domenica 27 novembre 2011

LEHALO!

domenica 27 novembre 2011 0

Qui il video della puntata di Inter_Net che mi ha visto ospite giovedì scorso. Si parla del circolo, di Briatore, di Lehalo e del mio abnorme uccello.
Ora sì che posso cominciare a tirarmela

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mercoledì 23 novembre 2011

BRIATORE RADICAL CHIC

mercoledì 23 novembre 2011 3

E’ martedì ed al circolo è serata di Champions. Io e gli altri due fedelissimi siamo leggermente in ritardo e camminiamo di buon passo verso l’entrata. Sugli scalini che precedono l’ingresso, incrociamo uno degli altri habituè del posto. Sta parlando al telefono. Ci fa un cenno, poi torna al suo interlocutore e gli dice  “corri, è carico, ha appena preso il caffè. Sta scalpitando”.
I nostri volti si illuminano. Sappiamo a chi si sta riferendo. C’è solo un uomo a cui ci si può riferire in questi termini.

Acceleriamo il passo. Il prime time della stanza principale è riservato al Napoli. Ci tocca la stanzina, vecchio feudo di battaglia di remote domeniche pomeriggio, quando vi eravamo costretti dalla concomitanza con le partite della Fiorentina, ai cui tifosi, più numerosi, toccava la stanza grossa. Un rapido sguardo allo schieramento, che come avevamo intuito è quello base, con tutti i big (e, soprattutto, Il big) a far bella mostra di sé:
Lehalo è in fondo, pronto ad inveire; Maiho nel mezzo, circondato da due scagnozzi; di punta, l’Imbecille ed, ovviamente, Briatore. Per lui, un look da Radical Chic: scarpa vintage come se ne trovano solo a Camden, pantalone di velluto, camicia azzurra con cravatta e maglioncino a V sopra, cappotto indie, sciarpetta e, a guarnire il tutto, cappellino di lana con ciuffo sbarazzino che spunta da sotto.
Mancava all’appello da quasi un mese.

Ci sediamo ovviamente dietro di lui, per non perdere nemmeno il mugolio più impercettibile.

La partita inizia. I primi minuti scivolano via tranquilli, senza offrire spunti interessanti ai fuoriclasse presenti in aula (a parte quando Samuel spintona Burak e gli spezza una costola, con l’arbitro che fischia il fallo: Briatore si gira ed asserisce convinto “non era miha punizione, sai”, dando di gomito all’Imbecille).
Ci vuole un’azione pericolosa del Trabzonspor per accendere gli animi: Burak, ancora lui, spara fuori di non molto col destro, ed ecco affiorare i primi mugugni. Briatore, particolarmente innervosito dal mancato intervento di Lucio, mette da parte le facilonerie e si alza in piedi per una dimostrazione tecnica: si gira da una parte, poi dall’altra, abbozza un doppio passo e fa “come tu fai a fermallo così il giocatore!? Nimmeno ni Chiesanova(squadra di quartiere nella quale Briatore millanta una lunga militanza, ndr)”.
Da dietro, qualcuno dice “è vero”, ed anche “roba da maiali”. Tornato a sedere, il nostro si gira verso Maiho e gli dice “Che te lo ricordi, i Chiesanova?”. Maiho però non risponde, abbozza un mezzo sorriso e poi si guarda attorno. E’ spaesato, è chiaro che c’è qualcosa che non va.  Non è il Maiho di sempre e, dopo qualche istante di riflessione, non è difficile intuire il perché.

In campo, infatti, non c’è Maicon. Questo priva Maiho della sua ragion d’essere: vorrebbe insultare qualcuno, ma non può.  Non sa che dire, non sa che fare. Quando Maicon non c’è, Maiho si disorienta, privo del suo punto di riferimento, e vive i novanta minuti della partita in un totale stato di confusione.
Briatore capisce il dramma del suo compagno e cambia discorso dicendo “Burakke, in do ttu’vo andà co Burakke”(“Burak, ma dove vuoi andare con Burak”), conscio del fatto che non ci sarà possibilità di duettare col suo compagno preferito.

Le emozioni, come al solito, provengono più dai nostri vicini che dal campo. La partita è accompagnata da reiterate critiche alla squadra ed al gioco, con numerosi “vergogna” e “che schifo”. Ad un tratto, un imprecisato personaggio irrompe nella stanza, urla “Mamma li turchi!”, e va via.
Pochi minuti dopo, le telecamere inquadrano Figo seduto in panchina in tuta da calciatore. Proprio mentre ci si interroga se, allo stato attuale delle cose, sia più lento lui o Alvarez, il compassato argentino scambia elegantemente con Milito e mette dentro un bel gol. L’entusiasmo serpeggia tra gli avventori, che in un attimo passano dal feroce ghigno di protesta alla felicità. Lehalo, ebbro di gioia, urla “Gl’ha marcaho Altobelli!”(“ha segnato Altobelli!”).

Il vantaggio, però, dura poco. Cinque minuti dopo, Altintop lascia partire un tiro da fuori che impatta contro una natica di Samuel e finisce alle spalle di un incolpevole Julio Cesar, indicato però a gran voce come il responsabile della rete subita. Lehalo, non appena il nostro portiere viene inquadrato dalle telecamere, prende dunque fiato e carica l’ugola. Tutti si girano verso di lui. “E’ il momento”, pensiamo.
A questo punto, però, succede una cosa impronosticabile, mai vista, mai sentita. Dalla bocca di Lehalo, infatti, non si leva il suo caratteristico urlo di battaglia, ma bensì

“Cambialooooooooooo!!”

L’intero circolo è spiazzato. In anni ed anni, mai era accaduto qualcosa di simile. Ci si scambiano sguardi preoccupati, come a dire, “e ora?”. La tensione è tale che nessuno si azzarda a chiedere a Lehalo il perché di questa agghiacciante rivoluzione, mentre lui fa il vago e borbotta cose intraducibili come suo solito.

A rompere questo stato di stallo ci pensa, ovviamente, Briatore, che ripropone un vecchio numero del suo repertorio: lo spogliarello. Quando sopravviene l’inverno più fetente, infatti, il nostro è solito arrivare al circolo bardato come uno scalatore di montagne; logicamente, il clima mite delle sale tv lo costringe a togliersi gli indumenti di troppo, per non schiattare dal caldo. Prima della sua svolta Radical Chic, Briatore era solito indossare, una sopra l’altra, almeno 4-5 giacche (provenienti da completi diversi), con ogni probabilità rimasugli del suo guardaroba da nababbo; ecco dunque che, dal momento in cui si sedeva, a intervalli regolari si alzava in piedi, si toglieva una giacca e la gettava sul catasto di tavole di legno posto misteriosamente sotto al maxischermo (catasto che, probabilmente, era ed è  lì apposta per questo uso). A fine partita, un enorme cumulo di indumenti giaceva a pochi metri da lui, che era ormai rimasto con una sola giacca, la camicia e la cravatta.
E pure i pantaloni, eh.

Stavolta, lo spogliarello si limita a poco: via il berretto, via la sciarpa, e basta. D’altra parte il surplus di indumenti non era così eccessivo, e poi un vero radical chic il cappotto non se lo toglie mai.

I minuti scorrono, ed il primo tempo si avvia al termine. Nagatomo passa alcuni minuti di difficoltà, e Briatore lo rincuora berciando “va levato Nagatomo, è una fogna!”. Le telecamere si spostano poi su Julio Cesar, il cui volto è bagnato dal sudore: uno scagnozzo di Maiho rompe il silenzio che circonda il suo capo e dice “o com’è sudato, ma se unn’ha toccato palla, o che, è una mucca?”.
Mancano pochi secondi alla fine, ma c’è ancora spazio per le emozioni: corner per noi, tutti dentro. Mentre tutti aspettano che Alvarez calci, Lehalo si esibisce in un pezzo ormai diventato parte del suo repertorio:

“Rientra Nagatomooooooooo!”

Inutile dire che il giapponese era uno dei tre che erano rimasti a protezione della difesa.
Alvarez batte l’angolo, la difesa turca ribatte, il pallone giunge vicino al vertice sinistro dell’area di rigore. Lehalo inizia ad urlare “Rientra Nìì” e poi strozza il grido in gola, accortosi forse che Nagatomo era ben posizionato.

Finisce il primo tempo, ed arriva il momento amarcord. Si discute, infatti, della genesi del soprannome “Briatore”, che, differentemente da ciò che molti di voi penseranno, non deriva dal dorato passato del nostro eroe.
La vera storia del soprannome Briatore inizia infatti molti anni fa, agli albori di Sky e del circolo, che prima non trasmetteva le partite perché, a detta dei gestori, “Tele + è da fascisti”.
Questa me la sono inventata adesso.
Comunque, molti anni fa alle partite era solito presenziare anche un altezzoso bellimbusto sulla cinquantina tarda, col ciuffo bianco al vento, la faccia da sciupafemmine cesse ed una panza tanta, che indossava (il bellimbusto, non la panza) sempre una camicia rosa chiara aperta sul petto villoso, sul quale regnava un luccicante crocifisso. Ebbene, questo figuro fu da me subito soprannominato “Briatore”.
Successe che, un giorno, nell’oscurità della stanzina, scambiai (non so come e perché) questo Briatore primordiale per il Briatore odierno, che divenne anch’egli Briatore. Si crearono così due Briatore, ed ogni domenica ci si interrogava su chi fosse quello vero e chi fosse l’impostore, in pratica non ci si capiva più un cazzo perché io avevo cominciato a chiamarli Briatore entrambi non so per quale motivo, me li confondevo anche se erano le persone più diverse del mondo, probabilmente ero in crisi mistica da Briatore ed avrei chiamato così anche mia madre se si fosse presentata l’occasione.
Questa situazione si trascinò per diverso tempo, fino a che, un giorno, si giunse ad una conclusione pirotecnica. Era la sera di uno dei derby più adrenalinici che io ricordi, un 3-2 per noi firmato da Adriano di testa all’ultimo secondo, al tempo in cui non vincevamo una sega e quindi il derby era come uno scudetto. Al termine della partita, quando gli animi delle tifoserie (sì, al circolo entrano pure i milanisti) erano ancora caldi, scoppiò una rissa. Mentre tutti si appinzavano con tutti, due energumeni cominciarono ad insultarsi ed arrivarono testa a testa. Prendendo posizione nel mucchio, potei vederli chiaramente.
Erano proprio loro. Erano i due Briatore. Volarono spinte, calci, cazzotti al vento, in un’eclissi di pance che aveva tutto l’aspetto del duello finale, dello scontro fra titani. Ne sarebbe rimasto solo uno.
Furono divisi, e poi non so come andò a finire. Fatto sta che il Briatore primordiale, da quella sera, sparì per mesi, e negli ultimi sette anni si sarà fatto vedere a dir tanto cinque o sei volte, mentre il Briatore odierno è lì che scrive pagine di storia e regna incontrastato. Il circolo era troppo piccolo per tutti e due.

