Martin Rivas, Nelson Vivas, Nelson Rivas: il solo risuonare dei nomi di questa trilogia vi procurerà un sussulto. Li abbiamo comprati in sequenza, alla ricerca della combinazione perfetta. Dopo 10 anni di tentativi, però, il guerriero definitivo non è ancora stato trovato. In compenso, abbiamo fatto scorta di pirla.
L'evoluzione, comunque, c'è stata ed è stata costante: ne passa di spessore tecnico fra il primo anello della catena evolutiva, Martin Rivas, e l'attuale prototipo, Nelson Rivas. Segno che bisogna insistere su questi nomi, che il traguardo è vicino.
Doverosi gli approfondimenti su ciascuno dei protagonisti. Partendo dal primo, ovviamente.
MARTIN RIVAS
Arriva nel '97 in circostanze misteriose, oscurando acquisti minori come quello di Simeone e di un brasiliano con la testa monda e problemi di orientamento sessuale. E' il gran botto della campagna acquisti: quando si presenta alla Pinetina, nessuno lo caga e lui ci resta male. "Non si tratta così la stella del Danubio", devono aver pensato in Uruguay.
E' un difensore, come tutti i coinvolti nel progetto "Rivas-Vivas", capace di giocare indifferentemente a destra, a sinistra o nel mezzo, nel senso che riesce tranquillamente a fare schifo in ognuno dei tre settori. Per lui, 4 indimenticabili presenze fra la stagione 97/98 e quella 99/00, intervallate da una parentesi a Perugia che evidenzia ancora una volta come Gaucci abbia concesso di provare la serie A a chiunque ne abbia avuto voglia.
Gioca la partita d'addio nella supercoppa 99/00, persa per 4-3 contro la Lazio. Partita mistica, nella quale, oltre alle lezioni di leadership difensiva di Martin, assistemmo addirittura ad un gol di Vampeta, che di lì a poco sarebbe diventato l'ammiccante re dei giornaletti per quei buongustai dei finocchi carioca.
Lasciata Milano, Martin inizia un lento e triste girovagare, che lo porterà più volte a domandarsi se non sarebbe stato meglio dar retta alla zia ed entrare in banca invece di continuare a praticare questo strano sport con la palla. Da quest'anno, ha deciso di mettere la sua esperienza al servizio del prestigioso Bella Vista, fondamentale club urugayano che con l'arrivo di Rivas ha messo a posto la difesa per una decina d'anni (trascorsi questi, Martin diverrà un obiettivo del Milan e allora sarà difficile trattenerlo).
NELSON VIVAS
E' il secondo tentativo dell'operazione. Arrivato nel 2001, con un passato addirittura nell'Arsenal, Nelson ha una particolarità: è l'unico giocatore a non essere mai stato titolare in una squadra in vita sua. Sin da ventenne, infatti, viene relegato in panchina in tutte le compagini in cui ha militato, per motivi che, dopo due o tre prestazioni con l'Inter, furono chiari anche a noi.
Pupillo di Cuper, fu proprio l'Hombre Vertical a portarlo a Milano, in veste di arma letale sull'out di destra.
Terzino naturale, era nullo fisicamente, tecnicamente e in un sacco di altre cose che finiscono in "ente". Conta l'incredibile numero di 39 presenze (ed un gol!) nella nazionale argentina, gran parte delle quali sotto la gestione Passarella (uno che in futuro alleverà un altro protagonista di questa storia). La sua nazionale è stata l'unica squadra in cui sia riuscito ad essere titolare; il fatto che i selezionatori biancocelesti abbiano puntato su di lui la dice lunga su quanto siano brillanti, e fa capire molte cose sul perchè l'Argentina non vinca niente da 23 anni.
Nella prima stagione interista colleziona 13 apparizioni, tutte accomunate del fatto che nessuno si accorge della sua presenza.
Di lui ci ricordiamo soprattutto per un derby perso 1-0, nella stagione 02/03. Cuper lo lancia titolare preferendolo a Zanetti, lui in tutta risposta apre l'autostrada a Serginho smarcandolo davanti al portiere, correggendo una verticalizzazione di Rivaldo (no, non è quello coi dentoni che c'è ora, è un altro) e gli permette di segnare il gol vittoria. I tifosi nerazzurri sugli spalti, in preda al panico, si chiedono quanto ancora debba durare sta cazzo di alternanza fra mostri che si chiamano tutti allo stesso modo.
