In questo blog manca qualcosa. Le notizie dal Brasile hanno fatto sì che me ne accorgessi: in questo peraltro già sfavillante sito, manca un articolo su Ronaldo.
No, non su questo finocchio qua. Fosse almeno buono a giocare, e invece guardalo, lì a mostrare la mercanzia, tutto glabro e unto.
Smamma, che sennò chiamo Mario e ti faccio appendere al muro per le mesc.
Smamma, che sennò chiamo Mario e ti faccio appendere al muro per le mesc.
Eccolo qua. In tema di eterosessualità non è un gran passo in avanti, ma almeno qualche pelo in faccia ce l'ha.
Questa è la sua ultima versione: moquette in testa, scorta di menti, sguardo fiero, petto in fuori, panza in fuorissimo. Così lo hanno conosciuto i tifosi di quella squadra là, quella che fa tanta beneficenza e si adopera per fornire laute pensioni anche agli anziani più logori; così lo hanno ritrovato i brasiliani, 16 anni dopo la sua partenza per Eindhoven.
Questa roba rappresentata nella foto è il risultato di una carriera insieme gloriosa e sfigatissima, condotta da un uomo per certi versi enigmatico, ingenuo, ingrato, con la faccia come il culo.
No, a guardarlo così non mi viene in mente niente che non sia la sua esultanza con le mani dietro le orecchie. Via, sciò, vai a far compagnia al bellimbusto sopra.
Questa è la sua ultima versione: moquette in testa, scorta di menti, sguardo fiero, petto in fuori, panza in fuorissimo. Così lo hanno conosciuto i tifosi di quella squadra là, quella che fa tanta beneficenza e si adopera per fornire laute pensioni anche agli anziani più logori; così lo hanno ritrovato i brasiliani, 16 anni dopo la sua partenza per Eindhoven.
Questa roba rappresentata nella foto è il risultato di una carriera insieme gloriosa e sfigatissima, condotta da un uomo per certi versi enigmatico, ingenuo, ingrato, con la faccia come il culo.
No, a guardarlo così non mi viene in mente niente che non sia la sua esultanza con le mani dietro le orecchie. Via, sciò, vai a far compagnia al bellimbusto sopra.
Ohhhh, finalmente. Questo sì che mi ricorda qualcosa.
Estate del '97, 8 anni d.M. (dopo Matthaus). Tempi bui per gli interisti e per il calcio in generale: le classifiche sono dominate da una squadra costruita in farmacia e gestita al telefono, come si sarebbe scoperto qualche anno dopo.
A Moratti ancora non girano particolarmente le palle, visto che i suoi primi due anni da presidente non sono affatto andati male, considerando anche le speciali abilità delle squadre rivali. Per cercare di tornare agli antichi fasti, Massimo aveva generosamente aperto il portafogli, realizzando anche, accanto a tonfi dei quali è meglio non parlare, dei più che discreti colpi di mercato come Zanetti, Ince, Djorkaeff, Moriero, Simeone e Roberto Carlos (ahia!una fitta alla pancia).
Il presidente, al tempo, sembra avere una gran voglia di spendere. C'è, in lui, la voglia di un grande colpo, di un acquisto in grado di far sognare i tifosi e di mettere la squadra in condizioni di vincere qualche trofeo.
Moratti un intenditore non lo è mai stato, e men che meno lo era agli inizi della sua avventura interista: questo grande colpo, nell'estate del '97, fatica a trovarlo.
Un giorno, però, a Massimo viene portata notizia di un 20enne brasiliano, rasato, con due denti della madonna e con uno score di circa novecento reti in una stagione con la maglia del Barcellona. Guardando i suoi video, MM giunge alla conclusione a cui sarebbe arrivato anche un 9enne (come il me di allora in primis): questo va preso, questo è buono.
Tra il dire e il fare, per una volta, non c'è di mezzo niente. Moratti va al deposito, prende una cinquantina di sacchi e manda in Spagna, in cambio di un aitante ed avvenente giovanotto di Rio de Janeiro.