Giuro che è tutto vero.

(quasi)

Ma torniamo nel presente. Prima che la ripresa inizi, mi giungono notizie dal bar sovrastante. Uno degli habituè mi riferisce di questa conversazione tra vecchi:

“Che fa l’Inter?”
“1-1”
“Vince?”

Si capisce subito che i ritmi saranno blandi, sia in partita che, e questa è la notizia, tra il pubblico. Briatore, che ha accanto un nuovo amico, farfuglia cose a proposito di fagioli e ceci, e si estranea dalla scena. Maiho è totalmente paralizzato, e devono prenderlo a schiaffi per fargli capire che è iniziato il secondo tempo. Lehalo parlotta, ma a basso volume.
In mancanza di meglio, seguiamo dunque il commento di Sky, che ci informa che in campo è nato “un certo feeling” tra Stankovic e Zokora. Samuel, intanto, riempie di cazzotti chiunque gli passi davanti, menando colpi a destra e a manca ma con tale mestiere che l’arbitro non gli fischia mai contro, e nessun avversario accenna nemmeno una protesta. Alvarez, comunque molto positivo, continua a farci annusare il tiro da fuori, per poi scaricare puntualmente sull’esterno: sono tre mesi che sta caricando il suo leggendario sinistro (definito da tutti “micidiale” per decisione presidenziale), e tutti siamo lì a sperare che ogni volta che ha un po’ di spazio sia quella buona per farci vedere se davvero ce l’ha, questo piede devastante che stacca le traverse e le sopracciglia di Agnelli.
In risposta a tutto ciò, Lehalo esclama, con molta calma, “Cambialo Alvarez”. Lo stupore serpeggia di nuovo, ma più discretamente. Quasi con rassegnazione, con tristezza, come se stessimo ormai accettando una realtà terribile, quella di un eroe che non è più lui.

Da questo momento in poi, però, complice anche l’eclissi di Briatore (che addirittura, a tratti, se la dorme), Lehalo si prende la scena e diventa l’indiscusso protagonista della seconda frazione di gara. Come ad esorcizzare le paure di chi lo temeva ormai degenerato, il fuoriclasse si scatena, regalando perle. Dopo l’ennesima palla persa da uno Stankovic misteriosamente ancora in campo, Lehalo, colmo di rabbia, urla

“Uno stiaffo (schiaffo) gli tirerei..

Dio Leone

al che io e gli altri due schiantiamo definitivamente in un riso isterico ed irrefrenabile. Uno degli scagnozzi di Maiho mi picchietta col dito sulla spalla, io mi giro con ancora le lacrime agli occhi e lui mi fa “vi si fa ridere, eh?”.
Cazzo, sì.

Poco dopo, mentre Marianella (o chi per lui) ci informa che tra Stankovic e Zokora c’è appena stato “un duello di soli falli”, succede l’imprevedibile: Maiho si sveglia, si inserisce in una discussione tra i suoi scagnozzi – basata essenzialmente sulla critica di  giocatori a raffica - e s’incazza, imponendo con la forza le proprie ragioni pur senza dar l’impressione di star sostenendo una posizione precisa.
Nel frattempo, noi gestiamo la palla, con i turchi che non riescono più a pressare con l’intensità di prima. Siamo in una fase di stallo, nella quale sembra davvero che non possa succedere nulla. Sembra, dico, perché è proprio in questo momento, quando ormai nessuno ci sperava, che il campione che si credeva decaduto cala l’asso e risolve la serata. E’ ora, come un fulmine a ciel sereno, che il momento tanto atteso finalmente arriva.
Lehalo, infatti, non ne può più. Dopo 82 minuti passati a reprimere il primordiale istinto, la misura è colma, e niente può ormai trattenerlo. Mentre il gioco è fermo, senza che nulla lasci presagire una simile mossa, con tutta la forza che ha in corpo carica il colpo, mette le mani alla bocca e rilascia un liberatorio

“LEHALOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!”,

il più lungo ed intenso Lehalo mai udito, così potente che Briatore si desta dal suo torpore e, facendosi portatore del dubbio di tutti noi, si gira e chiede

“CHI?”
Lehalo non risponde, perché non ne ha la minima idea. Lui doveva solo sfogarsi.

Dopo una decina di minuti di niente, la gara termina sull’1-1, risultato che ci dà la vetta del girone con una giornata d’anticipo. Le luci si accendono e rompono l’oscurità, permettendoci di ammirare appieno il look di un Briatore che si reinfila il cappello e copre con la sua sciarpa lo sporgere della cravatta dal maglioncino. Maiho, nuovamente spentosi dopo il diverbio, viene caricato dai suoi scagnozzi e portato via insieme alla sedia, mentre alcuni passanti lo rincuorano dicendogli “dai, vedrai che torna presto”. Lehalo scompare in un angolo, si inginocchia verso la luna ed inizia a lehalare sfogando le repressioni di tutta una sera.
Noi saliamo le scale.
E’ ora di andare a casa.

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mercoledì 19 ottobre 2011

PEDRETTI E’ DI MONTEVARCHI

mercoledì 19 ottobre 2011 2

Sono le 20,40. Ho appena parcheggiato la macchina vicino al circolo, e mentre chiudo la portiera mi dico “massì, prendiamolo anche stasera”. Riapro e prendo il taccuino degli appunti. Probabilmente sarà inutile come le altre volte, ma, ehi, a girl can dream.

Vabbè.

Dicevo. Il taccuino me lo porto dietro da un mesetto perché il circolo dove vado a vedere le partite dell’Inter è affollato da eminenti pensatori, delle quali elucubrazioni credo sia opportuno informare il mondo. Il suddetto taccuino, però, alle 20,40 di ieri sera era ancora vuoto, in quanto, durante queste prime infauste partite della stagione, il circolo ha dovuto registrare una pesantissima assenza. Si tratta dell’elemento simbolo: una figura imprescindibile, come lo sono quei giocatori che, per il solo fatto di scendere in campo, infondono alla squadra fiducia e consapevolezza dei propri mezzi. Un po’ quello che rappresenta Totti per la Roma, o Giggs per il Manchester United, o Alvarez per le squadre avversarie.

Ecco, in questo mese e mezzo è mancato Briatore.

Briatore è di gran lunga il personaggio principe dell’intero circolo. I suoi modi garbati, la sua camminata elegante, quella vocina delicata (un misto fra un tabagista terminale, Sandro Ciotti e Pingu) mi hanno conquistato sin dal primo momento in cui l’ho visto, ormai quasi sette anni fa. Pochi mesi or sono, dopo intere stagioni passate ad ammirare le sue mirabili gesta, sono finalmente venuto a conoscenza della sua storia: rampollo di nobile famiglia, in giovane età - essendo l’unico erede - ha potuto mettere le mani su un enorme patrimonio. Successivamente, in circa venti anni ha dilapidato ogni singolo centesimo vivendo una vita da George Best del Chianti. Si narra che partisse per Montecarlo per poi fare ritorno solo dopo alcuni mesi, e che conoscesse l’intero giro di puttane di Montecatini. Tutte le - pur sporadiche - attività imprenditoriali che ha intrapreso sono, stranamente, fallite in modo roboante.
Ora gira per le vie del centro, vestito di completi che 50 anni fa dovevano essere eleganti, a bordo di una bicicletta tenuta insieme da svariati chili di scotch sulla quale è caricata una cassa di frutta. Pare che dorma alla Misericordia. Tra i vecchi della città è una celebrità (è stato il nonno di un mio amico a cantare ed a rivelarci i trascorsi di Briatore).
Per attribuire ulteriore fascino al figuro, da segnalare anche una notevole somiglianza con Bukowski: capelli bianchi tirati all’indietro, faccia ruvida e gonfia, occhi piccoli ed infossati, labbra enormi e lo sguardo di chi ha visto qualsiasi cosa.

Ok, terminata l’introduzione, torniamo a ieri sera. Scendo le scale, entro nell’amena e buia stanza dove vengono proiettate le partite, mi siedo e..
e c’è qualcosa di strano nell’aria. I vecchi sono ringarzulliti. Qualcuno già insulta la squadra. Bestemmie e scatarramenti come se piovesse. Addirittura Lehalo abbandona le ultime file e si siede tra noi.
Mi guardo in giro, più che speranzoso, certo di quel che vedrò. So già che troverò la sua faccia. So già che questa atmosfera può significare una cosa sola.

E’ tornato Briatore. E’ lì, seduto accanto ad un compare imprecisato. Io e gli altri rari individui ancora muniti di prostata ci freghiamo le mani. Lo show può cominciare.

Dopo un minuto e venti secondi, Briatore sfoggia subito la sua classe urlando “Andate incontro, pezzi di merda” ai nostri centrocampisti.
E’ subito bagarre. Gli altri arcieri del circolo si galvanizzano: stasera, fuochi d’artificio.