Nelson, dopo il derby, è avvilito e non si sente più benvoluto. Cuper, comunque, non esita a tirarlo in ballo quando può, tant'è che alla fine di quella stagione il bottino totale di Vivas con la maglia nerazzurra è di 22 presenze.
Il suo contratto però è in scadenza, e lui ovviamente è uno dei free agent più richiesti sul mercato. Cuper si umilia fino a strisciare per convicerlo a restare, ma Nelson a Milano non si sente a casa e decide di tornare in patria, al River Plate.
Chiude la sua sfavillante carriera al Quilmes, ovviamente da riserva. Decide di rimanere nel mondo del calcio, manco a dirlo come vice-allenatore (lo è stato di Simeone al River).
NELSON RIVAS
Rappresenta l'avanzamento attuale dell'esperimento. Talento purissimo e precoce, cresce nelle giovanili del Deportivo Pasto, autentica fucina di talenti, sotto la sapiente guida di grandi maestri di calcio.
Conteso da tutta la Colombia, arriva al Deportivo Calì, dove resta tre anni e diventa l'idolo dei tifosi. Memorabile lo scontro con Nilmar in una partita di Coppa Libertadores: il brasiliano si invola a rete, Nelson non ci sta e gli si scaraventa contro a tutta velocità, costringendolo ad uscire dal campo (http://www.youtube.com/watch?v=a3QChYFB-pA, minuto 1.05).
Finita l'esperienza col Calì, arriva la chiamata del River Plate, nel quale gli bastano 8 presenze per attrarre gli in qualche modo gli osservatori dell'Inter, che non possono ignorare la sapienza con la quale Rivas amministra la difesa. Zanetti e Moratti vanno a vederlo insieme, il figlio del presidente ne è innamorato e vuole portarlo a Milano. Il River all'inizio pensa ad una presa di culo, ma non è così: l'Inter lo vuole davvero. Il club argentino temporeggia convinto che qualcun altro si inserirà nella trattativa facendo lievitare il prezzo; Nelson però non se lo fila nessuno, e si va in una fase di stallo.
Passarella (uno che già qualche anno prima ci aveva visto lungo con Vivas), allora allenatore del River, non se ne fa una ragione. Minaccia addirittura l'addio in caso di cessione del suo pupillo, visto che lo considera imprescindibile per il suo progetto tecnico ("senza Nelson non possiamo andare avanti"), ma ormai il trasferimento a Milano è cosa fatta e il difensore colombiano sbarca alla Pinetina tra lo stupore generale. I tifosi nerazzurri, curiosi di sapere chi sia questo bisonte colombiano, scandagliano il web alla ricerca di informazioni, ma l'unica cosa che trovano è l'intervento da kung fu su Nilmar: basta ed avanza per far scoppiare l'amore.
Agli ordini di Mancini si presenta un pacioccone nero, una sorta di pesante blocco unico che non promette niente di buono. Tutti lo guardano come fosse un animale raro, lui è pronto a stupire.
Bello e dannato, fisicamente incute timore, ma al primo tocco di palla chiarisce ogni minimo dubbio sulle sue capacità tecniche: è una merda.
Da lui ci si aspettano perlomeno performance atletiche da urlo, ma i primi risultati non sono incoraggianti. Ultimo in tutti i test, sverniciato anche da Orlandoni, non sembra destinato ad un grande avvenire. Si diffondono sconcertanti notizie sulle sue abitudini alimentari: pare che Nelson sia solito mischiare il gelato con il tonno, per ottenere un ottimo mix proteico. A questa notizia, i risultati dei test vengono rivalutati. Con le merende che fa, è un miracolo anche che riesca a camminare: dev'essere un prodigio della natura, si dicono alla Pinetina.
Convinti di aver finalmente trovato quello giusto, in casa nerazzurra si coccolano questo talento, che però nelle rare apparizioni estive terrorizza i tifosi con poco promettenti gesti tecnici.