Cinquanta sacchi in cambio del più forte giocatore al mondo, in cambio di un'attrazione vera, di un alieno, di un qualcosa che su un campo di calcio (ma anche di basket, di pallavolo, di tennis e di tutto il resto) non si era mai visto.
Fin dal primo, straordinario anno, tutti gli interisti amano alla follia questo ragazzo capace di cose impossibili. L'Inter è al centro del mondo: è la squadra del Fenomeno.
Per me, che avevo cominciato da poco a "tifare", quel dentone brasiliano era più che un idolo. Era una religione, era il mio Dio, era qualcosa che mi rendeva veramente felice. Ci vedevo, oltre che un fuoriclasse immenso, anche un bravo ragazzo, un bell'esempio per tutti, uno che nonostante la celebrità non aveva dimenticato le sue umili origini; uno mai sopra le righe, mai inopportuno, un grande professionista. Aveva tutto per entusiasmare gli adulti, figuriamoci i bambini.
Poi, dopo quell'anno che, nonostante la vergogna che lo ha macchiato indelebilmente, rimane comunque bellissimo, l'inizio della fine. Un grande Mondiale, chiuso come tutti sappiamo. Una stagione a mezzo servizio, nella quale riesce comunque a tirare la carretta in mezzo alla bufera, fermato solo da una brutta serie di infortuni, l'ultimo dei quali piuttosto serio.
La sfiga pare non abbandonarlo: anche l'annata successiva comincia male, con un brutto guaio al ginocchio sinistro. Sei mesi fuori.
Mesi di riabilitazione, di allenamenti in solitudine, in preparazione del grande rientro, quello atteso da tutti. Sullo sfondo, una squadra bruttissima che senza il suo faro stenta come sempre, guidata da un allenatore ancora più squallido.
Poi, finalmente, il ritorno. Tutti davanti alla televisione, tutti bramanti, vogliosi di rivederlo dare spettacolo sul campo. Cinque minuti, un paio di squilli, tutto sembra andar bene. Poi uno scatto, una finta, un'altra, e il tendine rotuleo del ginocchio destro saluta e se ne va, portandosi con sè un bel pezzo di quel centravanti unico ed irripetibile.
Due anni di stop, carriera a rischio. Una serata di tristezza e lacrime per tutti, lui soprattutto.
La botta è di quelle forti, di quelle che i più non riuscirebbero a reggere. Lui invece trova la forza per rialzarsi, aiutato da una società che gli è sempre stata vicina e soprattuto da un uomo, Massimo Moratti, che lo ha amato anche forse più di noi.
Un anno e mezzo dopo torna in campo dal primo minuto. E' il 9 dicembre 2001, l'Inter gioca a Brescia, lui fa come se niente fosse accaduto e segna uno dei due gol che regalano la vittoria alla sua squadra.
E' l'inizio della rinascita. Prisco, che morirà 3 giorni dopo, sarà stato contento di essere riuscito a goderselo per un'ultima volta.
La stagione prosegue, tra qualche acciacco. Tutte le volte che scende in campo, il numero 9 è decisivo, tranne che nell'ultima partita, quella più importante dell'anno. La sua assenza non è giustificata, le sue lacrime stavolta non commuovono nessuno. Si capisce che qualcosa si è rotto, ma si fa finta di niente, per non pensare al peggio.
Peggio che, dopo averlo visto stravincere un mondiale da protagonista assoluto, si materializza qualche mese dopo, nell'ultimo giorno di mercato. Per la prima volta, Ronaldo dimostra di essere un uomo davvero piccolo, e chiede di essere ceduto alla società che lo ha resuscitato sportivamente. L'affare si fa, l'ex idolo lascia tra fischi e insulti gli stessi tifosi che fino a pochi giorni prima che lo amavano alla follia, e che da lui si sono sentiti traditi come e forse peggio di quando qualche donna (o uomo) li ha fatti soffrire.
Lascia tutto questo per andare a giocare in una squadra già piena di campioni e di prime donne, dove lui è soltanto uno dei tanti. Lascia il Meazza, dove era un re, per stadio che gli mostrerà niente di più di una cortese indifferenza per circa 5 anni.