Poco dopo, Maicon tenta un difficile cross dalla trequarti, che finisce tra le mani del portiere. Ecco allora che Maiho (soprannome dovuto al modo in cui quest’uomo pronuncia il nome del nostro terzino) irrompe nella serata, sbraitando “Maiho accidenta a te e a tutt’iBBrasile”.
Anche per questo personaggio è necessaria un’introduzione. Maiho, un tizio sulla sessantina con le vaghe sembianze di un avvoltoio, è un frequentatore abituale del circolo. Il suo tratto distintivo è uno solo: uno sconfinato, immotivato ed inconcepibile odio verso Maicon, che lui definisce “il giocatore più ciuho della serie A”.
Il peggiore della serie A.
Maicon.
L’odio si protrae fin dalla prima stagione del brasiliano nell’Inter, ed è sopravvissuto a quintali di sgroppate e di assist, ai gol alla Juventus ed al Barça ed ai titoli unanimemente riconosciuti di miglior terzino del mondo e di leggenda del ruolo e dell’Inter.
Mentre Maiho ci intrattiene col suo delirio, Briatore aggiunge delicatezza al momento dicendo “Gnamo Bongo!” (trad.: “Andiamo, Bongo!”), rivolgendosi al portiere del Lille che si attardava a rilanciare.

Ormai l’intero pubblico è entrato in partita. Dopo uno stop sbagliato, l’Imbecille (famoso per aver ripetutamente asserito, durante i primi 78 minuti di Chelsea-Inter, che “no, basta, Eto’o non è da Inter, c’è poco da fare ragazzi”) dichiara “Pazzini non è più quello di due anni fa”. Briatore cerca, senza successo, di sistemarsi un ciuffo in evidente fuorigioco, poi prende una sedia che userà esclusivamente per appoggiarci un gomito.
Intanto l’Inter, seppur orfana dei due più luminosi gioielli della campagna acquisti – l’incontenibile Ricky “Mailapilla” Alvarez ed il guizzante Jonathan Piedi di Forbice - sembra aver iniziato la partita con una certa sicurezza. Pensando a questa squadra con un Poli in più, si fatica a trattenere l’entusiasmo.

Briatore è scatenato. Dopo aver dato manforte a Maiho affermando che “Maicon c’ha i piedi a papero” ed aver ripetuto diverse volte “Bada Bongo” a causa della massiccia presenza di africani in campo, si lancia in un incomprensibile “O chi gl’è, Eschibarria?”, rivolto probabilmente a Joe Cole.
In tutto questo, sono passati solo quindici minuti.

E’ proprio quando scocca il quindicesimo che arriva uno dei momenti clou della serata. Tra il pubblico inizia a palesarsi una certa insofferenza verso Zarate. Dopo un certo numero di proteste, si capisce che è finalmente giunto il momento di Lehalo. Pochi secondi dopo, infatti, un urlo squarcia la notte:

“Lehaloooooooooooooooo!!”

Lehalo è un misterioso soggetto, di solito sempre seduto nelle retrovie, che ha il compito di raccogliere i malumori del pubblico e di convogliarli nel suo urlo caratteristico, idealmente rivolto all’allenatore dell’Inter, al quale viene richiesto di sostituire il giocatore nel mirino della critica. Il primo Lehalo suona come una sentenza, ed è un momento chiave della gara: spesso, infatti, il bersaglio delle lamentele si rivelerà poi l’uomo partita.
Come effetto immediato dell’urlo, Zarate inizia a macinare calcio, mettendo in apprensione la difesa del Lille.

Al 20’, un episodio sconvolge i presenti: una porta si apre e, nello sconcerto generale, entrano nella stanza due donne (la zona-sky del circolo è comunicante con una pista da ballo dove si tengono corsi). Il pubblico è in subbuglio: si solleva un curioso brusio, si scambiano sguardi maliziosi. “Delle donne!” “ Questa poi! Allora esistono davvero!”, sembrano pensare gli obsoleti avventori.
In quest’atmosfera di fervore ormonale, arriva il gol dell’Inter. Lehalo urla “rientra Nagatomooooo!!”, anche se Nagatomo è perfettamente piazzato ed infatti intercetta il lancio di un avversario. Il pallone arriva a Sneijder che inventa un corridoio per Zarate che, ormai scatenato, mette in mezzo. Pazzini al volo spara un siluro e ci porta in vantaggio mostrando la V, mentre il circolo urla di gioia. Briatore non esulta e rimane immobile, alla Zeman, salvo poi dare di gomito al suo compare sussurrandogli un ironico “Hai visto Bongo?”, a mò di scherno per il portiere avversario che non è riuscito a parare il tiro di Pazzini.

I minuti successivi scivolano via veloci, col Lille che tenta di reagire e Briatore che ripete continuamente “sotto a Bongo!” (trad.: “dagli addosso a Bongo!”), chiunque sia ad avere il pallone. Il pubblico pare apprezzare la prestazione dell’Inter, e si levano addirittura i primi applausi per Zarate, pronto per essere eletto a idolo. Ogni tanto si sente un “teshtone! caprone!” o uno “stronzo!”, quando Maicon tocca palla.

Il resto del primo tempo scivola via senza che nessuno sciorini particolari perle, tranne il solito incontenibile Briatore: i telecronisti elogiano la buona prova di Chedjou, lui in tutta risposta biascica “Ghignu?” infilandosi un dito nel naso ed uno in bocca.

Nell’intervallo mi riposo un attimo: la scrittura è stata incessante. Io e gli altri ci mettiamo a leggere gli appunti e capisco che ne verrà fuori un post infinito, ma anche che ne varrà la pena. Un rapido sguardo ai risultati, il tempo per rammaricarsi del fatto che Mazzarri non stia perdendo, e già si spengono le luci: sta per iniziare il secondo tempo.

Un tizio si avvicina a Briatore, gli mette una mano sulla spalla e gli dice, in tono scherzoso, “se un si vince…” (come a dire, se la prima volta che vieni perdiamo..). Briatore si infervora e lo spintona via con violenza, gli punta il dito contro e gli dice “Te non mi devi venire a stuzzicare”, poi si ricompone e cerca per l’ennesima volta di sistemarsi il ciuffo.

Inizia il secondo tempo. Il Lille si riversa fin da subito in attacco, noi difendiamo gagliardi con Lucio e Chivu che non concedono spazi e Nagatomo che salta come un leprotto, mentre il pubblico segue gli eventi senza commentare. Un personaggio imprecisato rompe il silenzio informandoci che Pedretti è di Montevarchi.
Per rinvigorire i soggettoni, però, questo non basta: serve di più, serve una sgroppata di Maicon.
Sgroppata che si fa attendere qualche minuto, ma che poi arriva: mentre Briatore urla “Vai cotenna!!”, Maiho afferma ironicamente “ecco i’ meglio dìmmondo!”. A fine azione, Lehalo torna a berciare “rientra Nagatomooo”, quando il giapponese è fuori dallo schermo: nell’inquadratura successiva, si scopre che Nagatomo era il nostro ultimo uomo in difesa.
Qualche minuto dopo, un incauto avventore tenta di accomodarsi sulla sedia occupata dal gomito di Briatore, provocando il risentimento del nostro eroe che abbaia “con tutti i posti che c’è, proprio qui devi venire?”. L’usurpatore prova timidamente a rispondere “perché devo sedermi dove vuoi te?”, ma un angolo calciato male da Maicon interrompe la diatriba.

“Se morisse secco! Se morisse a gamball’aria!”,
afferma Maiho, raccogliendo consensi.

Ranieri corre ai ripari e toglie Sneijder e Zarate schierando un ambizioso 9-1 e rinunciando completamente a ripartire. La sofferenza, anche se il Lille non si rende mai realmente pericoloso, aumenta di minuto in minuto, e quando Nagatomo prova a rompere l’assedio scattando in contropiede Briatore lo accompagna con un incoraggiante “Vaii! Corri demente!!!, per poi prendersi un paio di minuti per cercare pronunciare il nome dell’avversario che lo ha fermato (Mavuba).
Si soffre quasi più per paura che tutto debba andare storto che per meriti dell’avversario, si teme che la catastrofe sia dietro l’angolo. Garcia le prova tutte e manda dentro Payet, trequartista glitterato, e Obreniak, che chiaramente mostrano numeri da campioni, numeri alla Almiron. Julio Cesar però tiene la saracinesca abbassata, ed i minuti continuano a passare. Il circolo è in apnea: solo Lehalo, dopo un duello in velocità perso da Zanetti contro Hazard, riesce a dire “Ha quarant’anni, ma un la tromba la moglie?”.

All’ultimo secondo, il terzino francese mette la palla nel mezzo, ma fortunatamente in rete, invece che il pallone, finisce Beria: tutti tirano un sospiro di sollievo, tranne Briatore che ci pensa su una trentina di secondi e poi chiede al suo compare “unn’hanno miha marcato, eh?” (trad.:non hanno mica segnato, eh?).

Su queste parole si conclude la partita. L’Inter vince, Ranieri porta a casa la terza trasferta su quattro confermandosi mago degli allenatori, Briatore vince all’esordio confermandosi mago degli uomini. Mazzarri non perde, ma non si può avere tutto.
Lasciamo i nostri posti, già con un po’ di nostalgia, e ci mischiamo alla folla che risale le scale, stanchi ma felici. Giunti fuori, sfodero il taccuino ed enuncio le perle della serata, rivangando anche qualche indimenticabile scena passata. Mentre ridiamo sguiatamente per Maicon a gamball’aria, ecco che Briatore esce dal circolo, ci passa accanto guardandoci e si avvia lentamente verso la bicicletta. Dopo un momento di riflessione, sale in sella ed inizia a pedalare, ignaro del fatto che l’eco della sua leggenda stia per spargersi in tutto il mondo.

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mercoledì 21 settembre 2011

COME D'AUTUNNO

mercoledì 21 settembre 2011 3

Si sta come d'autunno, sui campi, Zanetti e Cambiasso 
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lunedì 29 agosto 2011

I GIOCOLIERI

lunedì 29 agosto 2011 3

Due uomini in un cortile. Sono vestiti alla bellemmeglio: abiti sporchi e sciupati, il volto seminascosto da un turbante. Hanno un pallone e se lo scambiano eseguendo continue evoluzioni, dando un discreto spettacolo. Un uomo li osserva dal terrazzo di casa sua.

- Allora?, afferma baldanzosamente uno dei due giocolieri, prendendo il pallone in mano dopo essersi esibito in una convincente rabona.

- Dieci euro – risponde l’uomo sul terrazzo.