Fa il suo esordio in Champions, contro il Fenerbahce. Quattro i centrali assenti nell'Inter: volenti o nolenti, tocca a lui. Tutti si aspettano una cagata d'uomo, Nelson invece gioca bene ed è anzi l'unico a non meritare l'impiccagione alla fine della partita. Intorno a lui nessuno osa fiatare, gli avversari gli rimbalzano addosso: i tifosi nerazzurri hanno un nuovo idolo, Mancini ha in tasca il nuovo Thuram.
Nei mesi successivi, inspiegabilmente, Rivas viene accantonato e rispolverato soltanto nelle partite che proprio non contano un cazzo. Per qualche strana coincidenza, però, si ritrova a giocare nelle gare più importanti della stagione, ossia il ritorno degli ottavi col Liverpool (nel quale si esibisce addirittura in precisissimi lanci di 50 metri sull'uomo in corsa) e il derby-scudetto contro il Milan, brillando soprattutto in quest'ultimo per la marcatura su Kakà.
Il brasiliano, alla prima azione della partita, lo punta e gli fa tunnel, ma Nelson non si fa incantare ed affonda i suoi 84 chili scolpiti a suon di tonni e gelati sul numero 22 milanista, che da quel momento girerà al largo. Ammonito, si pensa che non durerà molto in quella partita, ma riuscirà a terminarla senza essere espulso e senza avere civili sulla coscienza.
Quest'anno, dopo non esser stato cagato di striscio da Mourinho per 6 mesi, è stato presentato come titolare contro il Manchester a San Siro, segno che questo Nelson qualcosa di magico addosso deve pur averlo, oppure che gli allenatori dell'Inter arrivati a un certo punto impazziscono tutti.
In questa partita, dà lezioni di anticipo e senso della posizione, i suoi marchi di fabbrica, e poi lascia il campo al 45esimo, quando Mou si sveglia e capisce che magari non è esattamente la sua serata.
Ormai siamo vicini: Nelson Rivas non sarà il prodotto definitivo, ma ci assomiglia molto. Il passo conclusivo è ormai alle porte.
L'evoluzione, comunque, c'è stata ed è stata costante: ne passa di spessore tecnico fra il primo anello della catena evolutiva, Martin Rivas, e l'attuale prototipo, Nelson Rivas. Segno che bisogna insistere su questi nomi, che il traguardo è vicino.
Doverosi gli approfondimenti su ciascuno dei protagonisti. Partendo dal primo, ovviamente.
MARTIN RIVAS
Arriva nel '97 in circostanze misteriose, oscurando acquisti minori come quello di Simeone e di un brasiliano con la testa monda e problemi di orientamento sessuale. E' il gran botto della campagna acquisti: quando si presenta alla Pinetina, nessuno lo caga e lui ci resta male. "Non si tratta così la stella del Danubio", devono aver pensato in Uruguay.
E' un difensore, come tutti i coinvolti nel progetto "Rivas-Vivas", capace di giocare indifferentemente a destra, a sinistra o nel mezzo, nel senso che riesce tranquillamente a fare schifo in ognuno dei tre settori. Per lui, 4 indimenticabili presenze fra la stagione 97/98 e quella 99/00, intervallate da una parentesi a Perugia che evidenzia ancora una volta come Gaucci abbia concesso di provare la serie A a chiunque ne abbia avuto voglia.
Gioca la partita d'addio nella supercoppa 99/00, persa per 4-3 contro la Lazio. Partita mistica, nella quale, oltre alle lezioni di leadership difensiva di Martin, assistemmo addirittura ad un gol di Vampeta, che di lì a poco sarebbe diventato l'ammiccante re dei giornaletti per quei buongustai dei finocchi carioca.
Lasciata Milano, Martin inizia un lento e triste girovagare, che lo porterà più volte a domandarsi se non sarebbe stato meglio dar retta alla zia ed entrare in banca invece di continuare a praticare questo strano sport con la palla. Da quest'anno, ha deciso di mettere la sua esperienza al servizio del prestigioso Bella Vista, fondamentale club urugayano che con l'arrivo di Rivas ha messo a posto la difesa per una decina d'anni (trascorsi questi, Martin diverrà un obiettivo del Milan e allora sarà difficile trattenerlo).