Tutti noi ci siamo sentiti traditi da questo comportamento, tutti noi ce l'avevamo a morte con Ronaldo per averci voltato le spalle; eppure, sotto sotto, continuavamo a sperare in un suo ritorno, in una sua redenzione.
Poi, un giorno di gennaio del 2007, l'ennesimo tonfo al cuore: Ronaldo è del Milan.
In quel giorno, per me e penso anche per qualcun altro, finisce la storia di Ronaldo. All'apprendere questa notizia, ci siamo sentiti tutti derubati, traditi ancora una volta, nel peggiore dei modi.
Dieci anni prima, il Fenomeno al Milan non poteva essere altro che una barzelletta, un po' come Maldini all'Inter o Totti alla Lazio. Nel gennaio del 2007, invece, l'assurdo diventa realtà.
Averlo visto con quella maglia mi dà tuttora il voltastomaco. Vederlo segnare nel derby, poi, non l'avrei immaginato nemmeno nel peggiore degli incubi. Eppure, la pochezza di quest'uomo ha fatto sì che tutto questo avvenisse realmente.
L'avventura milanista dura un anno, fino all'ultimo crac, quello che lo ha riportato in Brasile. Niente da ricordare, se non le sue performance da fotografo nella finale di Atene e i capelli lunghi suggeriti da Berlusconi. In mezzo, Andreinha ed altre grandi gnocche.
Tornato in Brasile, l'ultima bassezza. Essendo Ronaldo tifossisimo del Flamengo da sempre, i proprietari del club di Rio forniscono al Fenomeno le proprie strutture per la riabilitazione, fiduciosi sul fatto che, a terapie ultimate, questi possa firmare per loro e coronare quello che era anche il suo sogno.
Sennonchè, una volta tornato abile ed arruolabile, Ronaldo gira le spalle al Flamengo e firma per il Corinthians, gli acerrimi rivali. Cose da pazzi.
Sebbene per me non esista da un paio d'anni, oggi non sono riuscito, per quanto abbia cercato di farlo, a non andare a vedere la sua recente doppietta in campionato; e per quanto abbia cercato di resistere, a vederlo girarsi in un fazzoletto, saltare l'uomo e metterla nell'angolino, un sorriso mi è scappato.
Estate del '97, 8 anni d.M. (dopo Matthaus). Tempi bui per gli interisti e per il calcio in generale: le classifiche sono dominate da una squadra costruita in farmacia e gestita al telefono, come si sarebbe scoperto qualche anno dopo.
A Moratti ancora non girano particolarmente le palle, visto che i suoi primi due anni da presidente non sono affatto andati male, considerando anche le speciali abilità delle squadre rivali. Per cercare di tornare agli antichi fasti, Massimo aveva generosamente aperto il portafogli, realizzando anche, accanto a tonfi dei quali è meglio non parlare, dei più che discreti colpi di mercato come Zanetti, Ince, Djorkaeff, Moriero, Simeone e Roberto Carlos (ahia!una fitta alla pancia).
Il presidente, al tempo, sembra avere una gran voglia di spendere. C'è, in lui, la voglia di un grande colpo, di un acquisto in grado di far sognare i tifosi e di mettere la squadra in condizioni di vincere qualche trofeo.
Moratti un intenditore non lo è mai stato, e men che meno lo era agli inizi della sua avventura interista: questo grande colpo, nell'estate del '97, fatica a trovarlo.
Un giorno, però, a Massimo viene portata notizia di un 20enne brasiliano, rasato, con due denti della madonna e con uno score di circa novecento reti in una stagione con la maglia del Barcellona. Guardando i suoi video, MM giunge alla conclusione a cui sarebbe arrivato anche un 9enne (come il me di allora in primis): questo va preso, questo è buono.
Tra il dire e il fare, per una volta, non c'è di mezzo niente. Moratti va al deposito, prende una cinquantina di sacchi e manda in Spagna, in cambio di un aitante ed avvenente giovanotto di Rio de Janeiro.