I due si guardano, bofonchiano un po’ tra loro, poi si scambiano cenni d’assenso e cominciano a sfregarsi le mani.

- Dieci euro prezzo buono capo – fa quello col pallone in mano.

- Come scusa?

L’uomo sul terrazzo rimane spiazzato. Si volta dietro di sé, cercando conforto nello sguardo delle altre persone presenti in casa.

– Non era mica questa la battuta –, dice, stranito. Un tizio si toglie le cuffie, un altro grida “Stop!”.

- Tu apre, noi venire su – aggiunge l’uomo col pallone.

- Ma chi siete voi? Dev’esserci stato un malinteso – dice l’uomo dal terrazzo – mica ve li devo dare per davvero, i dieci eu..

L’uomo è però costretto ad interrompersi: nel cortile non c’è più nessuno. Il portone è aperto, ed i due sono già entrati nel condominio.

Pochi secondi dopo, suona il campanello. L’uomo lascia il terrazzo e va a sbirciare dall’occhiello della porta. Ovviamente, vede i due giocolieri.

- Apri capo, tu deve dieci euro!

L’uomo si gira verso gli altri presenti, gesticolando incredulo e bisbigliando “ma questi chi cazzo sono?”

- Noi sentito tuoi passi, ora tu apre e dà noi soldi!

- Sentite – fa l’uomo, da dietro la porta - chiunque voi siate, c’è stato un malinteso. Io..non..

La situazione è talmente assurda che l’uomo non riesce a trovare le parole per rispondere alle richieste dei due. In casa ci sono altre sei persone, ma nessuno sembra avere idea di cosa stia succedendo.

- No malinteso capo! Noi volere nostri dieci euro! Tu detto che davi noi! Ora apri e paga! – fa uno dei due, che poi comincia a battere insistentemente il pugno sulla porta.

- Ma..ma io.. ma io non vi do un cazzo! –  risponde l’uomo, perdendo le staffe.  - Avete capito, straccioni di merda? Ma tu guarda questi, siamo qui a lavorare e arrivano ‘sti  due pezzenti a rompere le palle!

- CAPO, APRIREEEEEEEE!!!!!!!! – urlano all’unisono i due, mentre scalciano la porta e ci battono sopra i pugni, con violenza crescente.

- E dagli sti cazzo di dieci euro – fa il tizio che sta dietro ad una telecamera –, almeno ce li togliamo dalle palle e continuiamo a lavorare.

- Ecco, daglieli e falla finita, che questa storia è durata anche troppo – fa un altro, raccogliendo cenni d’approvazione.

- Ok, ok – dice l’uomo, facendo per prendere il portafogli – però..scusate, perché dovrei darglieli io, i dieci euro? Cioè, arrivano questi due pazzi, e quello che ci rimette devo essere io?

- Avevi a pensarci, prima di dire “dieci euro”

- Ma..ma come? Ma se sta scritto sul copione!

- Senti, tira fuori i soldi.

- No!

In due si avventano contro all’uomo, lo appendono al muro, gli prendono il portafogli ed estraggono dieci euro. Lasciato l’uomo, aprono la porta per consegnare la banconota ai due giocolieri.

- Ecco qua i vostri dieci euro..ora però andatevene, che abbiamo da fare.

- Aspetta capo, noi volere controlare se falso – dice uno dei due, entrando in casa, mentre l’altro lo segue a ruota. Chiusa la porta, entrambi tirano fuori una pistola dai loro turbanti.

- Tuti in ginochio, mani alzate! Tuti ginochio! – urlano i giocolieri agitando le armi in direzione dei presenti, che non credono ai loro occhi. Paralizzati dallo stupore e, poi, dal terrore, gli abitanti della casa eseguono gli ordini.

- “Dagli dieci euro, così ce li togliamo dalle palle” – dice ironicamente l’uomo che era sul terrazzo, facendo il verso a chi prima gli aveva dato quel consiglio.

Uno dei giocolieri gli infila la pistola in bocca. – Non ho deto che tu può parlare, capo! Tu zitto, capo!

L’uomo mugugna “Mmmmnnhh” facendo cenni d’assenso col capo.

- Tirate fuori portafogli e lanciate tuti a me – ordina un giocoliere, palesemente il capo della banda, mentre l’altro inizia a girare per la casa aprendo cassetti.

– Tuti fermi e nessuno si fa male. Se solo uno si muove amazo tuti.

- Qui c’è argenteria! – fa l’altro, da una stanza lontana.

- Prendi, prendi! – I portafogli si accatastano vicino al giocoliere che tiene la pistola puntata sui presenti. L’altro torna verso di lui con un sacchetto dell’Esselunga pieno di cucchiai, forchette e coltelli, e le tasche piene di profumi e saponi.

- Io preso tutto!

- Bravo! E cassaforte?

- No c’è cassaforte!

- C’è argenteria ma no casaforte? Tu sicuro? Tu guardato dietro quadri?

- Sicuro!

- Non c’è la cassaforte – dice l’uomo che era sul terrazzo - noi non abitiamo qui. Usiamo la casa solo per girar..

Il giocoliere-boss gli spara ad una spalla.

– IO DETO TE DI STARE ZITO CAPO! Perché tu parla? Tu vuò parlare ancora?

L’uomo, dolorante, fa più volte cenno di no.

- Io credo lui – dice l’altro giocoliere, dopo essersi guardato attorno ed aver visto ovunque telecamere e microfoni.

- Anche io, ma così impara a obedire a ordini.

I due raccolgono i portafogli, li mettono in un sacco e si apprestano ad uscire.

- Adìo signori, è stato un piacere fare afari con voi.

Gli “abitanti” della casa si guardano sconsolati, mentre i giocolieri escono sbattendo la porta.

*****

Più tardi, nel loro covo, i due contano il bottino e conversano. Curiosamente, non si esprimono più con l’accento da extracomunitari.

- Quanti sono?

- Tremila euro, con l’argenteria.

- Bel colpo, Presidente! Li metto in cassaforte?

- No, aspetta un attimo. Voglio tenerli ancora un po’ qui sul tavolo.

Il Presidente si accende una sigaretta, guardando il mucchio di soldi e di argenteria davanti a sé.

“Ancora un paio di questi colpi e ci prendiamo Palacio”, pensa soddisfatto.

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mercoledì 6 luglio 2011

Post per cambiare aria: troppa puzza di merda

mercoledì 6 luglio 2011 3
Il sommario delle notizie della giornata:

- Migliaia di creature esultano per la relazione di Palazzi. Relazione che ha per oggetto "reati" prescritti, basata su elementi già (e più volte) ritenuti irrilevanti e che punta il dito contro un morto, specificando addirittura che la posizione del suddetto defunto è più grave di quella di Moratti perché quest'ultimo "ha fornito giustificazioni idonee a sminuirne la rilevanza [delle intercettazioni che lo vedono protagonista, ndr]", a differenza del trapassato che pare non aver proprio voglia di schiodarsi dalla tomba e fornire una qualche scusante.
Sono dunque aperte le danze per il giuoco dell'estate: la caccia al morto. In arrivo nuove bollenti intercettazioni riguardanti una telefonata di Prisco alla moglie: l'avvocato chiede per cena salsiccia e fagioli, la consorte accetta con riverenza e poi rincara la dose proponendo un fiasco di vino in abbinamento. La telefonata è già stata esaminata da un novero di illuminati che ha impiegato ben poco a scoperchiare il vaso di Pandora: "la moglie" - nel subdolo giogo dei nomi in codice - è in realtà Bergamo, la cena è il derby contro il Milan e "Salsiccia e Fagioli" sono Dondarini e l'assistente Calcagno, mentre per stabilire il ruolo del fiasco di vino verrà indetto un sondaggio su Tuttosport. Prisco invece è Raimondo Vianello.

- Inter, mercato. Preso Alvarez. In Europa girano cifre altissime: in stallo le situazioni Pastore e Sanchez, due che insieme contano la bellezza di una quarantina di gol in quattro anni di professionismo ma che costano quanto Messi. Ancora dubbi anche sul futuro di Peppe Er Bisteccaro, messosi in evidenza alla recente tedesca ai giardini con un paio di gol di tacco e soprattutto una pregevole rete di culo, che come è noto manda il portiere a 1. Dopo le recenti prestazioni, il presidente dell'A.C. Begonia, proprietaria del cartellino del campione, ha sparato alto: "50 milioni? Sono pochi, Peppe ha fame".

- Manchester United, mercato. Offensiva per Sneijder: l'olandese però non è un ragazzino che ha giocato bene sei mesi in vita sua, ma un plurititolato campione. L'offerta non può quindi superare i 20 milioni.

- Juve, mercato. Presi tutti.

- Inter: presentato Gasperini, che in conferenza ha anche in qualche modo preso le distanze dal suo passato juventino. Cosa che, soprattutto in questi giorni, è più che mai gradita.
Benvenuto e buon lavoro, Gasp.
No, non arriva la battutina. Benvenuto e buon lavoro sul serio, cazzo.


Facchetti
La tomba di Facchetti è cilindrica, per permettergli di rivoltarsi più agevolmente
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mercoledì 15 giugno 2011

IL VITELLO DAI PIEDI DI BIELSA

mercoledì 15 giugno 2011 3
Seeei il vitello dai piedi di bielsaaa


inventore di una storia falsaaaa
(mica tanto)
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lunedì 13 giugno 2011

THE MAN WHO BOUGHT THE WORLD

lunedì 13 giugno 2011 3
Ieri è stata una giornata terribile. Fin dal primo momento in cui ho messo il naso fuori ho capito che c’era qualcosa che non andava.

Vi racconto. C’era un mercatino dell’usato qua vicino a casa mia, una roba carina. Ho vinto la pigrizia e ci sono andato. Avevo programmato di andarci sul presto, in modo da trovare ancora le cose migliori, e invece era più di mezzogiorno. Merda, mi son detto, sarà pieno di gente e non ci sarà più niente. Invece arrivo lì, e che trovo? il deserto. Nemmeno i commercianti, c’erano. E che, era già finito tutto?