NELSON VIVAS
E' il secondo tentativo dell'operazione. Arrivato nel 2001, con un passato addirittura nell'Arsenal, Nelson ha una particolarità: è l'unico giocatore a non essere mai stato titolare in una squadra in vita sua. Sin da ventenne, infatti, viene relegato in panchina in tutte le compagini in cui ha militato, per motivi che, dopo due o tre prestazioni con l'Inter, furono chiari anche a noi.
Pupillo di Cuper, fu proprio l'Hombre Vertical a portarlo a Milano, in veste di arma letale sull'out di destra.
Terzino naturale, era nullo fisicamente, tecnicamente e in un sacco di altre cose che finiscono in "ente". Conta l'incredibile numero di 39 presenze (ed un gol!) nella nazionale argentina, gran parte delle quali sotto la gestione Passarella (uno che in futuro alleverà un altro protagonista di questa storia). La sua nazionale è stata l'unica squadra in cui sia riuscito ad essere titolare; il fatto che i selezionatori biancocelesti abbiano puntato su di lui la dice lunga su quanto siano brillanti, e fa capire molte cose sul perchè l'Argentina non vinca niente da 23 anni.
Nella prima stagione interista colleziona 13 apparizioni, tutte accomunate del fatto che nessuno si accorge della sua presenza.
Di lui ci ricordiamo soprattutto per un derby perso 1-0, nella stagione 02/03. Cuper lo lancia titolare preferendolo a Zanetti, lui in tutta risposta apre l'autostrada a Serginho smarcandolo davanti al portiere, correggendo una verticalizzazione di Rivaldo (no, non è quello coi dentoni che c'è ora, è un altro) e gli permette di segnare il gol vittoria. I tifosi nerazzurri sugli spalti, in preda al panico, si chiedono quanto ancora debba durare sta cazzo di alternanza fra mostri che si chiamano tutti allo stesso modo.
Nelson, dopo il derby, è avvilito e non si sente più benvoluto. Cuper, comunque, non esita a tirarlo in ballo quando può, tant'è che alla fine di quella stagione il bottino totale di Vivas con la maglia nerazzurra è di 22 presenze.
Il suo contratto però è in scadenza, e lui ovviamente è uno dei free agent più richiesti sul mercato. Cuper si umilia fino a strisciare per convicerlo a restare, ma Nelson a Milano non si sente a casa e decide di tornare in patria, al River Plate.
Chiude la sua sfavillante carriera al Quilmes, ovviamente da riserva. Decide di rimanere nel mondo del calcio, manco a dirlo come vice-allenatore (lo è stato di Simeone al River).
NELSON RIVAS
Rappresenta l'avanzamento attuale dell'esperimento. Talento purissimo e precoce, cresce nelle giovanili del Deportivo Pasto, autentica fucina di talenti, sotto la sapiente guida di grandi maestri di calcio.
Conteso da tutta la Colombia, arriva al Deportivo Calì, dove resta tre anni e diventa l'idolo dei tifosi. Memorabile lo scontro con Nilmar in una partita di Coppa Libertadores: il brasiliano si invola a rete, Nelson non ci sta e gli si scaraventa contro a tutta velocità, costringendolo ad uscire dal campo (http://www.youtube.com/watch?v=a3QChYFB-pA, minuto 1.05).
Finita l'esperienza col Calì, arriva la chiamata del River Plate, nel quale gli bastano 8 presenze per attrarre gli in qualche modo gli osservatori dell'Inter, che non possono ignorare la sapienza con la quale Rivas amministra la difesa. Zanetti e Moratti vanno a vederlo insieme, il figlio del presidente ne è innamorato e vuole portarlo a Milano. Il River all'inizio pensa ad una presa di culo, ma non è così: l'Inter lo vuole davvero. Il club argentino temporeggia convinto che qualcun altro si inserirà nella trattativa facendo lievitare il prezzo; Nelson però non se lo fila nessuno, e si va in una fase di stallo.