Cinquanta sacchi in cambio del più forte giocatore al mondo, in cambio di un'attrazione vera, di un alieno, di un qualcosa che su un campo di calcio (ma anche di basket, di pallavolo, di tennis e di tutto il resto) non si era mai visto.
Fin dal primo, straordinario anno, tutti gli interisti amano alla follia questo ragazzo capace di cose impossibili. L'Inter è al centro del mondo: è la squadra del Fenomeno.
Per me, che avevo cominciato da poco a "tifare", quel dentone brasiliano era più che un idolo. Era una religione, era il mio Dio, era qualcosa che mi rendeva veramente felice. Ci vedevo, oltre che un fuoriclasse immenso, anche un bravo ragazzo, un bell'esempio per tutti, uno che nonostante la celebrità non aveva dimenticato le sue umili origini; uno mai sopra le righe, mai inopportuno, un grande professionista. Aveva tutto per entusiasmare gli adulti, figuriamoci i bambini.
Poi, dopo quell'anno che, nonostante la vergogna che lo ha macchiato indelebilmente, rimane comunque bellissimo, l'inizio della fine. Un grande Mondiale, chiuso come tutti sappiamo. Una stagione a mezzo servizio, nella quale riesce comunque a tirare la carretta in mezzo alla bufera, fermato solo da una brutta serie di infortuni, l'ultimo dei quali piuttosto serio.
La sfiga pare non abbandonarlo: anche l'annata successiva comincia male, con un brutto guaio al ginocchio sinistro. Sei mesi fuori.
Mesi di riabilitazione, di allenamenti in solitudine, in preparazione del grande rientro, quello atteso da tutti. Sullo sfondo, una squadra bruttissima che senza il suo faro stenta come sempre, guidata da un allenatore ancora più squallido.
Poi, finalmente, il ritorno. Tutti davanti alla televisione, tutti bramanti, vogliosi di rivederlo dare spettacolo sul campo. Cinque minuti, un paio di squilli, tutto sembra andar bene. Poi uno scatto, una finta, un'altra, e il tendine rotuleo del ginocchio destro saluta e se ne va, portandosi con sè un bel pezzo di quel centravanti unico ed irripetibile.
Due anni di stop, carriera a rischio. Una serata di tristezza e lacrime per tutti, lui soprattutto.
La botta è di quelle forti, di quelle che i più non riuscirebbero a reggere. Lui invece trova la forza per rialzarsi, aiutato da una società che gli è sempre stata vicina e soprattuto da un uomo, Massimo Moratti, che lo ha amato anche forse più di noi.
Un anno e mezzo dopo torna in campo dal primo minuto. E' il 9 dicembre 2001, l'Inter gioca a Brescia, lui fa come se niente fosse accaduto e segna uno dei due gol che regalano la vittoria alla sua squadra.
E' l'inizio della rinascita. Prisco, che morirà 3 giorni dopo, sarà stato contento di essere riuscito a goderselo per un'ultima volta.
La stagione prosegue, tra qualche acciacco. Tutte le volte che scende in campo, il numero 9 è decisivo, tranne che nell'ultima partita, quella più importante dell'anno. La sua assenza non è giustificata, le sue lacrime stavolta non commuovono nessuno. Si capisce che qualcosa si è rotto, ma si fa finta di niente, per non pensare al peggio.
Peggio che, dopo averlo visto stravincere un mondiale da protagonista assoluto, si materializza qualche mese dopo, nell'ultimo giorno di mercato. Per la prima volta, Ronaldo dimostra di essere un uomo davvero piccolo, e chiede di essere ceduto alla società che lo ha resuscitato sportivamente. L'affare si fa, l'ex idolo lascia tra fischi e insulti gli stessi tifosi che fino a pochi giorni prima che lo amavano alla follia, e che da lui si sono sentiti traditi come e forse peggio di quando qualche donna (o uomo) li ha fatti soffrire.