No, che non era già finito tutto. Le bancarelle erano ancora piene di oggetti, solo..solo che quelli, gli oggetti, avevano tutti uno strano tagliandino appiccicato sopra. Pieno di dubbi, sono andato sul retro di una bancarella, alla ricerca di qualcuno che mi spiegasse la situazione. Dopo aver vagato un po’, mi sono finalmente imbattuto in questo tizio, uno che aveva un banco pieno di vinili e di vecchi giradischi. Stava stravaccato su una sedia, con una mano teneva la sigaretta, con l’altra si dava una sistemata alle palle.

- Buongiorno! Senta, mi sa spiegare cos’è successo?
- Cos’è successo dove?
- Qui, cos’è successo al mercatino..voglio dire, perché non c’è nessuno che compra, nessuno che vende, niente di niente? E cosa sono quei tagliandini?
- Cos’è successo qui! Mi chiede cos’è successo qui!
- Sì, esatto, le sto chiedendo proprio questo.
- Cosa vuoi che sia successo, ragazzo? E’ passato Lui.
- Lui chi?
- Lui. Il re del mercato.
- Il re del mercato?! E chi è?
- Chi è! Mi chiede chi è!
- Senta, la vuole smettere?
- Ascolta, ragazzo. Devi sapere che quando passa lui, qui rimane ben poco da fare. Lui arriva, fa i suoi comodi e se ne va.
- Ma insomma, vuole essere un po’ più chiaro, perdio? Chi è questo re del mercato di cui sta vaneggiando? E cosa ha fatto? Mi vuole dire cos’è successo qui, stamattina?
- Ok, va bene, te lo dico. E’ passato Marotta.
- …Marotta?
- Esatto. Ha opzionato praticamente tutti gli oggetti in vendita. I restanti li ha presi lasciando in cambio quelle casse di ortaggi che vedi laggiù. La gente appena l’ha visto se l’è data a gambe.
- Santo cielo, è terribile!

Sconvolto, ho cominciato a camminare senza meta, obnubilato dai pensieri. E’ dunque così enorme il potere di Marotta? La Juventus sta riuscendo sul serio a comprare tutto e tutti? E’ vero che a farsi le seghe in apnea si gode il doppio?
Cercando di dare risposte incoraggianti a queste domande, ho camminato a testa bassa per diversi minuti, fino a quando mi sono reso conto di essere arrivato proprio di fronte alla biblioteca comunale. Ho pensato, macché Marotta e Marotta, mi prendo un bel libro e non ci penso più.
Entrato in biblioteca, mi si è ripresentato davanti lo scenario del mercatino: deserto, silenzio, desolaltezza. Vabbè, in effetti è una biblioteca, ed è domenica mattina. Ci sta che non ci sia nessuno. E’ già tanto che sia aperta.
Sono andato al banco dei prestiti per chiedere informazioni su un bel romanzo che intendevo prendere, ma..dietro alla scrivania non c’era nessuno. E nemmeno un po’ più in là. E nemmeno al banco di fronte. L’intera area era deserta.

“Ehi, c’è nessunooo?”, dicevo mentre vagavo per i corridoi della biblioteca. A un certo punto, sono passato davanti ad una porta ed ho sentito un rumore. La targhetta accanto alla porta diceva “Accesso privato”.
Ho afferrato la maniglia, ho aperto ed ho acceso la luce. Davanti a me c’era una ragazza con i piedi e le mani legati, e la bocca coperta da del nastro adesivo. Sul petto aveva un pass con sopra scritto il suo nome. Era la bibliotecaria, sicuro.
Appena mi ha visto, ha cominciato ad agitarsi, in preda al panico. Io le ho detto di stare calma e le ho tolto lo scotch dalla bocca.

- AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!
- Non urlare! Non voglio farti del male!
- Sei uno di loro, sei uno di loro?
- No! Cioè, loro chi? Chi sono “loro”?
- CHI SONO LORO! MI CHIEDE CHI SONO LORO!
- Anche tu con questa storia?
- AHHHHHHHHHHHHHHH!! SEI UNO DI LORO!!!

E’ andata avanti così per una decina di minuti, finché l’ho convinta di non appartenere al misterioso gruppo dei “loro” e si è calmata un po’. Capendo che non aveva intenzione di parlare di quel che era successo, le ho chiesto, per cambiare discorso, se il romanzo che volevo era disponibile.
A questo punto, è crollata e mi ha detto tutto. Non c’erano più libri disponibili, la Juventus li aveva già presi tutti in prestito con diritto di riscatto. Non era rimasto niente, nemmeno i manuali di giardinaggio. Aveva preso tutto la Juve, e senza tirar fuori un euro. I bibliotecari, dopo essere stati costretti ad assistere a quella violenza, erano stati rinchiusi negli sgabuzzini da un gruppo di consiglieri d’amministrazione. L’avevano imparato al corso aziendale, dicevano. Una tragedia terribile.

Mi sono messo a correre, con le lacrime che mi sgorgavano dagli occhi. “Non è possibile, sto sognando”, mi dicevo durante quella disperata fuga. Purtroppo, però, era la dura realtà. La Juventus si stava impadronendo del mondo.

Si era ormai fatto tardi, senza che me ne fossi accorto. Gli avvenimenti incredibili della giornata mi avevano fatto perdere la cognizione del tempo, e mi avevano anche fatto passare di mente che dovevo andare a votare.
Già, cazzo, il referendum! Ok, la Juve sta facendo quel che sta facendo e siamo tutti in pericolo, però questo non può distogliermi dall’adempiere ai miei doveri di cittadino.

Frugandomi in tasca ho trovato la tessera elettorale, che avevo saggiamente deciso di portarmi dietro quando, quell’infausta mattina, stavo per avviarmi verso il mercatino. Salito su un autobus – tirando un sospiro di sollievo perché per fortuna Marotta non si era ancora comprato, come temevo, il servizio di autolinee cittadino -, con ancora negli occhi l’orrore a cui avevo assistito in biblioteca, in pochi minuti mi sono ritrovato davanti al seggio. Almeno lì non avrò problemi, mi ripetevo in testa, almeno lì non c’è Juve che tenga, il mio voto non possono certo comprarselo.

Al seggio l’atmosfera, grazie a Dio, sembrava tranquilla. Il consueto viavai di persone tipico delle consultazioni elettorali. Niente deserti o silenzi inconcepibili, niente scrutatori rapiti. Tutto bene.

Raggiunta la mia sezione, vi sono entrato con un bel sorriso dipinto sul volto, stanco ma sollevato.
E’ stato un attimo. Appena mi ha visto, il presidente del seggio mi si è avventato contro chiedendomi a gran voce la restituzione del voto del 2006. “Dammi il tuo voto di cartone!”, mi urlava addosso mentre mi scuoteva tenendomi per il colletto della camicia. In un’atmosfera di agitazione generale, i presidenti degli altri seggi hanno fatto irruzione nella stanza brandendo copie di Tuttosport arrotolate e scudi tricolori, mentre agli elettori venivano lanciate stelline ninja a tre a tre. Uno scrutatore ha offerto venticinque milioni per una sedia.

Dopo qualche minuto, sono riuscito a divincolarmi da quel groviglio di corpi, clave e sentenze di tribunali sportivi e mi sono incamminato verso casa sconfitto, nel corpo e nell’anima.
Avevano vinto loro. Era finita. L’intero pianeta era sotto scacco, e non c’era niente che potessi fare.
Solo un pensiero mi teneva in vita, solo una convinzione mi permetteva di andare avanti: a me, non mi avrebbero mai avuto. Potevano comprarsi tutto, giocatori, voti, libri, quaderni e matite, ma la mia integrità, la mia indipendenza no, non potevano averla.

Passando davanti ad una vetrina, ho guardato la mia immagine riflessa per la prima volta da quando mi ero svegliato molte ore prima. C’era qualcosa di strano in me, ma non riuscivo a capire cosa. Forse i pantaloni, ma..no, erano normali. La faccia? Niente, sempre il solito viso di culo. Le scarpe? No, non direi.

Poi la vidi. La camicia.

Era bianconera.
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domenica 22 maggio 2011

22 MAGGIO

domenica 22 maggio 2011 5
Quelli che vivono di ricordi non li ho mai sopportati. Quelli che vivono di ricordi sono quelli che “sono sempre 29″, quelli che “eh ma siamo i più titolati del mondo”, quelli che passano l’esistenza a subanalizzare ogni sputazzo e scaccolamento dei giudici del processo calciopoli e così via. Quelli che vivono di ricordi perché il presente non è all’altezza del passato, o anche perché, semplicemente, il presente è una merda.
Però oggi è il 22 Maggio.
Il 22 Maggio per noi sarà sempre La data. Sarà sempre quel puntino sul calendario che ci farà fantasticare con un bel sorrisone da ebete stampato sulla faccia. E questo a prescindere da quelli che saranno (e sono) i risultati dell’Inter, perché quella sera, quel 22 maggio 2010, la nostra squadra ha toccato l’apice della sua storia, ed anche se in futuro dovesse (sèh) (sgrat) ricapitare un triplete, quello del 22 Maggio 2010 rimarrebbe comunque il primo ed unico per una lunga serie di motivi.