Passarella (uno che già qualche anno prima ci aveva visto lungo con Vivas), allora allenatore del River, non se ne fa una ragione. Minaccia addirittura l'addio in caso di cessione del suo pupillo, visto che lo considera imprescindibile per il suo progetto tecnico ("senza Nelson non possiamo andare avanti"), ma ormai il trasferimento a Milano è cosa fatta e il difensore colombiano sbarca alla Pinetina tra lo stupore generale. I tifosi nerazzurri, curiosi di sapere chi sia questo bisonte colombiano, scandagliano il web alla ricerca di informazioni, ma l'unica cosa che trovano è l'intervento da kung fu su Nilmar: basta ed avanza per far scoppiare l'amore.
Agli ordini di Mancini si presenta un pacioccone nero, una sorta di pesante blocco unico che non promette niente di buono. Tutti lo guardano come fosse un animale raro, lui è pronto a stupire.
Bello e dannato, fisicamente incute timore, ma al primo tocco di palla chiarisce ogni minimo dubbio sulle sue capacità tecniche: è una merda.
Da lui ci si aspettano perlomeno performance atletiche da urlo, ma i primi risultati non sono incoraggianti. Ultimo in tutti i test, sverniciato anche da Orlandoni, non sembra destinato ad un grande avvenire. Si diffondono sconcertanti notizie sulle sue abitudini alimentari: pare che Nelson sia solito mischiare il gelato con il tonno, per ottenere un ottimo mix proteico. A questa notizia, i risultati dei test vengono rivalutati. Con le merende che fa, è un miracolo anche che riesca a camminare: dev'essere un prodigio della natura, si dicono alla Pinetina.
Convinti di aver finalmente trovato quello giusto, in casa nerazzurra si coccolano questo talento, che però nelle rare apparizioni estive terrorizza i tifosi con poco promettenti gesti tecnici.
Fa il suo esordio in Champions, contro il Fenerbahce. Quattro i centrali assenti nell'Inter: volenti o nolenti, tocca a lui. Tutti si aspettano una cagata d'uomo, Nelson invece gioca bene ed è anzi l'unico a non meritare l'impiccagione alla fine della partita. Intorno a lui nessuno osa fiatare, gli avversari gli rimbalzano addosso: i tifosi nerazzurri hanno un nuovo idolo, Mancini ha in tasca il nuovo Thuram.
Nei mesi successivi, inspiegabilmente, Rivas viene accantonato e rispolverato soltanto nelle partite che proprio non contano un cazzo. Per qualche strana coincidenza, però, si ritrova a giocare nelle gare più importanti della stagione, ossia il ritorno degli ottavi col Liverpool (nel quale si esibisce addirittura in precisissimi lanci di 50 metri sull'uomo in corsa) e il derby-scudetto contro il Milan, brillando soprattutto in quest'ultimo per la marcatura su Kakà.
Il brasiliano, alla prima azione della partita, lo punta e gli fa tunnel, ma Nelson non si fa incantare ed affonda i suoi 84 chili scolpiti a suon di tonni e gelati sul numero 22 milanista, che da quel momento girerà al largo. Ammonito, si pensa che non durerà molto in quella partita, ma riuscirà a terminarla senza essere espulso e senza avere civili sulla coscienza.
Quest'anno, dopo non esser stato cagato di striscio da Mourinho per 6 mesi, è stato presentato come titolare contro il Manchester a San Siro, segno che questo Nelson qualcosa di magico addosso deve pur averlo, oppure che gli allenatori dell'Inter arrivati a un certo punto impazziscono tutti.
In questa partita, dà lezioni di anticipo e senso della posizione, i suoi marchi di fabbrica, e poi lascia il campo al 45esimo, quando Mou si sveglia e capisce che magari non è esattamente la sua serata.
Ormai siamo vicini: Nelson Rivas non sarà il prodotto definitivo, ma ci assomiglia molto. Il passo conclusivo è ormai alle porte.
Martin Vivas, ti stiamo aspettando.
2 commenti:
In effetti si tratta di tre pippe mica da ridere.
Non era male però lo striscione "VIVAS LA FIGAS" esposto dalla Curva quanto l'ammiraglio Nelson Vivas smaramaldeggiava sulla fascia destra...
Franx
Fai squarzare, complimenti!!
Posta un commento