Lascia tutto questo per andare a giocare in una squadra già piena di campioni e di prime donne, dove lui è soltanto uno dei tanti. Lascia il Meazza, dove era un re, per stadio che gli mostrerà niente di più di una cortese indifferenza per circa 5 anni.
Tutti noi ci siamo sentiti traditi da questo comportamento, tutti noi ce l'avevamo a morte con Ronaldo per averci voltato le spalle; eppure, sotto sotto, continuavamo a sperare in un suo ritorno, in una sua redenzione.
Poi, un giorno di gennaio del 2007, l'ennesimo tonfo al cuore: Ronaldo è del Milan.
In quel giorno, per me e penso anche per qualcun altro, finisce la storia di Ronaldo. All'apprendere questa notizia, ci siamo sentiti tutti derubati, traditi ancora una volta, nel peggiore dei modi.
Dieci anni prima, il Fenomeno al Milan non poteva essere altro che una barzelletta, un po' come Maldini all'Inter o Totti alla Lazio. Nel gennaio del 2007, invece, l'assurdo diventa realtà.
Averlo visto con quella maglia mi dà tuttora il voltastomaco. Vederlo segnare nel derby, poi, non l'avrei immaginato nemmeno nel peggiore degli incubi. Eppure, la pochezza di quest'uomo ha fatto sì che tutto questo avvenisse realmente.
L'avventura milanista dura un anno, fino all'ultimo crac, quello che lo ha riportato in Brasile. Niente da ricordare, se non le sue performance da fotografo nella finale di Atene e i capelli lunghi suggeriti da Berlusconi. In mezzo, Andreinha ed altre grandi gnocche.
Tornato in Brasile, l'ultima bassezza. Essendo Ronaldo tifossisimo del Flamengo da sempre, i proprietari del club di Rio forniscono al Fenomeno le proprie strutture per la riabilitazione, fiduciosi sul fatto che, a terapie ultimate, questi possa firmare per loro e coronare quello che era anche il suo sogno.
Sennonchè, una volta tornato abile ed arruolabile, Ronaldo gira le spalle al Flamengo e firma per il Corinthians, gli acerrimi rivali. Cose da pazzi.
Sebbene per me non esista da un paio d'anni, oggi non sono riuscito, per quanto abbia cercato di farlo, a non andare a vedere la sua recente doppietta in campionato; e per quanto abbia cercato di resistere, a vederlo girarsi in un fazzoletto, saltare l'uomo e metterla nell'angolino, un sorriso mi è scappato.
10 commenti:
Grappa sei un grande, hai scritto esattamente quello che io provo ed ho provato nei confronti di ronaldo con l'unica differenza che ai miei occhi si è rivelato una merda nel momento dell'addio all'Inter, il successivo arrivo al milan è stata solo la conferma; e dire che quando segnò il gol al rientro a Brescia mi è scappata pure una lacrima di commozione... che fesso
...a me è scappato un va********o
a me è scappato un "ma spero muoia"
troppo misero umanamente,davvero
E io che avevo pure portato mio fratello piccolo per la prima volta a San Siro proprio nella partita amichevole organizzata per ronaldo... Era una farsa di partita, ma credo di aver fatto diventare definitivamente interista mio fratello, quel giorno...
Inter - Enyimba... 7 a 0
http://www.inter.it/it/speciali/ronaldoday/index.html
che uomo di merda....
Probabilmente è un uomo di merda, probabilmente meriterebbe che tutti gli interisti lo detestassero... personalmente non ce la faccio, diciamo che nell'arco della sua carriera ho provato un senso simil-odio due volte, quando se n'è andato e quando è andato al Milan (scusate per la parolaccia) e conseguente permanenza... per il resto... bè indifferneza mista a rimpianto per non averlo visto diventare una nostra bandiera
Grande post.
Davvero eccelso, sono un po' più vecchio di te ma le tue parole sono le mie.
grazie :)
Sorriso un cazzo... io quando di è frantumato il ginocchio in milan-livorno ho brindato a champagne!!!
ronaldo uomo di merda....
e scusate se ho messo uomo nella frase.
ronaldo uomo di merda....
e scusate se ho messo uomo nella frase.
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