Perciò, oggi mi sento autorizzato a vivere di ricordi. Anzi, mi sento in dovere di vivere di ricordi, dei ricordi di quella nottata epica. Anche se il presente non è male, anche se non siamo costretti ad assistere passivamente alle vittorie degli altri ed a rosicare tirando in ballo i trionfi passati, anche se tra una settimana l’Inter giocherà una finale, oggi non posso non fermarmi un attimo e dirmi, cazzo, l’anno scorso in questo momento ho toccato uno degli apici della mia esistenza, senza vergognarmi di aver raggiunto tale vetta grazie ad una partita di calcio. Non posso, non possiamo  non soffermarci sulle foto, sui video, sui ricordi che portiamo dentro di noi. Ognuno ha un aneddoto, una o più situazioni particolari vissute quel giorno a cui è legato ed a cui sarà legato per l’eternità, perché il 22 Maggio è parte di noi e, nel 2011 come nel 2060, sarà sempre un giorno nel quale riesumeremo un po’ di quella gioia immensa che ci pervase nella sera della conquista della Champions e della tripletta.
E’ già passato un anno e, sebbene i sei mesi di Asciugaman e la settimana terribile di Leo abbiano rappresentato un duro ritorno sulla Terra, io non sono ancora completamente disincantato. Quella sera è un po’ come se tutto (calcisticamente parlando) si fosse fermato, quella sera è il punto di rottura di una “serie”, diciamo, che durava da quando ho iniziato a seguire l’Inter con coscienza. Da quella sera in poi, tutto è proseguito quasi per inerzia, sulla scia di ciò che è successo. Credo sia per questo che il tempo è passato così velocemente, perché la spinta ricevuta dalla stagione 2009/2010 è stata talmente forte che tutto quel che è successo dopo l’abbiamo visto sfilare quasi passivamente, dal finestrino di un treno in corsa. Quest’anno abbiamo, ho vissuto di ricordi, ma a differenza di ciò che ho sempre pensato non ci trovo niente di patetico. Ci stava.
Ci stava a patto di essere coscienti che domani, 23 Maggio 2011, si traccerà un confine tra il vivere di ricordi “autorizzato” e quello “biancorossonero style”. La serie che era stata interrotta un anno fa dovrà, per forza di cose, ricominciare. E’ ora che tutti si azzeri, e che si riparta senza attenuanti e futili autoconvincimenti di essere i più fighi anche se la realtà è un’altra cosa. Che si riparta senza vivere nel passato.
Oggi, però, è il 22 Maggio. Oggi è ancora ieri. Oggi è il primo di una lunga, infinita serie di 22 Maggio che trascorreremo celebrando il Trionfo. Oggi, come tra un anno, o due, o trenta, fissando la data sul calendario tutto attorno a noi scomparirà. Ovunque saremo e qualsiasi cosa faremo, almeno per qualche minuto tutto sparirà e resteranno solo piazza del Duomo stracolma, il Bernabeu nerazzurro, la doppietta di Milito,  l’incredulità di Zanetti con la coppa in testa, il pianto di Josè sulla spalla di Materazzi, l’ingresso allo stadio alle due di notte, l’alba a San Siro, Arnautovic che aizza la folla ed un sacco di altre cose che ognuno di noi, in un modo o nell’altro, ha vissuto e ricorderà per sempre.
(ecco, sarebbe bello se ognuno condividesse qualcosa di quella serata, anche un ricordo non necessariamente legato alla partita come, per esempio, la colazione a suon di salamini Beretta della quale parlai tempo addietro. Raccontiamoci le storie e poi piangiamo come pischelle di terza media, che oggi possiamo).
Quindi, insomma, tutto questo per augurare un

buon 22 maggio a tutti.

Godiamocelo, prima di tornare (stavolta per davvero) alla realtà.
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giovedì 14 aprile 2011

SERATA NIENTE MALE

giovedì 14 aprile 2011 3
Mi consolo: all'ottantesimo ho visto un doppio passo di Coutinho

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venerdì 8 aprile 2011

AVB

venerdì 8 aprile 2011 2


Eu não sou pirla



Mas nòs somos stronzos
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mercoledì 6 aprile 2011

...

mercoledì 6 aprile 2011 13
è da un'ora che fisso questa pagina bianca pensando a qualcosa da scrivere, ma mi sono reso conto che non ne sono capace. Che non c'è niente da dire. Mi tengo l'applauso dello stadio a Raul, mi tengo il ringraziamento della nord a questa squadra leggendaria, mi tengo la gioia per aver visto Milito tornare a segnare.
E il resto?
Pensandoci, mi tengo pure quello. Siamo giunti al termine di cinque anni straordinari, e certo non potevamo uscire di scena senza dare nell'occhio. Non siamo fatti per essere banali. Se vinciamo, vinciamo tutto, se perdiamo, ne prendiamo cinque dallo Schalke in casa. Quindi, prendiamoci questa uscita di scena assurda, impensabile, sicuramente indimenticabile, e finiamo 'sta stagione maledetta con dignità ed orgoglio.
buonanotte Leggi tutto...

sabato 2 aprile 2011

LA PALLA, LE GIOSTRE, LA STORIA

sabato 2 aprile 2011 5

Questo derby è facile da presentare.

Siamo più forti. Più pronti. Più in forma. Più tranquilli. Più cazzuti.

E, fatemelo dire ancora una volta, più forti.

Sono due settimane che è chiaro che, in vista di questa partita, quelli che hanno paura non siamo noi. O forse è da più di due settimane, magari è da un paio di mesi, da quella splendida rimonta col Palermo, verso il termine della quale la palla parlò. Oppure, per allargare ancor più il discorso, diciamo che sono tre mesi che agli altri frizzano le terga e che, forse, il bruciore è cominciato al famoso terzo minuto di Inter-Napoli, dopo il gol di Motta.

Il Milan che affronteremo domani non è niente di diverso da quello che abbiamo strapazzato lo scorso anno. Anzi, per certi versi ha addirittura qualcosa in meno, visto che mancherà di una vera prima punta e dell’uomo che spesso e volentieri la mandava in rete, quella prima punta. In più hanno un buon Robinho, un ottimo Boateng ed una migliore organizzazione difensiva. Fine. Quindi, diciamolo: la squadra campione di tutto non può temere una roba del genere. Non può temere, in una gara secca, una compagine che è stata fatta fuori dalla Champions dalla quinta in classifica del campionato inglese. Non dovrebbe temere un Milan al completo e tirato a lucido, figuriamoci questo Milan orfano di Ibra e, perciò, di una manovra offensiva.

La ricetta per vincere stasera è, quindi, molto semplice: giocare da Inter. Fare quel che va fatto. Mettersi a giocare a pallone e far vedere di essere più bravi. Ok, potrebbe sembrare semplicistico ridurre a questo il “segreto” per affrontare al meglio il derby di campionato più importante degli ultimi, boh, venti anni, ma credo fortemente che non ci sia molto altro da dire. E non è per presunzione che scrivo questo, basta confrontare i valori delle due squadre: una ha scritto e sta scrivendo la storia, ha vinto tutto e gioca per rivincere tutto, praticamente con la stessa rosa che ha compiuto le imprese dell’anno scorso; l’altra viene da quattro anni di niente e quest’anno, per la prima volta dal 2003, si è fatta qualche giro di giostra al piano alto, mostrando però la sua pochezza in quasi tutte le prove del nove.

Visto che il giostraio manca, vediamo di toglierceli, da quelle giostre. Non è roba per loro, hanno già cominciato a sentirsi male.

E poi sotto ci siamo noi, non vorremo mica che ci vomitino addosso?

Per concludere, un pensiero per chi dovrà sorbirsi gli ululati di circa settantamila persone:

l’Inter è stata fondata da soci dissidenti del Milan: la storia è dalla nostra parte. Dalla tua parte.

Forza Leo, forza ragazzi, forza Inter.

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mercoledì 16 marzo 2011

L’INTER, NOI E LA SBORNIA

mercoledì 16 marzo 2011 3

Erano passati quasi nove mesi dall’ultima sbornia. Se qualcuno si ricorda, l’anno scorso, dopo l’andata della semifinale col Barcellona, usai il termine “sbornia” per definire quell’estasi che continua a pervadere corpo e mente per ore ed ore dopo il fischio finale di una partita memorabile. Quell’estasi che ti costringe a rivivere le emozioni della serata appena trascorsa, a guardare sintesi in ogni tipo di linguaggio, a leggere gli articoli di tutti i giornali, a  farti un giro su Tuttosport per vedere come stanno i fegati. E non c’è storia, non c’è verso di dormire, di rilassarsi un attimo, di non pensare al trionfo. C’è da smaltire la sbornia.
Ecco, dicevo, di queste sbornie l’anno scorso ne abbiamo rimediate parecchie. Otto, per la precisione (Derby a/r, Kiev, Stamford Bridge, semifinale Barcellona a/r, Siena, Madrid), in un crescendo mourinhano culminato con una serata nella quale non c’era tempo per le sintesi o i commenti o i fegati, una serata nella quale c’era solo ed esclusivamente da festeggiare quello che è stato l’apice di 103 anni di storia interista.

Da quella sera, almeno come tifosi, abbiamo dovuto perseguire la strada della sobrietà. Ci sono stati momenti non piacevoli, e, ok, col tempo siamo tornati a sorridere ed a goderci delle belle partite, ma di sbornie no, nessuna. Ok, un paio di volte ci siamo un po’ avvinazzati, ma niente di che. Giusto qualche bicchiere. Roba che sei allegro per una mezz’ora, poi passa tutto.

E poi, ieri sera.

Ieri sera ci siamo andati giù pesante.

“Wine is fine, but whiskey’s quicker”, per citare il mio amico Hank (mentre cita Ozzy Osbourne). Ieri abbiamo alzato il gomito, pesantemente. Ieri, per la prima volta, ho ri-provato le emozioni della scorsa stagione, l’urlo incontenibile ai gol e al fischio finale, la sensazione di camminare ad un metro da terra nel tragitto fino a casa (sebbene mi poggiassi su due stampelle), la paresi facciale col sorrisone da ebete e, cazzo, un sincero, raro, indistruttibile buon umore. Momenti, ore di pura felicità. Felicità in cambio di partite di calcio (e qui sto citandomi per la seconda volta, ma ora la smetto).

E di nuovo dopo una partita col Bayern, contro gli stessi che ci avevano visto esplodere di gioia per l’ultima volta. Un cerchio che si chiude, o forse che ne apre un altro, magari cercando di comporre quello strano simbolo, quel ∞ che, per l'appunto, significa infinito (ok, la smetto di farei il poeta dei poveri).

Mi sono sentito nuovamente come in quella indimenticabile notte di Milano, quando, a San Siro, guardavo sbalordito coloro che, dopo una serata del genere, erano riusciti ad assopirsi. O come nel post-remuntada fallita, una notte insonne a riguardare la partita, leggere articoli turchi, vedere e sentire centinaia di volte Josè che dice che è il momento più bello della sua carriera. O come in una qualsiasi di quelle altre sei notti interminabili e bellissime.

