  • Alle 21 di ieri sera Masiano esce di casa, inciampa in uno scalino e a momenti cade in terra. Affidereste le sorti di una vostra causa ad un individuo che fatica a reggersi in piedi, palesando evidenti segnali di debolezza psicomotoria?
  • Il giudice, per la serata che di lì a poco avrebbe trascorso in compagnia, presumibilmente, di trans, brigatisti, spacciatori e scavezzacolli, sfoggia un look quantomeno discutibile: giubbotto di camoscio, pantaloni nero pece, scarpe marrone diarrea e, udite udite, niente calzino. E’ sicuramente pazzo, uno così dovrebbe girare col guinzaglio.
  • Prima di attraversare la strada, volge attentamente lo sguardo prima a destra, e poi a sinistra: chiaro segnale di diffidenza verso il prossimo. Si capisce che nasconde qualcosa. Qualcosa di grosso.
  • Entrato in macchina, una macchina di merda tra l’altro, si accende la seconda sigaretta e la fuma!!!LA FUMA! Sappiamo che credere ad un’assurdità simile è davvero arduo; noi stessi, che abbiamo assistito dal vivo ai fatti, non credevamo ai nostri occhi. Il giudice si è infilato in macchina e, invece di metterla in moto e di partire come tutti gli onesti cittadini, ha tirato giù il finestrino e si è messo a fumare. Pazzesco, pazzesco: solo più tardi abbiamo capito che stava aspettando un’altra persona, sicuramente un bolscevico che sta tramando qualcosa alle spalle dello stato.
  • Dopo l’arrivo del bolscevico, il fatto che ci ha indotto a terminare l’appostamento e correre dalle autorità competenti a denunciare la pericolosità di quest’uomo. Dopo che il compagno sale in macchina, Mesiano, ormai completamente fuori di sè, prende un’ultima boccata e poi lancia la sigaretta sull’asfalto, ANCORA ACCESA! Eppure dovrebbe sapere che il catrame è un materiale facilmente infiammabile! Pazzo! Con questo gesto sconsiderato ha messo a repentaglio l’incolumità di una città intera, e questo noi non lo accettiamo.

Quest’uomo dev’essere fermato, in un modo o nell’altro. E se nessuno muoverà un dito, lo faremo noi.

Firmato

Annalisa Spinoso e il suo team

 

A seguire, le vignette di µ, anche se non c’entrano un cazzo. Ma tanto, chi se ne frega.

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