Ieri abbiamo avuto tutto, il dramma e il sogno, la disfatta e il trionfo, (continuate voi con tutti gli opposti che vi vengono in mente, io ne aggiungo solo un altro), la Juve ed il gioco del calcio. Ieri abbiamo rispolverato il whiskey, e ci è salita una sbornia colossale. Di quelle che servirà un giorno, forse due, per farsela passare un po’.
Il vantaggio immediato. Il miglior portiere del mondo che replica (peggiorandola) la papera dell’andata, gli eroi del triplete in ambasce, presi a pallate proprio da coloro che avevano dominato nove mesi prima. Metà squadra con la bombola d’ossigeno, mentre gli avversari volano. Una palla che danza sulla nostra linea e si schianta sul palo dopo un rimpallo folle. La necessità di metterne due in un tempo, senza più subirne. Un cazzuto dramma.

E poi, la rinascita, l’apoteosi di un secondo tempo giocato sui nervi, sul cuore e sulla classe. Un secondo tempo dove le due contendenti sono rientrate nei ruoli che gli competono, l’Inter in quello del protagonista ed il Bayern in quello di chi ha le mutande ripiene e non incrocia lo sguardo. Un secondo tempo che ci ha portato all'apoteosi dell'88esimo minuto, con il pallone decisivo nel sacco e mezza Inter ammucchiata sopra un Leo estasiato.

E allora ecco che al gol di Sneijder ho rivisto il gol del pareggio contro il Barça a San Siro, firmato dallo stesso, vero, Pallone d’Oro. Ecco che, per tutto il secondo tempo, ho rivisto la voglia, la rabbia di Kiev, quando tutto poteva finire ancor prima di iniziare. Ho rivisto crescere di minuto in minuto la convinzione di poter centrare l’impresa, come in quella sera a Stamford. Ho rivisto quel giocatore che era scomparso da circa nove mesi gonfiare la rete con un gol bellissimo e pesantissimo; l’ho rivisto togliersi la maglia (come aveva fatto la prima volta che ha segnato con la nostra maglia, dopo la punizione del 2-0 nel più bel derby di sempre) facendoci esplodere in un urlo simile a tanti altri, simile a quelli per i prodigi del Principe a Madrid, a Kiev, a San Siro (faccio prima a dire “ovunque abbia giocato”), a quelli per i gol di Maicon o di Cambiasso, a quello devastante dopo il rinvio di Lucio al 94esimo di Barcellona-Inter, con Josè che parte col dito puntato verso il settantesimo anello dove cinquemila persone stavano impazzendo.

Stanotte, nove mesi dopo l’ultima volta, sto rivivendo le emozioni di quelle notti indimenticabili. E, sarà per gli avversari, sarà che è il ricordo più fresco, ma le emozioni sono simili a quelle del 22 maggio. Poi ci penso un attimo e realizzo che non è esattamente la stessa cosa, che non ho appena visto la Coppa e l’alba a San Siro, che non farò la miglior colazione della mia vita, ridendo con un amico mentre ci gustiamo l’accoppiata salamini Beretta-succo alla pesca (che volete, quello c'era in casa), che tra qualche ora non mi sentirò dire da quella che era la mia ragazza “si vede che sei felice, non ti ho mai visto così..così VIVO” pur essendo reduce dalla nottata più emotivamente e fisicamente provante della mia vita ed avendo “dormito” solo poche ore su un divano. No, questo è il passato. Ed è bellissimo, ma è il passato.
La sbornia c’è lo stesso, però. Ed è la prima dell’anno, dopo un periodo nel quale mi ero (ci eravamo) disabituati, dopo un’astinenza che ce l'ha fatta apprezzare di più. Un’astinenza che ci ha fatto pure bene, magari.

L’anno scorso ce ne sono volute otto, di sbornie, per tagliare tutti i traguardi possibili ed immaginabili. L’anno scorso, il sedici marzo, arrivava la quarta, quella di Stamford Bridge, ed altre quattro stavano per arrivare.

Dal prossimo 3 aprile al 28 maggio ci sono circa due mesi. Fanno una sbornia ogni due settimane.

Io sono pronto.

Voi?

 

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PACATEZZA

Il gol di Pandev l’ho vissuto con moderazione.

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sabato 12 marzo 2011

ANALOGIE

sabato 12 marzo 2011 4
Venerdì 12/03/2010




Venerdì 11/03/2011




Martedì 16/03/2010




Martedì 15/03/2011

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giovedì 10 marzo 2011

LUCI SPENTE

giovedì 10 marzo 2011 3
Perlomeno, al Milan sembrano aver fatto passi da gigante in tema di sportività: al momento del fischio d'inizio, un lampione bello grosso si è improvvisamente spento, rimanendo inattivo per tutto il resto della gara, ma stavolta nessuno ha detto un cazzo.

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giovedì 24 febbraio 2011

MISTER CULO

giovedì 24 febbraio 2011 2
Si chiama culo ed in questa competizione è più fondamentale di un Messi, o di un Ronaldo, o di un Gattuso in squadra. L'anno scorso siamo stati perfetti sotto ogni punto di vista, ed in più abbiamo avuto mister Culo sempre dalla nostra parte: non c'è stato un singolo episodio che ci sia andato a sfavore. Purtroppo in Champions sono gli episodi, i dettagli a fare la differenza, e ieri sera la "fortuna" dell'anno scorso ci si è ritorta corto. Per carità, il Bayern ha preso due legni e creato una gran mole di gioco, ma il giusto risultato al novantesimo sarebbe stato 2-2, non 0-1. Sempre facendo riferimento agli episodi, la partita sarebbe potuta tranquillamente terminare sul 2-0 per noi, con la qualificazione già ipotecata e tre settimane di tranquillità

Invece.Invece abbiamo perso in casa dopo due anni e mezzo (il derby di andata non lo conto, i derby non si giocano mai in casa o in trasferta), orfani dell'eroe del 2010, sbagliando mille occasioni da rete e perdendo anche il centrale che sta dignitosamente sostituendo il Signore Iddio che ci ha lasciati dopo quel maledetto scontro di merda con Caracciolo. Abbiamo perso al 90esimo con un gol che possiamo tranquillamente definire "di merda", figlio di una grave disattenzione di uno dei più grandi portieri del mondo, che a pochi istanti dal termine della sfida ha deciso di apparecchiare la tavola ad uno che l'anno scorso non segnava nemmeno con le mani.
C'è poco da fare, è così. Non è girata e dobbiamo accettare il verdetto, sperando nell'(improbabile, a questo punto) impresa all'Allianz Arena tra tre settimane. Impresa che è certamente alla portata dei campioni d'Europa, ma che resta, comunque, un'impresa. E spesso, per fare un'impresa, non basta una grande prestazione, ma serve anche l'apporto di mister Culo, colui che ieri ha tifato per colori avversi ai nostri.

Non è finita, manca il secondo tempo, e possiamo ancora sperare. E' molto dura, ma mancano altri novanta minuti, e non ha senso mettersi a fare i funerali. Aspettiamo, con fiducia e, comunque vada, gratitudine per questo gruppo.

Ora, siccome ho le pezze al culo e se mi propongono di pubblicizzare qualcosa io accetto all'istante, vi presento un'iniziativa del fantacalcio dellla Gazzetta (la Magic Cup, che tutti conoscerete) che permette a chi ancora non si è messo in gioco di concorrere per i succosi premi messi in palio da quel bel giornale, che tutti noi amiamo tantissimo. Ma proprio tanto tanto.
Ecco qua:

Magic Campionato è il Fantasy Game di punta de La Gazzetta dello Sport e fa parte di Magic Cup, il portale dedicato all’offerta Fantasy di www.gazzetta.it
Magic Cup consiste nel creare una Squadra di Calcio, basata sui giocatori di Serie A, composta da 25 elementi con 250 magic milioni virtuali. In corrispondenza di ogni giornata di Serie A, ogni concorrente deve gestire e schierare la propria squadra, ottenere più punti possibili. In base ai punteggi ottenuti entra in classifica e in base al posizionamento concorre ad un Montepremi (per la stagione 2010-11 il montepremi supera i 250 mila euro).
Sono previsti premi settimanali, ogni 6 giornate per minitornei  (classifiche serie a e serie minori) e a fine stagione (classifica generale).
Ora è il turno Campionato di Primavera, gli utenti potranno iscriversi a Magic e creare la loro squadra fino a mezz’ora prima del calcio d’inizio della prima partita della 27^ giornata.
Gli utenti che si iscriveranno in seguito a tale data, parteciperanno comunque alla Classifica Generale e alla Classifica a Campionato con la seguente logica:
- Ai fini della Classifica Generale di Rendimento, chi si iscriverà dopo la 2° giornata otterrà un punteggio d'ingresso pari alla somma dei punteggi ottenuti nelle giornate precedenti dagli 11 calciatori che figurano come titolari della sua squadra al momento della creazione. Nessun altro elemento (ad esempio modificatore della difesa) contribuisce al calcolo del punteggio d'ingresso.
- Ai fini della Classifica a Campionati, chi si iscriverà dopo la 2° giornata e prima della 8° giornata otterrà un punteggio di ingresso pari a 66 punti per ogni giornata saltata. Anche le squadre che si iscrivono dopo la 8° giornata ricevono un punteggio di ingresso pari a 66 punti per ogni giornata saltata del campionato stagionale durante il quale si sono iscritte.
Inoltre, per tutti gli utenti (già iscritti e nuovi iscritti) dalla fine della 20° giornata è a disposizione dell’Extra Budget (5 Extra Magic Milioni per affrontare al meglio tutto il Campionato) e degli Extra Cambi (5 Extra Cambi da utilizzare entro la mezz’ora precedente al calcio d’inizio della prima partita della 22° giornata)
I premi per cui concorreranno gli utenti sono (Montepremi complessivo Magic 2010-11 oltre 250 mila €):
- Serie A (per ognuno dei seguenti campionati autunno, capodanno, inverno e primavera)
1° classificato: n. 1 Smart Coupe Passion
2° classificato: n. 1 MSC Crociera per 2 persone
3°-10° classificato: n. 1 Tessera Mediaset Premium durata 1 anno
11°-20° classificato: n. 1 TV PANASONIC LCD 19’’
21°-30° classificato: n. 1 Abbonamento a La Gazzetta dello Sport in E-dicola (durata 6 mesi)
- Premi di Giornata (per ciascuna delle 37 giornate successiva alla prima):
1° classificato: n. 1 Tessera Mediaset Premium durata 1 anno
2°-3° classificato: n. 1 TV PANASONIC LCD 19”
4°-8° classificato: n. 1 Tessera Mediaset Premium durata 1 mese
9°-10° classificato: n. 1 Abbonamento a La Gazzetta dello Sport in E-dicola (durata 1 mese)
http://www.gazzetta.it/Magic_Cup/magiccampionato/
Iscrivetevi, caproni!
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venerdì 18 febbraio 2011

Qualcuno dica a Berlusconi che non è lui a compiere 25 anni

venerdì 18 febbraio 2011 1

Proseguono, in casa Milan, le celebrazioni per i 25 anni di presidenza Berlusconi. Dopo l’annuncio della maglia griffata dal presidente in persona, con la quale i rossoneri scenderanno in campo domenica contro il Chievo, si moltiplicano le iniziative in omaggio del premier. Favalli, che terminata la carriera deve rifarsi una vita, riceverà una valigetta con dentro tre milioni di euro da Uzzu u’frati, un tizio basso, baffuto, con la coppola ed uno stecchino fra i denti, che dopo la consegna gli sussurrerà, dandogli un paio di leggeri schiaffetti, “e òora, tttiràli su quèggli èdifììci”.
Bobo Vieri, esperto d’affari, recuperato alla vita sociale dopo anni passati con la testa sotto le coperte a sudare freddo temendo i pedinamenti di Moratti, curerà l’articolazione in 89 holding panamensi della società che Favalli costituirà immediatamente dopo aver ricevuto il contante.

Galliani, invece, offrirà a Luciano Moggi il posto di stalliere della sua tenuta brianzola, e subito dopo si sottoporrà al rito del carotone per essere iniziato ad una loggia presieduta da un pistoiese.

Ma il vero piatto forte dei festeggiamenti verrà servito sabato sera, con la rievocazione, in (non) costumi originali dell’epoca, del mitico Bunga Bunga successivo al rilascio di Ruby da parte della questura di Milano. Nel tono più solenne, la vicenda verrà rivisitata con minuzia di particolari. Sono già trapelati i nomi degli interpreti dei protagonisti principali: Tinto Brass vestirà i panni di Silvio (per prepararsi al ruolo, eviterà di deglutire e di sputare per due giorni, per accumulare sufficiente bava) e Bondi quelli di Lele Mora. La De Filippi completerà la triade impersonando Emilio Fede, mentre un provocante Maurizio Costanzo interpreterà il ruolo di Nicole Minetti ed Ibrahimovic quello di Ruby, che al termine della serata, da brava scappata di casa, piscerà nei vasi e ruberà l’argenteria.

Si segnalano anche iniziative di contorno: Abate&Antonini si imbucheranno ad un diciottesimo al Limelight, dove prenderanno la botta a suon di Bacardi Breezer e concluderanno la serata limonandosi le piske. Jankulovski e Braida, invece, partiranno per l’estero: il primo si recherà nella sua terra natia con l’obiettivo di provocare, in qualche modo, un persistente durello al successore di Topolanek, mentre il secondo intraprenderà un viaggio tra Africa ed Asia per omaggiare le nipoti dei maggiori dittatori arabi.

Per concludere la serata, Gasparri prenderà a testate il Duomo di Milano, e Bruno Vespa pubblicherà un altro libro di merda.

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L'IMPERMEABILE BIANCO

La riproposizione di un evergreen, QUI Leggi tutto...

mercoledì 16 febbraio 2011

HEROES (LETTO CON ACCENTO SCOZZESE)

mercoledì 16 febbraio 2011 1

“Beato il paese che non ha bisogno di eroi”, diceva Bertolt Brecht. Ma noi gli eroi ce li abbiamo, che ci possiamo fare. Il nostro paese non avrebbe certo bisogno di essere difeso da alcunché, tale è la stazza etica, morale e sociale che lo contraddistingue. Però, nonostante questo, sul suolo italico continuano a svelarsi mirabili condottieri, coraggiosi guerrieri e valorosi paladini, pronti ad immolarsi pur di proteggerci e tenere alto l’onore della patria. Non c’è scampo per chi infanga il buon nome dell’Italia, per chi si azzarda a toccare il nostro popolo.
Come dimenticare il contributo dato alla nazione da messer Francesco da Roma? Non si è forse acceso in voi il fuoco patriottico, vedendo er Gabidano rispondere in quel modo, in punta di fioretto, ai deprecabili insulti rivoltigli da Poulsen, sette anni fa? L’eleganza italica di fronte alla sbruffonaggine scandinava, il principe contro il becero, il do di petto contro il rutto alla salsiccia. Non è certo comportandosi così che i nordici riusciranno a cancellare gli scontati cliché sul loro conto. Bravi, danesi, rinunciate a crescere, continuate così, con i vostri biscotti e le vostre zuppe di merda.
E che dire di quando il nostro sconfisse il fottuto negro, proprio nella finale della coppa che porta il nome della patria? Dite un po’, a voi non girerebbero ad elica se il primo scimmione appena sbarcato si azzardasse ad offendere l’intero popolo di Roma, la fottuta città eterna? Quel popolo che, per dire, ai negri il culo glielo faceva già duemila e duecento anni fa, ad Annibale e tutta la sua banda di bingo bongo.
Non vi siete forse alzati in piedi avvolti in una bandiera targata SPQR, ciucciando latte dalle mammelle di una lupa, quando dal destro di Frangè si levò il calcione che cancella incubi e ingiustizie? Ha cancellato tutto, con quel destro, ha salvato la faccia di un’intera città, che infatti la domenica dopo è accorsa in massa per ringraziarlo, mentre saltellava giocondo attorniato d’infanti.

E tante altre ne ha fatte, il nostro eroe, ma mi sembra quasi irrispettoso dilungarmi troppo su di lui, togliendo spazio ad un altro straordinario arciere dell’italico orgoglio, la principale prova della bontà del lavoro di Darwin. Lo si aspettava al varco, GattuZoo (cit.): tutti noi sapevamo di cosa fosse capace, tutti noi sapevamo quanto fosse pronto a guadagnarsi un bel medaglione sul campo, ma ancora non ci aveva mostrato tutto quel che sapeva fare. Dico “aveva” perché, ieri, finalmente questo momento è arrivato: e quale occasione migliore, se non una partita in mondovisione, per giunta nell’anno del centocinquantenario dell’unità d’Italia, per mostrare al mondo il proprio virile patriottismo?
Stavolta, dopo il rozzo danese e il negro olezzoso, è toccato all’usurpatore albionico civettare fregnacce a proposito del nostro paese. E Gennaro che doveva fare, starsene lì, fermo, mentre quello provocava e provocava? Ringhio, noto saputello, ha addirittura cercato di mediare tramite l’uso dello scozzese, lingua che notoriamente mastica, ma niente, lo scimmione pelato ha rincarato la dose. Quando Gattuso ha cominciato a parlagli in gaelico, poi, Jordan ha sbroccato di brutto, dicendogli che a Corigliano Calabro le femmine hanno i baffi e che una volta si è scaccolato dentro ad una soppressata. Ed ecco che Gennaro, da degno capitano, si è tirato su le maniche e gli ha dato una bella lezione, salvandoci ancora una volta dall’onta di una figuraccia internazionale. E’ con immagini come quelle, con Ringhio nudo, schiumante rabbia e cimurro dopo aver abbaiato verso un’intera panchina e menato un vecchio, che vorremmo che tutte le partite terminassero.

Dai e dai, l’avranno capito, sti stranieri della mia fava, che a toccare l’Italia si finisce male. Cosa devono fare di più i nostri guerrieri, per tappargli la bocca?
Fortuna che ci sono ancora persone come Gattuso e Totti, che prima di ogni altra cosa mettono l’onore e lo spirito di appartenenza. E’ grazie a voi che, all’estero, posso permettermi di girare a testa alta, e posso, senza alcun dubbio, imputare ai poco performanti breweries stranieri quel leggero sentore di urina nella mia birra.

Non per contraddire Brecht, ma finché ci saranno in giro eroi di questa risma, mi sentirò decisamente più tranquillo.

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domenica 6 febbraio 2011

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domenica 6 febbraio 2011 2

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sabato 29 gennaio 2011

COLPO GROSSO

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mercoledì 26 gennaio 2011

2011 E NON SENTIRLI

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martedì 18 gennaio 2011

DICIANNOVE

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Mettetevi una mano sulle palle e poi andate QUI.

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venerdì 7 gennaio 2011

BENTORNATO

venerdì 7 gennaio 2011 4

Dopo mesi di latitanza, è tornato.

Il Verticale è di nuovo con noi.

Il gioco in verticale, quello strano concetto del recuperiamo-palla-e-la-giochiamo-velocemente-verso-il-compagno-che-abbiamo-davanti che avevamo misteriosamente smarrito negli ultimi tempi, sacrificato in nome del Bel Gioco e del Possesso Palla.

E comunque, a parte mister Verticale, bentornati ragazzi, bentornata Inter e, soprattutto, bentornata sensazione di superiorità, certezza di portare a casa la vittoria, speranza fondata che a nessuno dei nostri scoppi qualche muscolo da un momento all’altro..bentornato OTTIMISMO.

Mi dispiace un po’ per come Ciccio esce da tutto questo, però. Baci ed abbracci a Leo come fosse un amicone di vecchia data, solidità, coesione, grinta: sembra che i giocatori siano stati liberati da un male incurabile, come quando nelle fiabe il cattivo viene  sconfitto e di colpo i prati rifioriscono, il cielo si rasserena e gli usignoli cinguettano. Rafa l’orco se n’è andato e tutti vivono col sorriso sulle labbra.

Mi dispiace un po’, a livello umano. Ma, personalmente, mi basta quel che abbiamo visto stasera (e anche durante gli allenamenti degli scorsi giorni) per essere certo che Moratti abbia fatto la scelta giusta.

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